Rai Way: buon avvio

La Rai croce e delizia: terremoto in Consiglio di amministrazione nella giornata della partenza in piazza Affari delle quotazioni di Rai Way, che permettono alla Rai di incamerare subito 240 milioni di euro. Ma sull’ordine del giorno di Antonio Verro di presentare ricorso contro la richiesta del Governo Renzi di partecipare alla riduzione delle spese per 150 milioni, il Cda si spacca. Votano contro Antonio Pilati (ministero dell’Economia) e Luisa Todini (che si dimette subito), astenuta la presidente Anna Maria Tarantola.

Continuano così i problemi dopo un Cda burrascoso. Dal successo di alcuni programmi come i 10 milioni di ascoltatori della partita di calcio Italia-Croazia e le trasmissioni di Conti e della Carlucci alle grane del canone con troppi evasori e con qualche politico che ha adombrato la possibilità di inserirne la quota (110 euro all’anno) nella bolletta per l’energia elettrica. L’azienda pubblica resta al centro dell’attenzione politica e sindacale per almeno tre motivi: la visita della Commissione parlamentare di vigilanza ai comitati di redazione di Saxa Rubra, il piano industriale presentato dal direttore generale Gubitosi che si avvia ad essere accantonato e lo sbarco in Piazza Affari della società controllata Rai Way.

Nel primo giorno della quotazione è stata confermata la notizia che il sindacato dei giornalisti dell’azienda di viale Mazzini (1.700 in organico su 13mila dipendenti) ha prenotato un pacchetto di azioni. E lo ha fatto, è precisato in una nota, “per acquisire la qualifica di socio ed esercitare tutte le relative prerogative onde affermare, nella sede sociale e nel rispetto della legge, i valori professionali dei dipendenti Rai, la rilevanza assoluta della missione istituzionale del servizio pubblico, il rilancio di un asset strategico che oggi più che mai può e deve andare oltre il semplice servizio di trasmissione del segnale televisivo, guardando ad esempio lo sviluppo della banda larga mobile”.

Non si conosce l’entità della somma sborsata e neppure dove il sindacato abbia attinto i soldi dell’investimento relativo alla quotazione della società delle torri per la trasmissione del segnale radio e tv controllata dalla Rai. La partenza è stata sprint e l’obiettivo di viale Mazzini è quello di raggiungere circa 300-400 milioni di euro per far fronte al piano industriale e alla richiesta del Governo di contribuire alla riduzione delle spese per 150 milioni di euro.

Il Cda aveva deliberato nelle settimane scorse che la vendita in Borsa potesse arrivare fino al 30,51 del capitale sociale. Sulla base di analisi svolte dagli istituti finanziari coordinatori dell’offerta globale, la Rai ha quantificato il valore del capitale economico di Raiway tra un minimo di 802 e un massimo di 952 milioni, pari ad un minimo di 2,95 e un massimo di 3,5 euro per azione. La società dei ponti era nata nel 1920 e si è sviluppata sul territorio a partire dagli anni Cinquanta con l’avvento della tv (prima trasmissione dei tg nel 1954). Oggi è leader nella diffusione del segnale radiofonico e televisivo con circa 2.400 torri. C’è fermento infatti nel settore delle torri con interessamenti di gruppi Usa e di Londra. Non è esclusa infatti una unione in futuro con Ei Towers, mentre la Rai non comprerà da sola le torri Wind. Il primo tentativo di vendere Rai Way era stato fatto dal presidente Roberto Zaccaria (sinistra Dc), ma l’ipotesi venne bocciata.

Per il piano industriale o di accorpamento delle testate come inteso dal direttore generale Luigi Gubitosi con l’obiettivo di risparmiare almeno 100 milioni sui 500 dei costi per l’informazione i tempi si allungano. L’incontro eccezionale della Commissione presieduta dal pentastellato Roberto Fico con i comitati di redazione ha evidenziato le carenze del progetto e la contrarietà di gran parte delle testate: in particolare il Tg1, il Tg3 di Bianca Berlinguer e la testata regionale. Non c’è dubbio, ha osservato Fico, che una ristrutturazione dell’informazione all’interno della Rai va fatta (il caso dei 5 inviati in Australia per seguire la visita del Premier Renzi ha sollevato di nuovo polemiche sui costi e sui contenuti dei servizi pressoché uguali).

La riforma deve partire dalla governance e dalla definizione della missione di servizio pubblico e dal varo della nuova convenzione. E questo dovrebbe avvenire partendo dalle dimissioni del consigliere Luisa Todini, nominata qualche tempo fa presidente di Poste italiane.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 20:53