Non va la cura-Renzi, il Paese resta malato

Basterebbe ricordare le insulse, puerili e camuffate storielle di Renzi, quando all’atto del suo insediamento, garantiva alla lavagna come in breve tempo avrebbe resuscitato l’Italia. Sono passati più di 9 mesi e la cura Renzi ha gettato definitivamente il Paese, non solo nel baratro economico, ma in un pericoloso clima di tensione sociale che non può non destare una grande ansia ed un grande timore.

L’Italia e gli italiani sono da sempre caratterizzati dalla tendenza a tollerare, ad accettare seppure bofonchiando, a tirare avanti comunque, ma quando da noi si innesca una spirale contraria a questa connotazione, sono guai e gli anni bui della Repubblica ce lo confermano. Far finta di nulla dinnanzi al disagio, alle proteste, alle manifestazioni di malcontento che ovunque si sentono e verificano, è pura scelleratezza. Le famiglie sono al limite, la disoccupazione ai massimi, l’economia a pezzi, le attività vanno a rotoli, serve con immediatezza una serie di interventi che riportino quella minima soglia di serenità tra la gente.

Questo dovrebbe essere il primo ed unico obiettivo di un Governo che fosse attento e avvertito sulle condizioni del Paese. Al contrario, da nove mesi si promette senza mantenere, si insiste con le tasse, si intimorisce con equitalia, si divide il Paese in cittadini di serie A e serie B, si complica la vita con fiscalità contorta, si procede con annunci regolarmente smentiti dai fatti. Come se non bastasse si è voluto riempire l’Italia di flussi migratori che non era e non è in grado di assorbire in nessun modo possibile.

Eppure le più elementari nozioni di politica economica saprebbero indicare anche ai bambini la strada più semplice da seguire, almeno nell’immediato. Da una parte un intervento straordinario sul debito, attraverso la vendita di tutto il vendibile (che c’è e non è poco), dall’altra un reset fiscale totale sui contenziosi più modesti di qualsiasi natura (tranne che Iva), una patrimoniale sui grandissimi capitali, l’eliminazione della Tasi su tutte le prime case, l’obbligo per le banche ad erogare credito a bassissimo costo. Tutto ciò, accompagnato da una legge che consentisse l’autocertificazione di tutto, per stroncare la burocrazia, tanto basterebbe a restituire i sonni alle famiglie, alle attività, ai mercati.

Senza consumi non c’è produzione e se manca questa l’occupazione non può ripartire, la paura fiscale blocca ogni intenzione all’investimento, senza credito disponibile non gira un euro e senza liquidità il mercato muore, da ultimo senza un intervento dello Stato in alcuni settori non c’è speranza che si cresca. La revisione della spesa dovrebbe servire a risparmiare da una parte per spendere meglio dall’altra, Keynes o non keynes, lo Stato deve farsi carico di questo, a costo di litigare e rompere con l’Europa, qui si tratta di salvare l’Italia dalla catastrofe, al diavolo tutto il resto. Se solamente minacciassimo davvero, di uscire dall’euro, la Ue ci implorerebbe di non farlo, altro che timore, dobbiamo pensare a noi ed avere coraggio.

E’ stata ed è l’Italia a tenere in piedi l’euro, non il contrario, serve di saperlo ed è ora che la politica mostri gli attributi necessari per ridare futuro a tutti. La verità è che per tutto questo serve un nuovo Governo, diverso, capace, sincero e scelto da tutti gli italiani e non dalla segreteria del Pd. Non si può uscire dal tunnel nelle mani della mediocrità e della spavalderia, giocare con il fuoco, non è più davvero il caso.

Nel 2015 cambierà il Presidente della Repubblica e insieme a lui deve cambiare il resto e la scelta spetta ai cittadini, come Costituzione recita, fino a prova contraria, questa è la soluzione. Se così non fosse, prepariamoci al peggio, a ballare la rumba sulle braci, i mercati oggi non hanno pietà e del resto perché dovrebbero averne. O cambiamo noi o ci faranno cambiare e per dirla con Shakespeare, tra l’essere o non essere, preferiamo la prima!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:04