Governo: se la svolta   produce povertà

I tassativi ordini di scuderia del Governo sono, ovviamente, quelli di non pronunciare la parola recessione, ma invece così è e così sarà. E giusto per restare in tema di bugie, tanto care al ministro Maria Elena Boschi, andrà fatta una manovra per fare cassa entro la fine dell’anno.

I conti non tornano, lo sa Matteo Renzi e lo sa il ministro Pier Carlo Padoan. Del resto basterebbe chiedere lumi alla Ragioneria generale per farsi venire la pelle d’oca. Per quadrare il bilancio mancano all’appello una barca di miliardi, una cifra che a secondo dei calcoli oscilla tra un minimo di 20 ad un massimo di 30 miliardi. Questa più o meno è la bella situazione che il Governo della “volta buona” e “della svolta” ci ha regalato.

È chiaro che le colpe vengano da lontano, ma da Monti a Renzi, non si è fatto altro che buttare benzina sul fuoco, spacciando per salvifici provvedimenti esiziali. “Salva Italia”, “Sblocca Italia”; insomma, sempre qualche bella parola vicino al nome del Paese, per affossarlo definitivamente con una raffica di nuove tasse, per rincorrere un debito irrefrenabile. Da tre anni a questa parte, Monti, Letta e Renzi nulla hanno fatto se non flagellare di tasse la casa, i consumi, i risparmi, gli investimenti, affiancando a questo flagello quell’altro della persecuzione fiscale con una serie di provvedimenti da terrorismo impositivo.

Il risultato non poteva che essere quello che vediamo: gente imbestialita con Equitalia, consumi precipitati all’inferno, aziende e negozi chiusi uno dopo l’altro e disoccupazione devastante. Come se non bastasse, la revisione della spesa incontra mille difficoltà, perché manca il coraggio di tagliare davvero ciò che sarebbe da tagliare. Per giunta il debito sale ininterrottamente, mentre il Pil è imbullonato intorno allo zero o peggio.

Se a Renzi non importa nulla di quanto cresca il Prodotto interno lordo, visto che per lui una maggioranza dello 0,5, 1 o 1,5 per cento non farebbe cambiare le cose, per noi non è così. Se solo riuscissimo a crescere dell’1,5 per cento sarebbe una manna, una salvezza, un successo straordinario. Purtroppo non sarà così e la colpa sta nelle scelte del Governo, che tutto sta facendo piuttosto che occuparsi di un Paese che si inabissa sempre più.

Del resto solo uno sprovveduto può pensare che massacrare di tasse il mercato immobiliare, rapinare di imposte i risparmi di una vita e decapitare la capacità di spesa con una mitragliata di addizionali locali vergognose possa far salire Pil e crescita. Solo uno sprovveduto può pensare che redditometro, spesometro o “minacciometro” che dir si voglia, possa avvicinare i contribuenti al fisco. Solo uno sprovveduto può pensare che basti l’eliminazione del bicameralismo perfetto affinché il nostro Paese si metta a correre, produrre e generare ricchezza.

Per arrivare a questo oggi serve altro; occorre cioè che siano le banche ad erogare danaro all’economia reale, e ad un basso tasso. Serve di riportare la pace fiscale, alleggerendo ed eliminando il peso del pregresso che blocca ed impedisce ogni nuova spesa. Un debito come il nostro si risolve, forse, facendo cassa con ogni mezzo e per qualche centinaio di miliardi, decapitando spese legate ai cosiddetti diritti acquisiti, commissariando la fornace di spesa degli enti locali, pacificando Stato e contribuenti con una fiscalità giusta e non persecutoria. Per tornare a spendere e investire, bisogna, innanzitutto, poterselo permettere e poi non aver paura di farlo, avere stimoli e risultati nel farlo, avere vantaggi nel creare nuova occupazione, non sentirsi braccati se si genera ricchezza.

All’orizzonte c’è un 2015 pieno di incognite e ostacoli. Mancano cinque mesi alla fine dell’anno, volendo avere il coraggio, tanto coraggio e realismo, ci si può ancora rimettere in pista per il futuro. Non è un consiglio, quanto piuttosto un appello accorato e spassionato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02