«Il Pdl sbagliò ad appoggiare Monti»

Sulla parete dietro la sua scrivania campeggia un poster de La compagnia dell’anello, il primo libro della trilogia di Tolkien Il signore degli anelli. Non una locandina del celebre film, ma una tempera di fine anni Settanta. Marco Marsilio, deputato del Pdl vicino all’ex ministro Giorgia Meloni, Ci accoglie con una polo blu, giochicchiando con una pallina antistress di gomma del tutto particolare: ha la forma di un elmetto da cantiere, come quelli diventati noti per i servizi televisivi sui minatori del Sulcis. «Una delle ragione della perdita di appeal del nostro partito – spiega Marsilio – è la distanza siderale che si è venuta a creare tra il gruppo dirigente e la base sociale che ci ha sempre sostenuto. Una distanza che si è acuita con il sostegno al governo dei tecnici».

Appoggiare Monti è stato un errore?
Di sicuro abbiamo avuto molte difficoltà a far capire ai nostri elettori il perché dell’appoggio al nuovo esecutivo.

Lei è stato critico fin dall’inizio.
Io questo governo non l’avrei nemmeno fatto nascere. Nel nostro partito molti, la maggioranza, ha ritenuto opportuno sostenerlo. Ero al contrario tra quelli che volevano andare al voto subito, per dare al paese una guida che fosse determinata dalle scelte del corpo elettorale. Come è noto, la mia è stata una posizione che nelle sedi di discussione del partito è andata in minoranza, e per disciplina mi sono adeguato.

Una decisione sofferta?
Rispetto le regole, non mi spaventano le decisioni assunte fuori da incontri riservati e conciliaboli ma alla luce del sole. In quell’occasione gli organi decisionali del partito funzionarono in modo trasparente. Da quando si è insediato, ho votato tutte le fiducie che sono state sottoposte alla Camera.

Una scelta che, a suo avviso, vi ha penalizzato?
I nostri elettori non la capiscono ancora a fondo. E soprattutto non la gradiscono. Su una lunga serie di temi dovremmo avere posizioni antitetiche rispetto a chi ci governa. Penso al tema della pressione fiscale, ma anche a singole tasse come l’Imu sulla prima casa. Per non parlare della debole riforma del lavoro che è stata introdotta dalla Fornero. Così mentre il ruolo assunto dal Pd è apparso da subito abbastanza chiaro, noi abbiamo iniziato ad ingoiare rospi amari. E i nostri elettori hanno incominciato ad astenersi nelle consultazioni locali.

Prima dell’estate avete provato a rilanciare su questi temi.
Abbiamo creato “Ripartire da zero”, un movimento per lanciare un segnale di discontinuità nel Pdl e in tutto il centrodestra. Non attraverso comizi di piazza, ma tramite assemblee aperte, nelle quali ognuno può dire la sua, dove si può trovare la nomenclatura del partito posta sullo stesso piano del cittadino comune.

Una sorta di sconfessione dei meccanismi che regolano la vita del partito?
Nelle ultime amministrative il Popolo della libertà, salvo rarissime eccezioni, è praticamente scomparso. Abbiamo registrato in moltissimi capoluoghi percentuali al di sotto del 10%, che hanno messo in evidenza un problema enorme. Certo, ci sono state scelte infelici sul territorio in alcuni casi, ma quello che ho evidenziato è un dato sistemico, che non può essere imputato solamente ad errori locali.

Un problema di che genere?
Si riscontra diffusamente l’esigenza di una maggiore collegialità dei nostri organi di autogoverno.

Angelino Alfano aveva tentato la strada dei congressi.
Ecco, era un tentativo apprezzabile. Si sarebbe però dovuti arrivare ad un congresso nazionale che non c’è mai stato. O, per esempio, si sarebbero dovute rendere elettive le cariche di responsabilità a livello regionale, cosa che non è mai stata fatta. Quello lanciato dal segretario all’epoca era un percorso faticoso, che è stato osteggiato da molti. E avrei preferito che quell’evoluzione fosse andata avanti per la sua strada, e che, attraverso strumenti come le primarie, personalità come quelle di Fini, Casini, Bossi ed anche Berlusconi, lasciassero il campo alle nuove generazioni.

Tutto è rimasto come prima?
Le grandi scelte strategiche molto raramente passano attraverso un chiaro processo decisionale. 

L’altra novità della quale Alfano sembrava farsi portatore era proprio quella delle primarie.
Sono favorevolissimo alle primarie. È un metodo di selezionare la classe dirigente che dovrebbe essere regolamentato dalla legge, al fine di evitarne storture e condizionamenti. Permetterebbe ai cittadini di avere una reale voce in capitolo nelle scelte dei partiti.

Non solo per la scelta del candidato premier, dunque.
Andrebbero fatte sempre, a tutti i livelli. Lo stesso Silvio Berlusconi, qualora si candidasse, avrebbe tutto da guadagnare se si sottoponesse alle primarie.

È un discorso del tutto chiuso?
Alfano non aveva il carisma del Cavaliere. Il suo era anche un modo di cercare una più ampia legittimazione popolare, per questo aveva spinto sull’acceleratore. Era un vero e proprio colpo d’ala rispetto al dibattito politichese nel quale siamo ripiombati negli ultimi giorni. Ma il partito non si deve fermare a questo.

Ma?
Politicamente il Pdl è assente, o comunque ha abbandonato, alcuni temi che dovrebbero essere al centro della sua azione. Si pensi all’ambiente, con tutte le sue implicazioni che interrogano la modernità, dall’agricoltura biologica allo smaltimento dei rifiuti passando per le energie rinnovabili. Stiamo parlando di un modello di città e di società che cambiano rispetto al passato. Argomenti nel codice genetico di un moderno partito conservatore, che abbiamo lasciato per anni in mano al solo centrosinistra. Penso poi al bistrattato tema della pari opportunità, sul quale molto ci siamo adoperati quando eravamo al governo. Ma anche il rapporto tra etica e politica.

Anche il Pdl deve sollevare una questione etica?
La nostra giusta battaglia anti-giustizialista non può diventare un alibi per il malaffare. Il disgusto dell’opinione pubblica per l’attuale classe politica è alimentato a dismisura perché ha la percezione che la classe politica si preoccupi solamente dei propri interessi. Non possiamo limitarci ad accusare le toghe rosse, su temi come questo vedo troppo balbettio in casa nostra.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:44