L’Europa (unita) valuta   sanzioni contro di noi

Più si tarda ad andare a elezioni in Italia e a sostituire questo imbroglio di governo Renzi che, non eletto come i precedenti Monti e Letta, non sa fare altro che tassare quando si dovrebbe al contrario detassare, oltre che fa perdere il lavoro imponendo financo di tacere altrimenti ti fa “pestare” in piazza, prima si risolverà la questione europea.

I nostri inutili rappresentanti, insieme ai novelli designati in Europa, assistono oggi ai proclami del novello commissario Katainen che dice, utilizzando il plurale maiestatis, “valuteremo sanzioni contro l’Italia”. Proprio così. Katainen, osservante rigorista merkeliano che non ha capito niente d’Europa e del progetto europeo, fresco di nomina prestigiosa e strapagata da commissario agli affari economici, minaccia l’Italia, il Paese tra i primi contribuenti dell’Europa unita, il Paese che non ha chiesto alcun salvataggio economico (la Spagna ha preso miliardi per salvarsi – soldi anche nostri -, a differenza dell’Italia) con l’applicazione di sanzioni. “La situazione economica è cambiata dall’ultimo anno ma non possiamo cambiare retroattivamente gli impegni presi dai Paesi dell’area euro”; il ragazzino comanda quindi ruvidamente all’Italia di rispettare le regole perché, per ora, queste non cambiano, e attacca parlando di sanzioni contro di noi “i Paesi inadempienti non eviteranno sanzioni a causa delle prospettive cambiate”.

Probabilmente l’Italia, agli occhi dell’europeino, non è ancora stramazzata al suolo e quindi, di concerto con la Merkel, sa di doverci “lavorare” ancora un po’ sù. Si sarebbe dovuto già porre da tempo il problema della ricontrattazione dell’Unione europea, non lo si è fatto e ora si va dritti verso la scelta tragica tra il rimanere in Europa e prendere pedate europee, soffrire e perire malamente, o scegliere la crescita per il nostro Paese staccandosi dall’Europa. Le scelte tragiche andrebbero prevenute, presagite, si dovrebbe correre ai ripari prima che esse si verifichino, divengano realtà, ma così non è stato fatto dall’Italia e per l’Italia, così il nostro Paese non ha saputo né fare nè prevedere. Se avessimo avuto un vero ministro degli esteri o un vero governo e non un’elucubrazione renziana, questi avrebbero dovuto già porre il problema.

E’ inutile infatti correre dietro a una politica economica antistorica e catastrofica fatta di rigore, controllo e austerità che dà solo miseria. Sarebbe stato invece necessario tornare a quanto concordato e scritto nei Trattati, e richiamare l’Europa tutta alla loro applicazione, dato che in essi c’è già tutto: crescita, rimodulazione degli steps stabiliti in base alle esigenze di ciascun Paese, obiettivo della crescita comune, investimenti. Oggi, più che un Katainen sul cui stipendio l’Europa potrebbe risparmiare, serve un commissario che si adoperi per la crescita, un coordinatore della crescita dell’Europa unita, che in gran fretta, lavori alla attuazione di politiche economiche espansive per l’Europa con immissione di liquidità e di politiche fiscali volte all’ alleggerimento del carico.

La Banca centrale europea sta cercando di contrastare lo scenario di deflazione e bisognerà adesso vedere quali conseguenze produrrà la stretta della Fed statunitense del quantitative easing, ma un programma di acquisto titoli (noto a Draghi) pare l’unica arma in grado di fronteggiare la situazione attuale. Si spera cioè che la Banca centrale europea acquisti i titoli in portafoglio delle banche, compresi quelli in dollari, e punisca con tassi negativi chi ridepositi liquidità presso la Banca centrale, non lasciando così altra via se non quella di prestare denaro all’economia reale.

La politica espansiva attuata dagli Stati Uniti dal dicembre 2008 ad oggi, con acquisto di titoli ed immissione di liquidità pari a 2000 miliardi di dollari ha rilanciato la crescita, ma sono ben sette anni di immissioni, non di miseria data. L’Unione europea deve diventare un’unione politica per porre in essere la politica economica corretta per la crescita, adeguando la propria moneta, nel frattempo l’Italia deve porre la questione della impostazione stessa europea, deve chiederne la ricontrattazione e rimodulazione richiamando quanto stabilito e sottoscritto nei Trattati di Maastricht del 1993, di Amsterdam del 1999 e di Lisbona del 2009, i quali prevedono l’obiettivo della crescita degli Stati membri, da realizzare avvalendosi ciascun Paese della propria politica economica e della capacità di indebitamento regolamentata.

Che solo con il Patto di stabilità e crescita, all’obiettivo della crescita, è stato sostituito il risultato della parità del bilancio a medio termine quale obbligo per tutti gli Stati membri ma che i Trattati hanno valore giuridico superiore a patti, regolamenti o altro atto, e che prevalgono, devono prevalere e devono essere applicati e attuati i Trattati.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:14