Matteo Renzi: la china d’Italia

A proposito delle manganellate romane agli operai della ThyssenKrupp fa rabbia ascoltare la vulgata massmediatica solo oggi dire che la politica di questo governo sta dividendo il paese. Bisognava attendere lo scontro dell’altro ieri per scoprire l’acqua calda? E’ da tempo che andiamo ripetendo che esiste un rischio concreto di implosione del patto sociale. Non è essere gufi o disfattisti osservare la realtà.

Questo paese non ha più una politica industriale. Non sa da che parte andare e assiste impotente all’inesorabile desertificazione del suo apparato produttivo. Ora, Matteo Renzi pensa di aver messo la sordina alla disperazione dilagante tra la popolazione con le sue sparate spettacolari. Ma dieci milioni di italiani che non riescono a produrre reddito sufficiente per garantire a se stessi e alle proprie famiglie livelli sostenibili di sopravvivenza non li conquisti con un hashtag. Oltre ai metalmeccanici della Fiom, che notoriamente sono i più rumorosi, vi è una maggioranza silenziosa di “invisibili”, provenienti dai ceti medi tradizionali, che si compone di altrettante vittime della crisi strutturale. La politica, messa al cospetto di questo epocale rimescolamento delle carte su scala globale, non è stata in grado di fornire risposte adeguate. Non ha fatto e non fa il suo dovere che resta quello di garantire la pace sociale anche mediante la gestione della complessità del sistema delle relazioni industriali.

Sebbene i sindacati non si siano fatti amare in questi anni per le strategie opportunistiche che hanno adottato nella difesa degli interessi dei pochi in danno dei diritti dei molti, purtuttavia bisogna riconoscere che metterli all’angolo, considerarli vecchi arnesi da rottamare sia politicamente sbagliato. Se finora si è riusciti a evitare la deflagrazione ribellistica del corpo sociale italiano è stato grazie al fatto che le rivendicazioni dei lavoratori non si sono saldate con le proteste disperate dei commercianti, dei piccoli e micro imprenditori, degli artigiani, dei lavoratori atipici, dei precari e dei pensionati di bassa fascia. L’atteggiamento assunto da questo scellerato governo di essere debole con i forti –vedi la politica dell’Italia in seno all’Unione europea- e forte con i deboli -vedi il sostanziale aumento della pressione fiscale posta a carico della maggioranza che è sulla soglia dell’incapienza- contribuisce ad acuire la tensione fino a portarla al punto di non-ritorno. E’ questo che si vuole? Renzi è un irresponsabile ed è circondato da incapaci.

In altri tempi l’opposizione avrebbe chiesto a gran voce le dimissioni del governo e il ritorno alle urne per cambiare verso al paese. Oggi, purtroppo, questo è impossibile perché la destra non è in campo. Il centrodestra è chiuso per ferie. E non si capisce quando riaprirà. C’è chi dice in primavera, c’è chi pensa di farsi rivedere dalle parti dell’elettorato tra qualche anno contando sul fatto che la manfrina renziana possa resistere fino al 2018. Il dramma è che la partita aperta a seguito della più grande ristrutturazione del capitalismo su scala globale che la storia recente ricordi, la si stia giocando tutta a sinistra. La destra non riesce a rientrare in partita per il semplice motivo che ha sprecato l’intero ventennio berlusconiano senza mai affrontare fino in fondo le contraddizioni che ne hanno impedito la realizzazione di un progetto condiviso. Sarebbe ora che si facesse un’operazione verità sulle reali intenzioni della sua classe dirigente.

Chi vogliono rappresentare e, soprattutto, cosa propongono di fare per restituire benessere e sicurezza all’intero corpo sociale? Nel 2013 l’odierno scenario era già perfettamente configurato. Il voto a quel cialtrone di Grillo voleva essere ben più di un campanello d’allarme. Oggi il rischio è che sia sufficiente una scintilla perché l’incendio propaghi inarrestabile. Se qualcuno pensa che sia difficile individuare “l’attentatore di Sarajevo” di turno che, con un gesto sconsiderato, provochi la deflagrazione si sbaglia di grosso. Una Picierno qualsiasi la si trova. E Renzi nel suo entourage di “figurine straparlanti” ne ha tante a disposizione.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:18