Quasi 100 giornalisti  uccisi solo quest’anno

“La stampa libera non può essere imbavagliata”. E’ il cartello innalzato da una giornalista del quotidiano “Zaman” (tra i più letti in Turchia) dopo l’arresto del direttore, Ekrem Dumanli, portato via a forza dai poliziotti dalla sede del giornale. In carcere sono finiti anche Hidayet Karaca, direttore della tv “Samanyolu” e molti cronisti che si erano occupati d’inchieste di corruzione scottanti per gli uomini vicini al presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, eletto nell’agosto del 2014 dopo 11 anni da premier.

La “retata” dei giornalisti critici riporta al passato, dicono dall‘associazione dei giornalisti turchi (Tgc) e dal sindacato dei cronisti (Tgs), quando ben 200 giornalisti finirono in carcere con l’accusa di terrorismo. “Oggi si ricomincia” facendo fare un passo indietro alla libertà d’espressione.

La Turchia non è il solo caso in cui viene repressa la libertà di stampa, fondamento della democrazia. Uccisioni sempre più barbare, rapimenti in forte crescita con l’obiettivo d’impedire l’informazione indipendente e che l’opinione pubblica venga a conoscenza di irregolarità e illiceità. Di giornalismo si continua a morire soprattutto in Medio Oriente e nel Nord Africa. Sono stati 66 i professionisti dell’informazione uccisi nell’esercizio delle loro funzioni a cui vanno aggiunti, secondo il rapporto annuale di Reporter senza Frontiere (Rsf) altri 19 “citizen journalist”, la categoria che raggruppa i blogger e altri tipi di reporter amatoriali e 11 collaboratori dei media non giornalisti.

Per un totale di circa 100 professionisti del mondo dell’editoria. Le intimidazioni, osserva Rsf, sono ormai così diffuse che molti giornalisti sono stati costretti a scegliere la via dell’esilio. Il doppio dell’anno precedente. Statisticamente le uccisioni sono calate del 7 per cento, ma le modalità degli omicidi sono state più efferate; a partire dalle decapitazioni ad opera dei militanti dello Stato islamico che non avevano mai raggiunto una tale barbarie, esaltata attraverso foto e web. Sono salite poi a 6 le donne giornaliste o fotoreporter uccise.

Nella nefasta classifica dei Paesi più violenti contro i giornalisti, la Siria occupa il primo posto con 15 morti, seguono i territori palestinesi con 7, l’Ucraina con 6, l’Iraq e la Libia con 4. Qualche attenuazione dei rischi si notano in India e nelle Filippine, che erano considerati Paesi problematici ma senza conflitti aperti. Un elemento preoccupante messo in evidenza dal rapporto di Report senza Frontiere è l’elevato numero dei sequestri di giornalisti, giunti nel 2014 a quota 119, con un incremento del 37 per cento rispetto all’anno precedente. Anche la maggioranza dei rapimenti è concentrata nel Medio Oriente e nel Nord Africa: 29 giornalisti sequestrati in Libia, 27 in Siria e 20 in Iraq. Ci sono poi i casi non conosciuti nei Paesi in cui i conflitti continuano.

Dai dati di Rsf risulta inoltre che al mese di dicembre 2014 40 giornalisti e 3 citizen journalist sono ancora nelle mani dei sequestratori. L’ultimo capitolo analizzato è quello delle minacce e dei maltrattamenti nei confronti dei giornalisti. In alcuni Paesi le minacce e i maltrattamenti sono stati applicati anche dalle forze dell’ordine in occasione di manifestazioni, conflitti sociali, scontri o durante la ricerca di documenti in luoghi pubblici. Le cifre sono elevate: 1.846 giornalisti nel 2014 hanno subìto minacce, restrizioni della libertà di movimento, limitazioni nella ricerca di fonti o testimoni. Ben 853 giornalisti sono stati arrestati, fermati, rinchiusi in carcere, a volte rilasciati anche senza processo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:09