La giustizia italiana scaricata sugli avvocati

giovedì 13 novembre 2014


L’attuale governo Renzi di Napolitano si prefiggeva l’obiettivo a parole ambizioso della riscrittura tutta del codice civile, della responsabilità civile dei giudici, del dimezzamento dell’arretrato e della durata del primo grado di giudizio contenuta in un anno, invece con il Decreto legge approvato definitivamente dal Parlamento il 6 novembre 2014 pomposamente definito di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile, al momento in corso di pubblicazione in Gazzetta, non solo ha previsto molto poco ma neanche lascia prefigurare alcun effetto, meno che mai taumaturgico.

La montagna, in sostanza, non ha partorito neanche un topolino. Già lo stesso ministero della giustizia ha parlato unicamente di sole cinquantamila cause che, in base a proprie stime, presumibilmente non approderanno in giudizio per effetto di negoziazione assistita e divorzi e separazioni semplificati; si tratta cioè di risultati ben lontani dagli annunci di Renzi e dell’attuale governo. In compenso sono stati aumentati gli importi del contributo unificato per cui si aumenta a carico del cittadino italiano l’importo per l’erogazione del servizio pubblico della giustizia, e si chiede agli avvocati ciò che è configgente con la loro stessa natura e funzione, cioè di divenire pacificatori delle controversie.

Gli avvocati sono chiamati infatti a rinunciare alla causa per la quale vedrebbero corrisposti i propri compensi e a gestire loro stessi il conflitto ab initio, risolvendolo e prestando il servizio giustizia ai cittadini. Questo è il ruolo che si chiede di svolgere all’ avvocato in base alle nuove modalità di scioglimento del matrimonio, o con la nuova efficacia data alla negoziazione assistita. In definitiva lo Stato italiano, alla luce delle nuove norme, continuerà a pagare gli stipendi pubblici ai magistrati dei Tribunali, delle Corti d’appello, della Corte di cassazione, di quella costituzionale, della Corte dei conti, del Consiglio superiore della magistratura e di ogni altra giurisdizione statale esistente sul territorio italiano, mentre chiede agli avvocati di rinunciare alle già incerte parcelle derivanti dalle cause legali (si ricordi che la massa degli avvocati ha difficoltà a fare fronte ai soli contributi minimi) e farsi “pacificatori” e risolutori delle liti dei e per i cittadini italiani, prestando loro il servizio cui evidentemente non riescono ad adempiere giudici e politica.

Di cosa vivranno gli avvocati? Mangeranno le cause di cui sono stati altruisti “pacificatori”? Davvero si mangia il “benaltrismo”, o continuerà piuttosto a mangiare solo il corpo giudicante, “alleggerito” adesso della ulteriore irresponsabilità circa l’annoso arretrato grazie alle cause “pacificate” grazie agli avvocati e sulla loro pelle? Le nuove disposizioni tolgono chiaramente dalle mani dei giudici la “patata bollente” della loro inerzia e inadempienza, in un tutt’uno con quelle della politica.


di Francesca Romana Fantetti