Immigrazione: ovvero   canotta e moschetto

Canotta e moschetto, ossia la “summa vulgaris” della politica della Lega sull’immigrazione. Se la difesa dei sacri confini, come la chiama Matteo Salvini, si riduce al grido di “chi non salta clandestino è” e alla differenziazione tra profughi e clandestini, beh, allora siamo in braghe di tela. Poi, se si asserisce che i primi vanno rifocillati e i secondi ributtati in mare o meglio ancora fermati sul proprio bagnasciuga siamo alla farsa che ci riporta al discorso di Benito Mussolini del 24 giugno 1943, passato allo storia come il “discorso del bagnasciuga”.

Forse, anzi sono sicuro che Salvini ignori l’esistenza di questa triste pagina di storia che ora come allora suona come la spavalda insicurezza di un Paese e anche di un Continente, in uno dei momenti più agitati e confusi della storia nazionale, che da tempo ha perso la bussola nel perseguire una buona politica d’immigrazione. Le parola in libertà di Salvini sono la nemesi o per meglio chiamarla una sorta di giustizia compensatrice, fuori da ogni canone della tutela e della salvaguardia dei diritti dell’uomo, usata solo per auto assolversi dalla possibile accusa di disumanità e di razzismo.

L’interessata distinzione leghista tra profughi e clandestini non è altro che l’infelice sintesi strumentale di un teorema impossibile da verificare mentre il “no” all’invasione è solo un proclama come tanti, che ha il compito di arruolare tutti quei disperati che a causa della crisi, in ogni parte d’Italia, vedono nei fuggitivi dei concorrenti e utilizzatori di risorse pubbliche loro spettanti. Pratica pericolosa quella della Lega di Salvini che inasprisce un conflitto culturale, politico e sociale e fa scadere l’alto concetto di come deve essere trattato il prossimo. Tutti si affannano nel fare distinzioni, naturalmente non giustifico nessun lassismo nei controlli, ma nessuno comprende il punto di non ritorno nel quale siamo caduti. Ancora più grave è la perdita di vista del concetto stesso di solidarietà.

Un concetto che in Europa non esiste e che vede l’Unione fallire completamente due obiettivi: quello di trovare una soluzione alla crisi che sta toccando l’Italia per quanto riguarda l’instabilità di Paesi come la Siria, la Somalia e del Nord Africa e quello dell’essere coerente, nelle sue azioni, con il concetto stesso di solidarietà che è alla base della sua fondazione. Profughi o clandestini? Qual è la differenza? Nessuna! Coloro che decidono di mettere la loro vita a repentaglio affidandosi a scafisti senza scrupoli è dettata dalla sola speranza di dare un senso migliore alla loro vita, vita (a queste condizioni) indegna di questo nome. Una vita, soprattutto, priva della speranza in un futuro migliore, considerando che anche il rischio di morire è preferibile a una vita disperata che è legata a doppio filo da una parte all’indifferenza e dall’altro alla demagogia.

Il problema è che manca una strategia coerente e globale che affronti il problema in modo globale e realistico e non con i pannicelli caldi di “Mare nostrum” o di “Triton”. La domanda comune dev’essere e deve rimanere: dov’è l’Europa di fronte all’emergenza immigrazione? L’Europa non c’è e basta! Per far fronte al disastro creato dalla mancanza di politiche serie, i governi dell’Unione devono attivare dei veri e ordinati processi che regolino l’immigrazione e favoriscano l’integrazione. L’Italia è il Paese della solidarietà e non potrebbe essere altrimenti tanto, per non perdere la speranza.

Serve una reazione morale e politica di fronte alle quotidiane tragedie mentre è necessario e urgente un adeguamento delle norme europee in materia d’immigrazione che devono diventare più generose, flessibili e veloci per dare una risposta alla crisi, con la stessa energia con la quale si chiedono ai cittadini balzelli e tributi. Questo grande problema va risolto, non con “comizioli d’avanspettacolo”, ma con una strategia non solo di ordine nazionale o europea ma di ordine planetaria. Un problema così grande merita un’attenzione e un impegno di ordine civile, umano e, perciò politico nel senso più alto e greco di questo termine.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05