Caso Sallusti: l'Italia come Cuba

La politica dell’illusione, tipica di tutti i “regimi” politici in declino, è ormai sempre più frequentemente praticata anche in Italia. Due esempi concreti ed attuali: a Cuba il regime dei fratelli Castro illude i cittadini varando una norma che teoricamente con l’anno venturo gli consentirà di viaggiare liberamente al di fuori dell’isola.

Ancora peggio, in Italia i politici sulla scia dell’indignazione collettiva promettono di salvare il direttore de il Giornale  Alessandro Sallusti dalla galera, quindi garantire la sua libertà. In realtà a Cuba parecchie categorie di persone, tra le quali proprio quelle che hanno lottato perché venisse approvata la norma, non potranno godere di tale libertà e la maggior parte della popolazione non si potrà permettere di sostenere gli oneri economici necessari al fine di espletare le pratiche burocratiche. Nel caso di Sallusti allo stesso modo, sull’onda dell’emotività popolare, praticamente tutte le forze politiche hanno condannato la norma che prevede il carcere per i reati d’opinioni, definendola retrograda e quindi promesso che avrebbero provveduto a modificarla in tempo perché si salvasse anche Sallusti.

Ora l’incapacità legislativa da un lato e la sete di vendetta dall’altro, permetteranno che il giornalista andrà in carcere. La civiltà di un paese si misura soprattutto attraverso le sue caratteristiche legislative e giuridiche-giudiziarie, analizzando il nostro in tale materia scopriamo che assomiglia sempre più a Cuba che ad altri paesi occidentali ai quali ci si dovrebbe ispirare. Anche analizzando il declino della nostra politica scopriamo che l’uso dell’illusione è ormai quotidiano e più che consueto. Cosa significa? Soltanto che i nostri governanti sono inetti? No, significa che se si inizia a praticare quel tipo di “politica” anche a sfregio dei più fondamentali diritti della persona umana, come nel caso di specie, questo paese non rischia il declino, ormai più che concreto, ma la deriva prossima all’inciviltà.

Infine, in forza dei suddetti motivi bisognerebbe chiedere ai capogruppo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e ai rappresentati in Commissione giustizia di abbandonare il loro incarico e di ritirarsi a vita privata, poiché l’inettitudine è evidente e soltanto premonitrice rispetto a quel futuro torbido nel quale rischiamo di affondare. In particolare a quelli tra loro iscritti al Popolo della Libertà, ancora più colpevoli, per le intuibili ragioni.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:56