Papa Francesco, <br/> “pecunia olet”?

In generale trovo poco appropriato e forse anche ingeneroso definire un Papa di destra o di sinistra perché, almeno sulla carta, il Pontefice svolge, o dovrebbe svolgere, un ruolo pastorale di ordine spirituale e quindi ben aldilà di mere questioni terrene. Quando però il Papa si esprime su vicende o problemi secolari non vedo alcuna ragione per non valutare le sue idee esattamente come è lecito fare nei riguardi di chiunque. Per la seconda volta negli ultimi due mesi mi succede, per esempio, di sentire il Vescovo di Roma rivolgersi al mondo deprecando il denaro e condannando l’egoismo che esso induce o di cui sarebbe figlio. In casi come questo, é sensato chiedersi se la condanna per il denaro sia finalizzata a ricordare che esistono ricchezze diverse, come quella sprituale, o se, invece, sia ispirata da un’ostilità di principio nei confronti degli uomini che intraprendono e del profitto che essi cercano.

Inoltre, l’opposizione al capitalismo – inteso qui, semplicemente, come quadro dottrinario che legittima pienamente il perseguimento della ricchezza – manifesta sempre una sottile ambiguità poiché non è chiaro se la condanna sia motivata dal desiderio di porsi dalla parte dei poveri o se sia proprio la figura del ricco a destare riprovazione e, talvolta, persino odio. Non è questa la sede più opportuna per rifare la storia del cristianesimo, a partire dalle stesse parole di Cristo, variamente interpretabili sul tema in oggetto, proseguendo poi con le vicende che, nei secoli, hanno fatto dello Stato pontificio uno dei più ricchi d’Europa. Sarebbe semmai più interessante discutere il significato complessivo della vita di San Francesco, dal quale il Papa attuale ha voluto prendere il nome.

Il fatto che Francesco abbia impiegato le ricchezze (del padre) per aiutare i poveri e per altre iniziative caritatevoli, dimostra con chiarezza, se uno ci pensa bene, quanto il denaro sia importante e non certo la sua natura demoniaca. Per dirla in altro modo, se Francesco ha potuto fare del bene è solo perché il padre aveva fatto ‘del male’, cioè si era sporcato le mani per accumulare profitto. Appare dunque ovvio che, senza che qualcuno produca ricchezza per sé, c’è poca speranza che il nuovo Francesco possa stimolarne una migliore distribuzione. Così come è ovvio che distribuire la ricchezza esistente può farsi una volta sola perché, una volta distribuita, chi mai si impegnerà a produrne di nuova per vedersene nuovamente spogliato? L’esito sicuro di una ostinata condanna del denaro e di chi persegue il profitto, in definitiva, è la povertà di tutti.

Un ideale, per così dire, assai vicino all’attualità italiana ma che non pare entusiasmare nessuno perché tutti, proprio tutti, da destra e da sinistra, auspicano ‘la crescita’, cioè la ripresa degli investimenti sperando che nuove generazioni di imprenditori si lascino affascinare dal successo economico e dunque dal profitto di cui il denaro è l’espressione. Il contributo, si fa per dire, del Papa al rinnovamento delle nostre risorse imprenditoriali e all’uscita dell’Italia dal tunnel della crisi economica e finanziaria appare, in questo quadro, a dir poco intempestivo.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 20:52