La musica stonata del pifferaio fiorentino

giovedì 27 novembre 2014


Le dichiarazioni notturne del pifferaio fiorentino dopo il voto delle regionali che hanno interessato l’Emilia Romagna e la mia derelitta Calabria sono a dir poco preoccupanti o peggio allarmanti. Sentir dire dal Presidente del Consiglio, in carica per volere di Re Giorgio, che si è trattato per il Partito Democratico di una vittoria netta e che il resto, riferendosi all’astensione, non conta, per chi crede nel sistema democratico, fa pensare che il pifferaio si è trasformato in “dittatorello”.

Quando la gente chiamata a votare non si reca alle urne, non vuol dire che con il suo comportamento omissivo dà maggior forza a chi presiede un Governo senza legittimazione popolare. Al contrario, manifesta disapprovazione e disgusto così intensi che non si rifugia neanche nel movimento di protesta di grillina memoria.

Fatta questa ovvia e semplice constatazione, viene spontaneo chiedersi che fine ha fatto l’elettorato di centrodestra, fino a non molto tempo fa maggioritario nel Paese. La risposta a dir la verità è molto semplice e va individuata nella grande confusione che regna in Forza Italia, nella testa del suo storico leader e nella pochezza intellettuale dei suoi più vicini collaboratori e dei soliti consiglieri (tipo Gianni Letta e Denis Verdini) che chiaramente non mollano la preda. Se un partito è all’opposizione deve opporsi con tutte le sue forze a chi è al Governo e non collaborare con chi guida un Partito, il Pd, erede del Pci, dei Ds e della democristianissima Margherita, stipulando un patto sulle riforme che si sta dimostrando “aria fritta”, non avendo le parti messo per iscritto nulla di quanto proclamano.

Il brocardo eternamente valido “verba volant, scripta manent”, giova solamente a Matteo Renzi che facendo parte di un partito che ha sempre nel suo Dna l’ideologia cattocomunista, trova il modo di modificarlo a seconda le convenienze, senza che Silvio Berlusconi possa far nulla per farlo rispettare. E le conseguenze si vedono. Ad ogni tornata elettorale gli elettori di centrodestra, per fortuna in minima parte ancora, votano direttamente Renzi ed il Pd, preso atto delle dichiarazioni di Berlusconi che vede nel pifferaio fiorentino il suo erede, e nella grandissima parte non vanno a votare, disillusi quali sono e privi di quella prospettiva di cambiamento che solo l’ideologia liberale può assicurare.

Se così stanno le cose, e non vi è modo di pensare il contrario, è necessaria una rivoluzione nel partito, che non dimenticando la tradizione né il suo leader che ha avuto i suoi grandi ed indiscutibili meriti, dia luogo attraverso le primarie o ad un sistema analogo ad una sana competizione tra soggetti nuovi e comunque entusiasti di portare una bandiera, quella tricolore vera e non quella del Pd camuffata dal rosso intenso con qualche traccia di bianco, che dev’essere il simbolo della libertà e del progresso economico e sociale, di cui gli italiani hanno bisogno per uscire dalla crisi che allo stato sembra irreversibile.

Un altro dato di queste elezioni che non bisogna trascurare è quello che ha penalizzato il Pd nella regione rossa per eccellenza e che si chiama, nonostante la trascuratezza di Renzi, astensionismo. Ovviamente Guglielmo Epifani e compagni danno un’unica interpretazione al dato; sostengono che gli elettori emiliani e romagnoli, unici portatori della moralità, prerogativa della sinistra, hanno disertato le urne per i recenti scandali e perché Renzi ha trascurato i sindacati, con i quali da sempre “i rossi” hanno avuto un legame fermo ed indissolubile. Giustificazioni, queste, che fanno gioco per la cosiddetta minoranza o meglio per l’apparato cattocomunista, ma che non hanno alcun fondamento, posto che anche gli emiliani sono titolari di piccole e medie imprese, in crisi preoccupante e gravate dalla pressione fiscale di proporzioni gigantesche e che insieme ai cittadini e pensionati non hanno modo di alimentare i consumi.

La verità è una ed una sola ed è che gli italiani tutti sono stanchi di sentire promesse mai portate a termine né proclami di crescita. Le ciance son sempre e solo ciance!


di Titta Sgromo