La Corte “allergica” alla spending review

martedì 29 luglio 2014


La Corte Costituzionale italiana è uno scandalo sotto gli occhi di tutti ma ben occultato. Tutti hanno paura a parlarne, chissà perché. Il bilancio che pubblica sul suo sito internet è esemplificativo: non c’è. Ci sono solo quelli di “previsione” che non sono solo i futuri, ma anche degli anni precedenti.

È bene ricordare che i giudici costituzionali italiani sono stipendiati tre volte di più dei loro corrispondenti statunitensi. Il sistema architettato dalla stessa Corte è tale per cui, a turno, tutti fanno i presidenti e i giudici, in generale, prendono circa quattrocentocinquantamila euro. I corrispondenti inglesi dei nostri giudici costituzionali sono dodici e vengono retribuiti mediamente duecentomila euro, meno della metà dei nostri. In Canada è pressoché come in Gran Bretagna, negli Stati Uniti sono pagati un terzo della retribuzione italiana ovvero circa centosettantamila il presidente e centosessantamila euro circa i giudici. Che si sappia, non tutti fanno a turno il presidente, chissà perché.

I giudici italiani hanno cellulari per l’ufficio e per l’utenza domestica perché devono comunicare a carico della Corte. Possiedono auto perché devono muoversi e inoltre godono di viaggi in treno, aereo e taxi a carico della Corte. Senza dimenticare la foresteria, cioè uno o due locali con bagni e cucina dentro la Corte o nell’immobile di via della Cordonata, a Roma.

Nel 2013 la Corte Costituzionale ha pagato a ex giudici e loro superstiti sei milioni di euro circa di pensioni. Oggi sono venti gli ex giudici percettori di pensione e nove superstiti per una pensione media di duecentomila euro l’anno. Durante il Governo di Mario Monti, la Corte Costituzionale si è opposta al taglio alle pensioni d’oro, chissà perché. La spesa totale per pensioni di ex dipendenti e superstiti è di quattordici milioni di euro circa. Sono centoventi gli ex dipendenti e settantotto superstiti della Corte percettori di pensioni e la pensione media del personale in quiescenza è di settantamila euro circa.

Per ogni giudice, ogni giorno lavorativo si spendono in media settecentocinquanta euro solo per le auto. I giudici in carica hanno diritto a una vettura e due autisti. I giudici in pensione hanno diritto a un’auto blu per il primo anno di “riposo” e ci è andata bene perché, sino a settembre 2011, gliela davamo a vita.

Come è potuto accadere tutto ciò? Questi stipendi sono stati fissati da una legge costituzionale risalente al 1953, pure migliorata, come se ce ne fosse stata la necessità, in senso più favorevole nel 2002. In teoria, lo stipendio dei giudici costituzionali non può superare i trecentotremila euro lordi l’anno, ma poi si aggiungono maggiorazioni di prassi, diaria, bonus fiscali. Come rimediare al tetto stabilito dalla legge costituzionale? Deve essere rivisto con una norma di pari grado, non bastano cioè i dettami della spending review.

Oggi ci vuole un’iniziativa di Governo. Si suggerisce di concentrarsi su questo argomento invece di impelagarsi o “seppellirsi” con la riforma mal concepita del Senato. Si potrebbe tornare alla disciplina originaria prevista dalla legge del 1953, che si limitava a commisurare la retribuzione a quella del primo presidente della Corte di Cassazione, eliminando la diaria e i benefici fiscali. Oppure, se si vuole togliere l’aumento concesso nel 2002, è necessario predisporre una legge ordinaria, dato che si tratta di disposizioni inserite nella norma finanziaria.

Si proceda con queste riforme al Governo. In ogni caso meglio un chiaro, aperto e visibile “blocco” da parte delle Corti, che il sospetto di silente connivenza con la scandalosa evidenza.


di Giorgio Alfieri