Crespi in cella. Perché? Perché si!

Lo sapevate che esiste anche un “giudicato cautelare”? Ossia un giudizio asseritamente definitivo che stabilisce la custodia cautelare in carcere per l’imputato almeno fino alla scadenza dei termini previsti dal codice di procedura penale? In realtà l’istituto è prettamente giurisprudenziale, ma viene esaltato a fondamento, meramente burocratico, della giustizia penale nelle motivazioni dell’ennesimo incredibile rifiuto di mettere almeno agli arresti domiciliari Ambrogio Crespi. Per il quale è stato richiesto da pochi giorni anche il giudizio immediato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa legato a un presunto voto di scambio tra politica e ‘ndrangheta a Milano. Il tutto relativamente alle elezioni regionali del 2010 in Lombardia. Reato incentrato sulla figura dell’ex assessore alla casa della giunta Formigoni, Domenico Zambetti. Persona che Ambrogio Crespi non aveva mai conosciuto e incontrato prima.

Ma cosa è questo giudicato cautelare? Prendiamo la lettera delle argomentazioni del collegio del riesame depositate lo scorso 26 marzo a Milano: «...Osserva in via preliminare il collegio che, a seguito di rigetto del ricorso per Cassazione proposto dalla difesa, si è formato il c.d . giudicato cautelare in ordine a tutte le questioni dedotte dalla difesa con l’atto di ricorso, questioni che, come risulta dall’ordinanza emessa ex art 309 c.p.p. in data 25.10.2012 e trascritte a pag. 47-48 dell’ordinanza del25.10.2012 -e riproposte anche in sede di appello 310 c.p.p. in data 28.1.2013 e riportate a pag. 3 - (entrambe ordinanze note alle parti) in larga parte sono state riproposte in questa sede». Tradotto dal magistratese in italiano la cosa è semplice: qui cari avvocati potete inventarvi ciò che vi pare ma noi abbiamo già anticipato un giudizio in materia di custodia cautelare e non lo cambieremo. Anche se emergono fatti nuovi? Anche se alcuni fatti possono essere interpretati in maniera differente e nuova? Evidentemente sì, visto il prosieguo del ragionamento che farà il collegio e che chiuderà ogni porta ad Ambrogio Crespi, incensurato ma detenuto in attesa di giudizio su accuse veramente risibili e con indizi labile da oltre sei mesi.

Insomma non potendo crearsi un giudicato in tempi brevi, in Italia si surroga l’inconveniente con il cosiddetto giudicato cautelare che ha il vantaggio, senza doversi da parte dei giudici stare li a lambiccarsi troppo il cervello, di potere essere usato per comminare un anticipo di pena, a prescindere dal merito del processo. Custodia in carcere, quindi, che nel caso di specie, Ambrogio Crespi, può arrivare sino a un anno, dicasi un anno. Vediamo allora i “ragionamenti”, abbastanza confusi, del fulcro delle motivazioni di rigetto: «...quanto alla questione ripresentata nell’odierno appello dalla difesa, incentrata sull’analisi dei flussi di voti raccolti proprio nel quartiere Baggio ( zona 7 delle circoscrizioni in cui è diviso il territorio di Milano) nel quale Zambetti avrebbe conseguito un numero di preferenze inferiori rispetto ad altre, rileva il collegio che tale dato non basta ad inficiare la tesi accusatoria poiché il prospetto non contiene dati di comparazione con le precedenti elezioni; tale dato di comparazione, invece, è contenuto nella relazione del consulente e che consente di rilevare che nel 2005 Zambetti otteneva 309 voti e nel 2010 n. 474; tale dato numerico indica un rilevante incremento, avendo Zambetti aumentato di oltre un terzo il consenso; e del resto la difesa non contesta tale aumento significativo di voti, ma lo giustifica con il fatto che Zambetti, come altri candidati che si sono ripresentati hanno tutti beneficiato di incrementi che la difesa riconduce alla maggior visibilità e al fatto che l’elettorato aveva premiato l’impegno nella precedente amministrazione; quindi si sposta l’attenzione dal dato numerico a quello “ermeneutico” ma ancora una volta tale operazione non spiega e non appare idonea a sconfessare la tesi accusatoria che vede l’interessamento di una organizzazione a favorire un candidato piuttosto che altri dietro il pagamento di somme rilevanti (dato che nessuno ha in concreto contestato)».

Il collegio però, nella propria ansia di ribadire il giudicato cautelare, confonde i voti presi nella zona 7 di Milano che comprende anche Baggio ma non si identifica con quel quartiere, con i voti dati a Zambetti nel 2010 dal quartiere natìo di Ambrogio Crespi, quelli che si suppone sarebbero stati manovrati dalla ‘ndrangheta tramite il suo interessamento. E a Baggio l’incremento di voti per il quale sarebbero stati promessi, ma non dati secondo la stessa accusa, ben 80mila euro, 30mila dei quali destinati allo stesso Crespi, sono alla fine nove. Dai 30 dell’elezione regionale del 2005 ai 39 di quella del 2010. Sai che incremento! Nove voti in più e uno va dalla ‘ndrangheta per ottenerli? Ma anche nella logica distorta del collegio del riesame che confonde Baggio, il contenuto, con la zona 7 di Milano, il contenitore, veramente si crede che qualcuno si andava a compromettere con la ‘ndrangheta per 165 voti in più pagando 80mila euro? E poi, last but not least, fa mica una qualche differenza che Zambetti nel 2005 fosse candidato Udc e nel 2010 con il Pdl rispetto al sia pur minimo incremento di voti? Ma dove la logica non soccorre, anzi fa a cazzotti con la realtà, basta invocare il “giudicato cautelare” e cimentarsi in tortuosi ragionamenti per lasciare qualcuno in carcere e non turbare i sonni dei pm.

I quali oramai contestano a Crespi e ne chiedono il giudizio immediato solo il capo dieci dell’imputazione originaria, concorso esterno e voto di scambio, avendo stabilito che per il capo 4, cioè le minacce e i metodi intimidatori tipici di organizzazioni mafiose come la ‘ndrangheta, le prove non sono sufficienti. Insomma un mafioso esterno che usa metodi non mafiosi per ottenere 9 voti a favore di uno che non conosce nemmeno in cambio di soldi che non verranno mai pagati. In Italia si può finire in carcere per questi sillogismi alla Woody Allen (Socrate è un uomo, io sono un uomo, io sono Socrate) e rimanerci per almeno un anno, se il reato è quello previsto dall’articolo 416 bis del codice penale sia pure nella forma attenuata, e inventata giuridicamente dalla Cassazione, del concorso esterno. L’importante è che si formi un “giudicato cautelare”. Lo richiede la feroce burocrazia della pubblica accusa. Perché? Perchè sì!

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:54