Coop: abbandonare   il modello comunista

Il futuro delle cooperative è abbandonare il modello coop. E’ un “modello” che non funziona. Una volta, molto tempo fa, la cooperativa significava cooperazione, cioè un gruppo di persone che si mettevano insieme e cooperavano, appunto, unendo soldi e capacità operative, sorreggendosi e aiutandosi vicendevolmente. Oggi, come dimostrano le recenti scandalose rivelazioni di Mafia capitale, le cooperative sono in sostanza depositarie di un sistema ingegneristico di tangenti usato dal partito comunista italiano oggi pd, una sorta di sistema delle imprese che risponde economicamente e periodicamente al partito politico con suddivisione tra loro stesse della quota di tangente da pagare in cambio dell’appalto ricevuto quale associazione temporanea d’impresa - Ati -, appositamente costituita, nel frattempo, per realizzare l’appalto in oggetto, senza alcuna concorrenza reale tra le medesime. In tali associazioni temporali d’impresa - Ati – viene inserita questa o quella cooperativa rossa, la quale tuttavia non paga direttamente una quota di tangente al partito, ma assume l’onere di fare fronte alle spese di gestione e alle campagne elettorali del partito stesso, senza alcuno specifico riferimento all’appalto a cui ha partecipato, eliminando in tal modo fraudolentemente il rischio di potere essere incriminata per corruzione.

Un sistema complesso e congegnato tecnicamente in frode alla legge e agli italiani, e che oggi, alla luce di quello che si sta scoprendo con Mafia capitale, si è ulteriormente ingegnerizzato, interloquendo con organizzazioni criminali in grado di fare valere le loro richieste con forza e violenza.

La coop che da tempo e per tempo abbia abbandonato il “modello coop” tradizionale matrice delle coop comuniste emiliano - romagnole, come ad esempio oggi è la Cmc di Ravenna, tra le prime in Italia nel settore delle costruzioni e dell’impiantistica, degli scavi e dell’alta velocità dietro Astaldi e Salini-Impregilo, si è salvata. Come ha fatto? Si è convertita in una multinazionale. Si è svincolata dal territorio, ha ampliato il proprio raggio d’azione limitato dalle “logiche” politiche perverse delle altre coop tutte legate al partito comunista italiano. La Cmc ha un fatturato che è al 60 per cento all’estero, ha 8500 dipendenti per lo più stranieri, ha 450 soci, opera come una multinazionale. Del “modello” comunista de “La Coop sei tu”, che poi era il modello de “La Coop è loro”, ha ancora una consulenza a Primo Greganti del pci venuta fuori con l’inchiesta Expo. Ci sono altre coop che si sono lanciate nel mercato rifiorendo e divenendo efficienti, sono Coop Adriatica e Unicoop, che operano nella distribuzione con quotazione in borsa della società Igd che detiene il loro patrimonio immobiliare, o Servizi Italia controllata da Coop service che, con il collocamento in borsa ha realizzato 36 milioni di euro per i suoi 300 soci, poi depositati, tramite società fiduciaria appositamente costituita, nel Lussemburgo di Jean Claude Juncker, cioè nel paradiso europeo esentasse, operazione segnalata alla procura di Reggio Emilia che ha tuttavia archiviato tutto. Per ciò che interessa qui, queste coop si sono organizzate in maniera anni luce distante dalle coop classiche, in sintonia con il mercato concorrenziale, non a caso tengono ad esempio aperti i supermercati nei giorni festivi per competere con i marchi internazionali.

Comportamento antisindacale? Crumiraggio? E’ prevalsa e prevale la necessità di lavorare e fare lavorare, guadagnare e stare sul mercato. Sotterrata la realtà mutualistica presto dimenticata, ingabbiato tuttora in regole assurde il mercato del lavoro in Italia, si cerca e si va incontro al mercato dove c’è e funziona. La concorrenza non aspetta, è già di casa. Cosa ne dice Romano Prodi, che ha trascorso, lui e famiglia, amici e parenti, e conoscenti, e figli dei figli, nipoti, eccetera, tutta una vita a propinare agli altri ideali comunisti lucrandoci sopra? Cosa devono fare le imprese italiane: devono fallire, chiudere e suicidarsi o guardare al mercato? Perché, imperanti i partiti della sinistra comunista per volere del più comunista di tutti Giorgio Napolitano, è tuttora vigente in Italia la triangolazione antimercato 1. partito comunista, 2.amministrazioni pubbliche locali e 3. cooperative rosse. Per comprendere bene, tale legame funziona ad esempio così, e cioè il comune (ente pubblico locale) di un territorio modifica la destinazione pubblica d’uso di un terreno da agricolo a commerciale o a residenziale, e le cooperative rosse comuniste costruiscono. Ecco qui come si devia e vizia il mercato, portando il Paese alla rovina. Rovina che riguarda innanzitutto le cooperative e il sistema della sinistra (magra consolazione), quello delle cooperative in concordato preventivo, in liquidazione coatta, già fallite, con amministratori sotto inchiesta per bancarotta, falso in bilancio, corruzione, quelle stesse che, con migliaia di soci, usano i soldi dei risparmiatori che rastrellano non essendo banche, cioè slegate financo dalle regole comuni vigenti per gli istituti di credito a tutela dei risparmiatori italiani, e lo fanno per pagare tangenti, o fanno sparire capitali così come miliardi di debiti accumulati nel tempo, con posti di lavoro svaniti.

Perché non sanno lavorare, basta provare anche solo i prodotti distribuiti nei supermercati coop: i prodotti alimentari coop sono una sòla garantita, sia per la scarsa qualità che per il prezzo che, apparentemente sottocosto, è di fatto un affare unicamente per il supermercato con marchio coop. Non c’è distinzione geografica, dalle Coop operaie di Trieste che occultano il passivo di 100 milioni con trucchi immobiliari (600 dipendenti a rischio disoccupazione e 17 mila soci e prestatori sociali che non rivedono i propri soldi) sotto la mancata vigilanza e controllo di Debora Seracchiani vice segretaria del pd di Renzi e lì da lui nominata, alla Legacoop presieduta dall’attuale ministro del lavoro Giuliano Poletti anch’esso voluto da Renzi e allo stato in affari con Mafia capitale, alla coop Sicilia che ha perdite di 18 milioni di euro solo a far data al 2013, ma ci sono anche la coop Carnica di Udine tuttora in stato di concordato preventivo per mancanza di liquidità, la Cmr di Filo d’Argenta in bancarotta fraudolenta per distrazione e dissipazione preferenziale, la Cmr di Reggiolo, la Orion, Cfm, Nest, Nodavia, Cormo, Ccpl, Tre spighe, Cdc, eccetera.

La Cesi di Imola è in liquidazione amministrativa coatta con debito di 375 milioni di euro e 400 lavoratori a rischio, la coop Ceramica e la Iter di Lugo di Ravenna in concordato preventivo, la 3 Elle di Imola anch’essa in concordato, coopsette e Unieco di Reggio Emilia legate a Legacoop, cooperative che sono state guidate dall’attuale ministro del lavoro Giuliano Poletti, che ha fatto così bene da guida che, da un anno a questa parte, l’abbiamo premiato, mettendolo al ministero del lavoro per tutti! Lavoro che è poi lo stesso di quello della maggior parte delle cooperative da lui dirette, che non esiste!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:12