La7 e la Gruber,   “Lillicidio” doloso

La Gruber è scomparsa. Galleggiava dentro il piccolo schermo interrottamente da decenni, addirittura da metà anni ’80. All’improvviso la rossa botulinata non c’è più. Aveva strappato a Ferrara and partners da 8 anni il salotto televisivo di Ottoemezzo su La7. E le è stato sottratto in un attimo brutale, con un annuncio anodino. Era cresciuta divorando prima i padri dei milieu democristiani e socialisti che l’avevano allevata e promossa poi calpestando i nuovi direttori del Tg Rai governativo per eccellenza, quello del primo canale. 10 anni fa Deitlinde aveva stravinto con un milione di preferenze tra Centro e Nord le elezioni europee, superando lo stesso Cavaliere, allora ben in sella e passando direttamente da mezzobusty grosselabbra della notizia tv a oppositrice negli Uniti nell’Ulivo.

Malgrado il gentile nick di Lilli, la giornalista altoatesina si era fatta una fama da belva, nell’ambiente dei Ghirelli, Vespa e Masi, indubitabilmente da non sfidare mai. Ora con un semplice annuncio last minute, è stata cancellata. Non era solo l’emblema delle donne e femministe contrarie a Berlusconi ed alle destre. Anche perché si sarebbe trovata in una compagnia tanto affollata da non distinguerne i componenti. Non bella, non sexi, tappa come la Serracchiani, una Brunetta femmina, la Gruber voleva imporsi come bella ed elegante, sexi e meritevole. Il suo femminismo, di destra, credeva nelle capacità taumaturgiche del jogging a Villa Borghese. Figlia di un imprenditore, interpretava i valori del merito che si intrecciano con quelli delle buone famiglie.

Era l’icona del nuovo femminismo, né di sinistra, né di destra, ma tecnoliberale, un femminismo, affatto contestatore, ma anzi integratissimo; un femminismo oltre le pari opportunità nella continua, testarda, implacabile rivendicazione di maggiore presenza apicale e potere per le donne. Un femminismo oltreborghese, altoborghese diffusosi soprattutto tra le madri, le sorelle, le figlie, le nuore nelle grandi famiglie del potere che ha battuto incessantemente sul postulato della loro promozione, senza tanti racconti, motivazioni e vittimismi. Nell’era Lilli sono così arrivate le ministre figlie e le ministre madri, orche e piagnone. Si sono fatte direttori le nuore, conduttrici le coniugi d’alto bordo e presidentesse le ragazze delle compagnie de un sacco bello e le loro nonne.

E soprattutto tutto il giornalismo che conta e che costa è diventato femmina, d’annata, medio e giovanilissimo, con la regola opposta che vige in polizia: due femmine ogni presenza maschile. Poi finalmente gran parte del Parlamento, del governo e del partito di maggioranza si è fatto donna. A suggellare tanti meriti la Gruber venne invitata, unica presenza rosa nel gotha massonico. Ora di fronte all’improvvisa assenza di un tale monumento vivente per il movimento femminile, nessuno ha protestato seriamente. Non ci sono stati reazioni, cali o aumenti visibili dell’audience, critiche ed elogi oltre il necessario. Nessun comitato femminile ha urlato al complotto contro la libertà di stampa e di media come avvenuto in passato per tante giornaliste, i cui nomi non sono più ricordati, la bella araba svampita, la bionda gambalunga taccopure, la contessina indignata, e giù a non finire.

Per Lilli assente, si è glissato sull’improvviso malore, come si faceva un tempo per i morenti leader sovietici. Poi, finita la malattia in 5 giorni ed il mal di capo cui ricorrevano solitamente un tempo le donne in imbarazzo, si è mormorato su conflitti di spazio nella piccola La7 che è divenuta piano piano la discarica di Rai3 e della sua mission anti destre populiste berlusconiane. L’arrivo del camaleontico Floris, con il peso triennale da 4 milioni ha fatto sbandare la debole scialuppa, già gravata da 12 milioni di Mentana, 10 di Crozza, 5 di Santoro, 4 della Parodi. Quanto prendesse la Gruber non era noto, in nome del merito, della privacy, della trasparenza e della lotta anticasta. L’ultima notizia relativa risale al 1997 quando la Rossa prendeva 175 milioni di vecchie lire. Attaccata alle borse ed a loro contenuto, la Nostra non deve aver gradito l’ipotesi di riduzione degli emolumenti del 30% del nuovo paron de La7, Cairo.

L’ex Channel di Telecom non è più l’habitat costruito per Lilli dal suo conterraneo già Ad. Da quei tempi, La7 che Cairo dice essergli stata regalata tanto era oberata di debiti, è quasi risanata. La spending review tanto sostenuta dalla rossocrinita le è risultata incredibilmente indigesta. Un malore ne sarebbe stato ben giustificato. Quel che è peggio è però l’evoluzione del movimento femminile altolocato, avvenuta alle spalle dell’assente Gruber. Non solo la sua Tv ha trasmesso Miss Italia, cacciata dalla Rai in difesa della dignità rosa. Il nuovo pensiero è stato esposto nel volume Siamo tutti puttane dalla Chirico, giovanissima giornalista in carriera, fidanzata con un sessantenne con una carriera senza fine. La giovane che può vantare una alta figura affascinane su un volto da sorella bella della Sardoni, ha teorizzato una cosa nota dall’alba dei tempi, cioè l’uso della bellezza muliebre a fini d promozione sociale anche nelle condizioni più estreme.

Quello che era il titolo sarcastico ed ironico della manifestazione dei coniugi Ferrara per difendere il premier Berlusconi dall’accusa di immorale mandrillismo e denunciare un clima di bigotteria costruito ad arte per incastrare il governo di destra, viene reinterpretato in tutt’altro modo dalla giornalista. Ella rivendica per le ragazze, accusate d essere odalische di harem, il buon diritto di esserlo. Di più, eleva a vanto il percorso, fatto a forza di concessioni di favori sessuali, in tuti i campi, intellettuali e professionali. Perché chi sa come farlo e con chi bisogna farlo, sa sicuramente gestire tanto bene sé e le proprie qualità, ma anche un’assemblea elettiva o un C.d.A. In fondo la tesi antifemminile di Donna da Quirinale di Almansi e Veraldi, del 1990, che immaginava l’ascesa di Maria Pia dell’Orso, moderna marchesa di Pompadour, a capo dello Stato diventa qui la bandiera delle donne.

Questo Se non ora, quanto?, che avrebbe fatto inorridire tutto il comitato ex art. 51, viene oggi sostenuto a gorgheggi dalle Palombelli ed altre signore bene. E non vi è dubbio che anche Lilli ci si dovrà adattare. Infatti solo una volontà ben precisa poteva piegare la belva. Il fatto risale all’ultima trasmissione condotta dalla Gruber, ospite la ministra Boschi. La leopolda leopardata, bombardata da domande tese a scardinarne l’autocensura degna della tv democristiana di Bernabei, non ha voluto cedere di un millimetro all’esplicita accusa di eccessiva confidenza con il nemico Verdini.

La Boschi non ha gradito ed ha colpito. Sono una donna, nel caso una leoparda, poteva artigliare la belva fino a dettarne l’assenza mediatica. Ora il 27 ottobre la rossa tornerà in televisione come una leonessa cui è stata tolta la folta chioma posticcia. Non potrà più parlare di “vulnus per la credibilità stessa della democrazia” perché dovrebbe aggiungerci “della donna”. Non potrà più con soddisfazione esporre i numeri femminicidi, perché non bisogna alterare negativamente l’umore del telespettatore, già depresso dalla crisi. Sarà, insomma, come assistere in diretta ad un continuo lillicidio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:21