Con le Fondazioni la politica è privata

domenica 21 dicembre 2014


Abolito solo dal 2017 il finanziamento pubblico dei partiti dato dai rimborsi elettorali, la nuova cassaforte sono le fondazioni politiche che si avvalgono di donazioni, atti di liberalità, sottoscrizioni. Sono un centinaio, raccolgono fondi e cinque sono già finite nell’inchiesta Mafia Capitale. Chi controlla? I partiti non hanno più alcuna struttura sul territorio, esprimono dirigenti inadatti a decidere, e le fondazioni sono l’espressione di ambizioni di pochi o piccoli gruppi, o meglio sottogruppi di correnti.

Le fondazioni raccolgono fondi di cui non devono rendere conto né di come ne dispongono, né di chi ne è il benefattore privato. Sono collettori di denaro di cui non si sa né la provenienza nè la destinazione. Ottengono i soldi che sono poi il vero motore delle campagne politiche elettorali. Centinaia di migliaia di euro senza darne conto a nessuno. Totalmente fuori controllo. Nessun obbligo di bilancio, né dei finanziatori. Da chi provengono i fondi? Come? Soprattutto, perché?

In Italia ci si indigna per gli scandali ma non si pone alcun rimedio, non seguono disposizioni e decisioni adeguate. Le fondazioni sono macchine per corrompere dirigenti pubblici, facilitatori, e fare affari: appalti pubblici e utilità di ogni tipo. Alla cancellazione dei rimborsi elettorali, simboli del privilegio di casta e della dissipazione di denaro pubblico, dovrebbe seguire la pubblicità di contributori e contributi, circa la loro entità. La rappresentanza politica dovrebbe essere trasparente. Ci dovrebbero essere le regole, e queste dovrebbero essere trasparenti.

Ecco alcune fondazioni politiche che, fino al 1993 erano solo 33, e che oggi sono in crescita esponenziale, giunte a 105. Sono : Open.BigBang (Matteo Renzi), VeDrò (Enrico Letta), Italianieuropei (Massimo D’Alema), Futuro Sostenibile (Francesco Rutelli), Nuova Economia Nuova società (Pierluigi Bersani), Human Foundation (Giovanna Melandri), Alcide De Gasperi (Angelino Alfano), Magna Carta (Gaetano Quagliarello), Riformismo e libertà (Fabrizio Cicchitto), Europa e Civiltà (Roberto Formigoni), Costruiamo il futuro ( Maurizio Lupi), Nuovo Millennio per una Nuova Italia (Pellegrino Capaldo), Fare Futuro (Adolfo Urso), Nuova Italia (Gianni Alemanno), Libertà per il Bene Comune (Altero Matteoli), Free Foundation (Renato Brunetta), ResPublica (Giulio Tremonti), Ricostruiamo il Paese (Flavio Tosi), Cristoforo Colombo (Claudio Scajola). Sponsorizzate variamente da enti pubblici e banche quali Eni, Enel, Finmeccanica, Autostrade, Telecom, Edison, Unicredit, Intesa/San Paolo, Ferrovie eccetera.

Il tavolo della cena di Renzi? Pagato alla fondazione dalla cooperativa in affari con Mafia Capitale, nessun nome degli invitati, né dei contributi, tace Francesco Bonfazi, tesoriere del pd di Renzi. Sono tuttora da restituire (ma non Renzi non lo fa) ben 140 mila euro provenienti dalle coop di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e incassati dal pd di Renzi, da Renzi stesso e dai suoi al governo. Chi finanzia la politica? Si pensi al caso di Luigi Lusi, arrestato nel 2012 per appropriazione indebita dei rimborsi del partito di Rutelli, che nel 2009 ha girato più di un milione di euro alla fondazione creata da Rutelli e Improta, quest’ultimo attualmente assessore ai trasporti di Roma, dal nome “Centro per il futuro sostenibile”. Fondazione che ha versato migliaia di euro all’Api di Rutelli e a Rutelli stesso. I soldi, tolti lo sconcio dei rimborsi, oggi arrivano da lì, dalle fondazioni. Il giro funziona così: gli imprenditori e gli enti pubblici foraggiano le fondazioni, le quali sono guidate dai politici che decidono gli aiuti alle aziende e nominano i vertici delle stesse partecipate. I conflitti di interessi sono enormi, e l’assenza di trasparenza totale.

La destrutturazione della politica passa oggi attraverso il fatto che tali fondazioni sono la struttura meramente personale o simil tale a disposizione del capo corrente di turno e dentro cui attingere le risorse, il personale e l’intera dirigenza. Si sta passando dalla torta/banchetto del finanziamento pubblico alle case di cristallo delle fondazioni.

Ma se il partito è liquido, perché non privatizzarlo? Se il privato può contribuire alla fondazione che fa la politica, cioè se, poi, nei fatti, chi dispone di più soldi, avrà maggiore spazio sulla scena pubblica, perché non privatizzare del tutto?


di Francesca Romana Fantetti