Il Governo Renzi:   Esecutivo delle tasse

Con tutto il rispetto, non c’era bisogno di aspettare le previsioni di questo o quello, degli istituti di rating per capire e sapere che stiamo precipitando. Solamente Renzi ed i suoi fans, continuano a credere il contrario, Del resto il Premier ha iniziato, da subito, con le sue favolette, raccontate ed accompagnate dai disegnini alla lavagna.

Grandi discorsi sulla utilità straordinaria degli 80 euro, sulla equità della tassa sui risparmi e della Tasi, sulla certezza di poter pagare subito gli arretrati della P.A. alle imprese. Basterebbe per questo, rivedere le primissime interviste di un gongolante Renzi che, alla TV, annunciava le incredibili novità, in grado di salvare e rilanciare Italia ed italiani. Tutta materia sulla quale vale la pena di stendere un velo pietoso, piuttosto che offrirla, se fosse in vita, ad Oscar Wilde, per scriverci una delle sue esilaranti commedie. Sia come sia, il risultato dell’opera prima di questo esecutivo è , che non solo nessuno degli obiettivi è stato raggiunto, ma che addirittura, incredibile ma vero, siamo finiti all’inferno e ad un passo dal commissariamento UE.

Naturalmente, oggi, il Premier con Padoan e Del Rio, un po’ come faceva Fregoli, cambiando velocemente abito, si affretta a dirci che tutto si sapeva, perché il quadro europeo ed internazionale si è dimostrato più cupo del previsto. Altrettanto, dichiara, che serviranno non cento giorni, come garantiva all’inizio, ma mille, per ridare smalto e benzina ad una macchina sbiadita e rallentata. Sveglia signori, sveglia, scherziamo con il fuoco, l’Italia è ferma, ingessata, impaurita, soffocata da un morso fiscale, burocratico, impositivo ed amministrativo che, Renzi, così come Monti e Letta, anziché sciogliere e tagliare, ha ulteriormente stretto e tirato. Non si contano, infatti, quelli che più autorevolmente di noi, in questi mesi, hanno scritto e detto che tutt’altro sarebbe servito, che i provvedimenti avrebbero sortito effetti negativi, che la prima e più urgente delle riforme avrebbe dovuto essere quella fiscale, a partire da una grande pacificazione fra Stato e contribuenti.

Eppure nulla, come se si fosse parlato al vento, come il più classico dei gattopardi, il debito è stato inseguito dalle tasse, i consumi dallo spesometro e dal redditometro, la revisione della spesa, dalla autorizzazione agli enti locali, di continuare a tartassare con altre addizionali. Nessuna delegificazione, liberalizzazione, privatizzazione concreta, solo possibilità e previsioni, nessun provvedimento immediato sulla occupazione, solo titoli ad effetto dai nomi suggestivi, tipo jobs act. Nessuna riforma vera, operativa, fattuale, solo zibaldoni incompiuti, che ancora oggi navigano alle camere, fra una lite e l’altra, fra una modifica e l’altra, con il risultato che, se oggi votassimo e non è da escludere affatto, tutto resterebbe e sarebbe esattamente come è sempre stato.

In buona sostanza, l’Italia nella sua struttura statuale, è ne più e ne meno, la stessa di Berlusconi, di Monti e di Letta, con l’aggravante però, di un debito , di una economia e di una disoccupazione, drammaticamente peggiori. Per la sete di danaro, la sacrosanta lotta all’evasione, è stata trasformata in persecuzione, per la stessa sete, la revisione della spesa, fra tagli e taglietti difficili e presunti, è stata ridotta ad un rebus, così aggrovigliato da far alzare bandiera bianca anche al terzo commissario ad acta. Così non c’è speranza e nemmeno futuro, con la gente imbestialita con equitalia, le aziende con la burocrazia, i cittadini con la politica, il sistema con lo Stato di polizia fiscale, non si può andare da nessuna parte, se non verso il precipizio.

Siamo all’appello finale, quello lanciato da Draghi ed in parte dal governatore Visco, ma soprattutto da tutti i cittadini, presto fate presto! Meno tasse e pace fiscale, meno burocrazia e collaborazione fra amministrazione ed investitori, meno pubblico e più privato, meno obblighi e più autocertificazioni, meno chiacchere e più certezza dei diritti. Verrebbe da dire: o così o il nulla. Pensare ad un 2015 come anno dei risultati e della inversione di marcia, risulta difficile, altro che rimettere in pista l’Italia! Per quanto dura sia la testa di Renzi (per sua stessa ammissione), c’è solo da sperare che, davvero “una volta buona”, sappia finalmente regolarsi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:12