L’Atac “svende” i treni storici

“Noi siamo un Paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia”, scrive Pasolini pochi giorni prima della morte, avvenuta la notte del 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia. Un pensiero, oltremodo attuale, che tratteggia in maniera analitica uno dei vezzi dell’Italia contemporanea.

Una riprova è il bando di gara dello scorso 16 aprile (Gazzetta Ufficiale n. 44), col quale Atac SpA intende liberarsi dei “gioielli” di famiglia, anche ricorrendo alla loro demolizione. Decisione che ha fatto balzare dalle sedie Stefano Bianchi e Angelo Curci, rispettivamente ex presidente ed ex direttore di esercizio di Met.Ro. SpA, che vedevano nei mezzi storici e nel Museo aziendale di Porta San Paolo un’attrattiva culturale e turistica per la città di Roma. “Non si può cancellare”, tuona l’ingegner Curci, fondatore del Museo “la storia delle ferrovie concesse”.

Nel bando, una cinquantina di pagine in tutto, appaiono i convogli della ferrovia Roma-Viterbo del 1932, necessari per comporre il Treno della Tuscia (o delle castagne), le vetture della prima fornitura della ferrovia Roma-Lido del 1925, nonché quelli della prima metropolitana italiana, l’attuale Linea B, inaugurata il 9 febbraio 1955 dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, alla presenza del ministro dei trasporti Bernardo Mattarella e del cardinale vicario di Roma, Clemente Micara. Pezzi che hanno fatto la storia dei trasporti pubblici italiani, che hanno contribuito, in maniera rilevante, allo sviluppo urbanistico, sociale ed economico di Roma e del territorio laziale. Il clamore è tanto, anche perché l’azienda non ha tenuto conto, ad esempio, del Decreto legislativo n. 42/2004, che all’articolo 11 specifica che tra i “beni di specifiche disposizione di tutela” figurano anche “i mezzi di trasporti aventi più di settantacinque anni”. Dure sono state le reazioni, anche dal mondo politico. “Atac è un’azienda storica” afferma il consigliere comunale Enrico Stefàno del M5S, che il 5 maggio ha presentato un’interrogazione, “per questo la sua storia non può essere rottamata per poche migliaia di euro”. “Demolire questo materiale storico”, tuona Luciano Ciocchetti (FI), “equivarrebbe a cancellare una memoria storica che può rappresentare un indotto importante per l'economia del territorio stesso”. Sulla stessa lunghezza d’onda il consigliere regionale Fabrizio Santori e il deputato del Pd Roberto Murassut, che aggiunge: “Sarebbe importante immaginare di recuperare questo materiale implementando il Museo storico del trasporto urbano dell’Ostiense, come in questi giorni chiedono attraverso una petizione numerosi appassionati e semplici cittadini riuniti in associazioni”. Intanto dal Municipio VIII, il presidente della commissione cultura Flavio Conia (Pd) fa sapere che lunedì prossimo sarà presentata una mozione in difesa di questi convogli.

Alla petizione on-line, lanciata una settimana fa sulla piattaforma change.org, hanno aderito cittadini, appassionati e numerose associazioni. “Rottamare i mezzi storici? Ci spieghino il perché”, afferma il presidente circolo 18 aprile, Eligio Scatolini. “Valorizzare il materiale oggetto dell’alienazione”, dicono al Centro Studi sulla Mobilità e i Trasporti (CeSMot), “significa creare indotto del turismo e di conseguenza opportunità di lavoro”. Molto critico anche Roberto Terziani, segretario provinciale Fast-Confsal: “Salvaguardare il patrimonio storico culturale del tpl dovrebbe essere un valore ineludibile per la nostra città”. “Ritengo che sia opportuno”, osserva il segretario della Fit-Cisl del Lazio Gianluca Donati, “recuperare le vetture metroferroviarie che hanno carattere storico-culturale, mettendoli a disposizione degli amatori”.

Tuttavia, nonostante i continui appelli, Roma Capitale, Regione Lazio e Atac, la diretta interessata, hanno preferito chiudersi in un imbarazzante silenzio: né una parola né una dichiarazione, come se nulla fosse. Ma il 30 maggio, giorno della scadenza del bando, è ancora lontano e più di qualcuno sta pensando seriamente di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Roma. Secondo i beni informati, infatti, pare che il documento presenti più di qualche vizio.

Aggiornato il 20 giugno 2017 alle ore 18:08