Le trame della Cgil   contro Matteo Renzi

Premetto che non sono renziano, non perché considero ciò osceno, come taluni hanno fatto con Silvio Berlusconi ma reputo necessario precisarlo affinché il lettore possa valutare la riflessione che espongo. Uno dei luoghi comuni che certa stampa ha messo in giro su Matteo Renzi (e non senza motivi) è che è un annunciatore di ciò che ancora non c’è: un uomo propaganda di se stesso, un uomo solo al comando. Ma se questa lettura poteva essere utilizzata per demonizzare Berlusconi, la stessa fa acqua da tutte le parti visto che Renzi è il segretario dell’unico partito rimasto, con le sue strutture organizzative, correnti, riti e tant’altro che appartiene ancora alla tanto vituperata Prima Repubblica.

Renzi ha tentato la conquista del Pd una prima volta e ha fallito, ma la seconda volta ha avuto l’appoggio di parti importanti del partito, per cui questa descrizione di un uomo solo al comando non è altro che la coazione a ripetere e la pigrizia di un giornalismo culturalmente prezzolato. Domani la Cgil scende in piazza contro il suo leader, il suo Governo e il suo segretario di partito. Qualcuno potrebbe dire che il sindacato è autonomo dai partiti e dal Governo, ma ciò è vero solo in parte, o meglio dire che la Cgil è autonoma da Renzi e dalla sua maggioranza politica. Questa è la seconda volta che il sindacato definito di sinistra entra in collisione con il suo partito ed azionista di riferimento, la prima volta fu con Cofferati, il quale si scagliò contro D’Alema quando anch’egli cercò di eliminare l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.

Ma tra le due situazioni c’è una differenza profonda: gli effetti del precariato ancora non mostravano la drammaticità e le disuguaglianze che oggi sono evidenti anche ad un cieco; l’altro aspetto non secondario è che in quella operazione squisitamente politica Cofferati puntava alla segreteria del partito per spodestare D’Alema. Oggi non credo che la Camusso, ex socialista, voglia spodestare Renzi, ma gioca questa carta più per problemi di potere interno con la Fiom e nel Pd. Ma ciò che considero grave è la rinnovata strumentalizzazione dell'articolo 18, contro le condizioni disastrose che vive il mondo del lavoro giovanile e non.

La Cgil avendo perso le correnti storiche socialiste e comuniste e con la scomparsa del Psi, ha perso una capacità culturale di leggere i processi storici, che nonostante le diversità culturali tra i due movimenti riuscivano a contaminarsi positivamente reciprocamente. Non da oggi la Cgil ha imboccato una deriva massimalista, che emargina ampi settori interni dello stesso sindacato ma anche ampi settori del movimento operaio. La sua incapacità di leggere la crisi, i segmenti che attanagliano le imprese e i lavoratori con la globalizzazione, la deriva provocata dalla cultura della Pubblica amministrazione sempre più presente e condizionante sulle scelte sindacali la fa essere strumento di manovra e catalizzatore di tutto ciò che si oppone al cambiamento.

Il solo fatto che gli attacchi al governo Renzi che esprime la Cgil siano coincidenti con quelli che vengono dal quotidiano "La Repubblica" e dai suoi interessi economici è certamente illuminante. Mi domando: come si può pensare che realmente gli interessi di De Benedetti (tessera numero 1 del Pd) possano coincidere con gli interessi dei lavoratori? Il gruppo De Benedetti possiamo definirlo come il re Mida all’incontrario: tutto ciò che è entrato nella sua orbita è fallito, e per poter ancor oggi esistere è grazie solo ai favori e alle prebende dello Stato. Credo che il sindacato necessita complessivamente di una stagione di rinnovamento culturale e di una nuova legislazione che ne determini i campi e le modalità di intervento, penso alla cogestione.

La sua funzione è importante per il Paese e la democrazia, ma solo se esso riesce ad reinserirsi all’interno dei profondi travagli che vive il mondo del lavoro e la società italiana. In poche parole: meno burocrazia e più cultura riformista, e per la Cgil oserei dire - visto che è il sindacato che si considera più di sinistra - più liberalsocialismo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:10