Rai 3-Brega Massone, difesa chiede i danni

I legali del medico Pierpaolo Brega Massone sono, come preannunciato, sul piede di guerra contro viale Mazzini a seguito della messa in onda su Rai 3, sabato 13 dicembre, della ignobile docu-fiction all’interno del programma “L’Infiltrato”. Chi pagherà il risarcimento dei danni che i legali del chirurgo chiederanno alla Rai per aver mandato in onda questa docu-fiction (com’è stata definita dal direttore di Rai 3, Andrea Vianello, “perché si attiene a fatti veri”…) colpevolista e priva di alcun contraddittorio, sul medico, attualmente agli arresti cautelari ed in attesa di sentenza di secondo grado sulla condanna all’ergastolo? No, perché non basta la gravità di per sé di questo ennesimo spregevole esempio di gogna mediatica che va ad aggiungere un nuovo tassello all’incivile ma ben radicata pratica di celebrare i processi in televisione a carico di imputati ancora in attesa di giudizio nel menefreghismo più assoluto del diritto costituzionale alla presunzione di non colpevolezza. Ma al danno evitabilissimo arrecato a Brega Massone ed alla sua famiglia, finirà per aggiungersi l’amarissima beffa per i contribuenti che pagano il canone di dover pagare per la decisione irresponsabile della Rai di trasmettere una trasmissione in cui è stato montato un impianto accusatorio sommario, affidato solo ed unicamente alle voci dei consulenti dell’accusa, nel più totale disprezzo dell’accertata influenza che le “tesi mediatiche” possono avere sui giudici, specie popolari, scegliendo di perseverare in colpevoli omissioni sui fatti: ad esempio una delle testimoni che ha deposto contro Brega, nel processo civile, grazie ad un perito indipendente ed estraneo alla procura che ha giudicato corretto l’operato di Brega, non ha ottenuto i risarcimenti. Nella docu-fiction, insomma, si è deciso di non dar notizia (per irretire un pubblico sempre più famelico di mostri colpevoli) di passaggi fondamentali, né di dar voce ad autorità universitarie di Chirurgia toracica che si sono espresse a difesa dell’operato di Brega Massone, così come si è scelto di non verificare le evidenti alterazioni delle procedure processuali. È significativo, quanto folle, a tal proposito, il mancato ascolto in aula di conversazioni telefoniche, ovviamente tagliate e sbattute in Tv, ma ritenute inutili proprio a causa del martellamento mediatico!

L’avvocato Enzo Vitale che difende Brega Massone, come già scritto, aveva spiegato che a sobbarcarsi il carico “risarcitorio” saranno i contribuenti perché viale Mazzini sarà costretta a pagare le iniziative prese dai legali del chirurgo a tutela dei suoi diritti anche costituzionali e i danni alla famiglia del medico. Al contrario di quanto sostenuto in Commissione di Vigilanza dal direttore di Rai 3 Vianello infatti, sostiene Vitale, la Rai non ha avuto nessuna autorizzazione dal tribunale a mandare in onda la docu-fiction. Tanto è vero che a luglio scorso, dopo aver saputo che la Rai avrebbe mandato in onda la trasmissione, i legali del medico milanese hanno presentato un ex articolo 700 al Tribunale di Roma al fine di chiederne il blocco ma dopo alcune settimane, in occasione dell’udienza, l’avvocato della Rai, a verdetto di causa, ha comunicato che la trasmissione era stata sospesa. Questa apparente retrocessione, secondo Vitale, aveva l’unico obiettivo di depistare e non consentire i tempi per un altro ricorso. Circostanza poi effettivamente verificatasi tanto da spingere i legali di Brega Massone ad inviare una diffida in cui si richiedeva di astenersi dal mandare in onda la trasmissione e che in caso contrario, avrebbero chiesto il risarcimento danni. E questo è esattamente ciò che avverrà. Mentre a pagare la decisione della Rai di non rinunciare a vendere alle aziende inserzioniste un’audience che certamente sarà molto alta visto il clima giustizialista del Paese (ché di questo si tratta) saranno appunto i contribuenti, non certo i funzionari di viale Mazzini. Con il medesimo impegno con cui il nostro giornale ha voluto dedicarsi a questa vicenda incivile e dal profilo anticostituzionale di cui per primi ci siamo occupati, preferiamo ora lasciare la parola ai legali di Brega Massone che hanno inviato al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al direttore di Rai 3 Andrea Vianello, al ministro della Giustizia Andrea Orlando, alla Commissione di Vigilanza Rai, alla Verve Media Company, al garante dei detenuti della Lombardia Giordano Donato, al direttore generale Rai Luigi Gubitosi e alla presidente Rai Anna Maria Tarantola, questa lettera di replica alla messa in onda della docu-fiction e di annuncio azioni legali a tutela dell’assistito che pubblichiamo qui di seguito.

“Egregio dottor Vianello, spettabile Rai 3, in risposta alla Vs. missiva del 12.12 u.s., nel confermare i contenuti della diffida e della mail inviateVi dagli scriventi con racc.a.r. del 5.12 u.s. e mail del 12.12, facciamo presente che il ricorso ex art. 700 cpc cui fate riferimento fu proposto per sospendere la trasmissione de “L’Infiltrato” che, da notizie telefoniche forniteci da Rai 3, era programmata per il 31.10 u.s. All’udienza del 27.10, la Rai nel costituirsi fece presente che la trasmissione non era in programmazione per il 31.

Ovvio che il provvedimento emesso dal Tribunale non venne impugnato, posto che il dottor Brega Massone non aveva alcun interesse a farlo (il 31.10 la trasmissione non c’è stata, né risultava programmata in un’altra data) e posto che gli argomenti contenuti nella motivazione - parzialmente da Voi estrapolati nella missiva del 12.12 - avevano, con tutta evidenza, un valore meramente teorico e generale.

Di certo, gli argomenti di cui sopra non valevano ad autorizzare, a “legittimare” la trasmissione del 13.12, su cui non si è mai formato alcun contraddittorio col dottor Brega Massone: la questione non è stata infatti dedotta in alcun ricorso difensivo per assenza dei tempi necessari per instaurare un ricorso in tempi utili.

Nessuna “temerarietà” nelle iniziative della difesa del dottor Brega Massone, quindi, ma solo il tentativo dei suoi legali di sollecitare una Vs. doverosa riflessione sulle gravi conseguenze che la trasmissione del 13.12 u.s. avrebbe ed ha comportato rispetto ai diritti processuali del nostro assistito, sottoposto a un massacro mediatico senza precedenti sin dal 2008, quando, appena arrestato, venne subito condannato da stampa e televisioni - in modo acritico e in virtù di informazioni parziali ed unilaterali, recepite dalle autorità inquirenti - all’insegna dello slogan “clinica degli orrori”.

Preme osservare che - come Rai 3 sapeva e sa - ad oggi, alla fine del 2014, il dottor Brega Massone non è stato giudicato in via definitiva e si trova tuttora in stato di custodia cautelare.

Non ci soffermiamo, in questa missiva, sulle conseguenze devastanti che una trasmissione del genere, che ha toccato - in maniera gratuita e inessenziale rispetto ai fini del “racconto” - anche aspetti della vita familiare, può avere avuto sulla serenità e sulla tenuta psichica della figlia dodicenne del dottor Brega Massone. Sul piano più strettamente legale, non può esservi dubbio che l’avere presentato - SENZA NESSUN CONTRADDITTORIO - una trasmissione chiaramente orientata alla colpevolezza degli imputati anche riguardo alle gravissime accuse di omicidio, avrà un’enorme influenza sulle persone che saranno chiamate a giudicare come giudici popolari il dottor Brega Massone e i suoi coimputati nel processo d’appello che si svolgerà prossimamente a Milano. La stessa cosa è avvenuta, certamente, quando poche settimane prima dell’inizio del processo di primo grado vennero trasmesse tre puntate di “Un giorno in pretura” (trasmissione di solito esemplare nel presentare, seppur in sintesi, prospettive processuali contrapposte) in cui vennero presentati esclusivamente stralci delle deposizioni dei pazienti e dei consulenti della Procura, senza nessuno spazio per testi e consulenti della difesa del dottor Brega Massone e dei coimputati.

Eppure, a giornalisti professionisti dovrebbe essere noto che l’influenza dei “media” sul convincimento dei giudici (non solo popolari) è studiata da tempo dai criminologi di tutto il mondo e non è un’invenzione della difesa del dottor Brega Massone; così come Vi è sicuramente noto che esiste in Italia un principio costituzionale, prezioso per tutti noi (nessuno escluso), di presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva.

Per darVi un’idea di cosa sia stata nel processo Santa Rita l’influenza dei media, ci limitiamo a menzionare un episodio: in una delle prime udienze del dibattimento in Corte d’Assise il presidente della Corte, dovendo decidere sull’ascolto in aula delle “famose” conversazioni telefoniche del dottor Brega Massone, ebbe a dire che la questione non aveva senso, posto che quelle telefonate erano da tempo note a tutti i membri della Corte, per essere state più volte trasmesse da televisione, riportate sui giornali, circolate in rete ecc. (la trascrizione è a Vs. disposizione). Risentirle in aula sarebbe stata - disse con schiettezza il presidente - “una presa in giro”.

Nessuna “autorizzazione” di un Tribunale civile a trasmettere una fiction, quand’anche esistesse, potrebbe “coprire” una così evidente alterazione delle normali dinamiche processuali: il mancato ascolto in aula di conversazioni telefoniche per sopravvenuta inutilità, causata da martellamento mediatico!

Ora, quegli stessi frammenti di conversazioni, estrapolati da colloqui lunghissimi e spesso complessi, saranno entrati (o, una volta recuperati in rete, entreranno), grazie a “L’Infiltrato”, nelle orecchie e nella mente dei sei giurati popolari che costituiranno la Corte d’Assise d’Appello. Ed anche degli stessi giudici togati.

Nello stesso tempo, nella docu-fiction del 13.12 non è stata spesa mezza parola sul fatto - che avrebbe davvero meritato l’interesse di un servizio pubblico, come tale imparziale ed equilibrato - che i casi contestati al dottor Brega Massone, nei tre processi penali di merito che sono stati fin qui celebrati, non sono mai stati sottoposti alla valutazione di periti super partes, scelti non dal Pubblico Ministero ma dal Tribunale o dalla Corte d’Appello. Di fatto, le sentenze di condanna si sono basate esclusivamente sui pareri dei consulenti tecnici della Procura di Milano (gli unici che hanno avuto un ruolo nella docu-fiction), nonostante che a favore del nostro assistito si siano espressi, a titolo gratuito come si usa fare fra colleghi, esperti di chiarissima fama: un nome per tutti, quello del professor Massimo Martelli, per decenni primario dell’Ospedale Forlanini di Roma, autore di migliaia di interventi di chirurgia toracica (e medico di grande umanità, da tutti riconosciuta).

Quello che viene normalmente disposto anche per i più banali danni da incidenti stradali - una consulenza super partes, resa da periti scelti dal giudice - è stata più volte negata al dottor Brega Massone e agli altri imputati del processo, poi condannati a pene molto pesanti per imputazioni di estrema gravità.

Di tutto questo nella docu-fiction non c’è traccia, anche se sarebbe stato facile (e doveroso per un giornalismo indipendente) utilizzarne almeno qualche minuto per far sentire voci diverse da quelle dei consulenti dell’accusa.

Ci sono, invece, oltre a parecchi errori, grossolane omissioni, che dimostrano l’ottica acritica ed unilaterale dell’intera operazione. Errori e omissioni quanto mai dannosi per il nostro assistito, posto che quanto “sentenziato” dalla docu-fiction televisiva rischia di essere recepito, più o meno consciamente, come “verità” dai membri (non togati) della Corte che pronuncerà la sentenza d’appello nel secondo processo.

Se la docu-fiction fosse stata realizzata con lo scrupolo professionale dovuto, e quindi tenendo conto (oltre che dei dati auditel) anche degli interessi degli imputati (presunti innocenti), non sarebbe sfuggito il rilievo processuale essenziale degli argomenti che seguono (al pari di altri che qui non citiamo) e sarebbero state evitate approssimazioni non tollerabili:

- la dottoressa Arabella Galasso, le cui telefonate “accusatorie” occupano una buona parte della trasmissione, in dibattimento ha riconosciuto che il loro contenuto era esagerato e risentiva di dicerie all’interno dell’ospedale che erano dettate da invidia professionale. In aula, sotto giuramento, la Galasso ha espresso il proprio rammarico al dottor Brega Massone per le espressioni usate;

- di una presunta “denuncia per plagio” (con riferimento alla redazione di pubblicazioni scientifiche del dottor Brega Massone) non è mai esistito alcun riscontro processuale;

- allo stesso modo, non vi è mai stata traccia processuale, sotto forma di denuncia, indagini, processi, di “manomissioni” e “falsi”, presentati al solito come dati di realtà, che il nostro assistito avrebbe perpetrato nella cartella clinica del sig. Schiavo. E la questione è di grande delicatezza, visto che si tratta di uno dei casi su cui è stata costruita un’imputazione di omicidio volontario;

- la sig.ra Zito, che nel corso di un’intervista inserita nella docu-fiction, ha stigmatizzato il comportamento del dottor Brega Massone che, a suo dire, la avrebbe sottoposta a interventi inutili, durante la causa civile da lei intentata per il risarcimento del danno è stata sottoposta ad una Ctu (consulenza tecnica d’ufficio, in sostanza a una perizia svolta da medici scelti dal giudice, quindi disinteressati e imparziali) che ha attestato la correttezza di tutti e tre gli interventi svolti dal dottor Brega Massone, anche e soprattutto sotto il profilo delle indicazioni chirurgiche;

- lo stesso è avvenuto rispetto all’unica altra paziente (la sig.ra Maria De Pol) che, pur essendo “persona offesa” nel processo penale, ha scelto di agire per il risarcimento dei danni in una separata causa civile: anche in quel caso, consulenti d’ufficio indipendenti e ovviamente diversi da quelli utilizzati dai giudici penali per motivare le condanne, hanno attestato l’assoluta correttezza - anche e soprattutto sul tema delle indicazioni chirurgiche - dell’operato del dottor Brega Massone e della sua equipe.

Ma - ripetiamo - gli esempi potrebbero moltiplicarsi: l’inesistente mutilazione del seno subita da una ragazza diciottenne; la disinvolta accusa di “eliminazione delle prove”, formulata da “L’Infiltrato” senza alcun rispetto per risultanze dibattimentali di segno opposto; l’omissione, nella estemporanea consulenza telefonica del dottor Legnani al notaio Pipitone, della circostanza, riferita dallo stesso Legnani durante la conversazione, che egli non aveva ancora preso visione di lastre e tac.

Ma non le hanno viste, del resto, neppure i consulenti del P.M. il cui parere è stato utilizzato, senza disporre perizie, per infliggere pene elevatissime agli imputati.

Tutte queste cose, che dovrebbero fare rabbrividire o almeno preoccupare tutti noi, l’opinione pubblica non le ha mai sapute e continua a non saperle dopo due ore di pseudo-documentario: evidentemente non interessano a Rai 3, che ha preferito cavalcare - dopo sei anni e mezzo, il sabato sera in prima serata - le suggestioni del “mostro” e della “clinica degli orrori”, che meglio si prestano ad assecondare gli appetiti di un pubblico desideroso solo di un comodo quanto odioso capro espiatorio. Temi noiosi e demodé come i principi costituzionali e la tutela che, in un sistema civile, spetta a qualsiasi persona (nessuna esclusa) sottoposta a processo penale, per il “servizio pubblico” possono aspettare...

Nel riservarci di intraprendere tutte le iniziative tese alla tutela dei diritti - anche costituzionali - del dottor Brega Massone, porgiamo distinti saluti.

Milano, 18 dicembre 2014

Prof. avv. Luigi Fornari , Prof. avv. Vincenzo Vitale

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:21