La questione Marò  e un’Italia sbiadita

L’udienza dello scorso 27 luglio a Nuova Delhi sul caso dei due sottufficiali della Brigata Marina “San Marco” ha avuto un esito del tutto imprevedibile, probabilmente inaspettato anche per i commentatori indiani che non hanno ripreso la notizia almeno sulle principali testate in lingua inglese, che invece è stata prontamente diffusa in Italia dal lancio dell’Ansa: “Il giudice speciale indiano Reetesh Sing ha preso atto oggi a New Delhi del rinnovo delle garanzie bancarie legate alla libertà provvisoria di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone realizzato giorni fa dalla difesa dei fucilieri di Marina trattenuti in India presso la Corte suprema. Il magistrato ha comunque chiesto alla polizia Nia (polizia federale indiana) di presentare venerdì un rapporto di verifica del buon esito dell'operazione”.

Il punto positivo qualificante dell’udienza è l’ufficializzazione dell’uscita di scena sotto il profilo dell’attività investigativa e dell’istruttoria ad eventuali fini processuali della Nia che da polizia speciale antiterrorismo viene declassata ad “agenzia di accertamenti bancari”. Un aspetto importante perché il magistrato avrebbe potuto acquisire le informazioni richieste agli investigatori antiterrorismo per altra meno pomposa via, ma la soluzione adottata, che per questo dal nostro punto di vista giudichiamo positiva, sancisce che nei confronti dei nostri militari non esiste nessun formale atto investigativo istruttorio, in quanto era stata dichiarata in precedenza nulla, per incompetenza giurisdizionale, l’inchiesta dello Stato federato del Kerala e non era mai stato formalizzato il fascicolo, che sembra comunque la Nia abbia stilato, anche se poi tutto era finito nel nulla per la evidente e riconosciuta assurdità persino da parte indiana di investigare per terrorismo due militari in servizio antipirateria, per di più con un capo di imputazione che prevede la pena capitale.

Ironico il commento del generale Fernando Termentini, uno dei due amministratori del Gruppo Facebook “Riportiamo a casa i due militari prigionieri” che ha dichiarato: “Avere affidato le verifiche bancarie all’Agenzia contro il terrorismo denota il grado di credibilità di cui godono all’Estero il Governo e le istituzioni italiane. Il fatto non ci coglie di sorpresa dopo il trattamento di infastidita insofferenza con cui il premier indiano Nagendra Modi ha trattato al telefono il suo omologo italiano Matteo Renzi nel corso della telefonata dello scorso 11 agosto»”.

Cosa avverrà ora è difficile dirlo. Se l’Italia da questa vicenda ne sta uscendo con una immagine sbiadita da “strimpellatori di mandolino”, l’India ne esce ancora peggio. La vicenda ha infatti mobilitato una fascia di opinione pubblica in passato silente e passiva che ha dimostrato padronanza delle moderne tecnologie di comunicazione, utilizzate persino con efficace malizia sulla platea internazionale, grazie anche alla padronanza dell’inglese di alcuni di questi attori. Dirompente poi è stato il certosino lavoro del perito forense Luigi Di Stefano, che ha fatto a brandelli il rapporto originario stilato dalla polizia dello Stato federato del Kerala, tanto che la Corte suprema indiana lo ha elegantemente cancellato con una funzionale motivazione di totale assenza di giurisdizione sul caso.

Altro segnale positivo appare il fatto che la magistratura italiana sembra avere archiviato il fascicolo, ufficialmente perché vuoto non avendo le autorità indiane risposto alla richiesta di documentazione, di cui peraltro per quanto detto sopra non dispongono neppure loro di validi documenti, più probabilmente forse perché in questo modo può venire giustificata la mancata emissione di provvedimenti cautelari di fronte al pericolo di fuga richiesti dall’attivissimo generale Termentini con un esposto finalizzato a impedire l’estradizione extragiudiziale per decisione politica dei due sottufficiali riconsegnati all’India, nonostante venissero in tal modo esposti al rischio di condanna alla pena capitale. Un aspetto questo che, a vicenda conclusa, dovrebbe venire investigato e approfondito da una finalizzata Commissione parlamentare d’inchiesta, che non si fermi di fronte a nessun intoccabile tabù e a nessun livello istituzionale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19