Avanti c’è posto per le... polemiche

Avanti c'è posto! No, per carità non stiamo parlando della pellicola del 1942 di Mario Bonnard ma del nuovo, un vero e proprio balletto, o meglio del ripetersi di un copione ormai logoro e scontato dello scontro tra poteri dello Stato. Altro inizio di anno giudiziario, altre polemiche, altre barricate all'orizzonte. Quando si ritiene che la politica e la giustizia siano la stessa cosa e quando in quello che dovrebbe essere un civile dibattito il dissenso delle opinioni si trasforma in scontro politico, allora vengono meno i valori della giurisdizione.

Santo cielo, ma si può essere così miopi e corporativisti da non capire che in un momento così delicato e critico per il percorso delle riforme istituzionali non c'è tempo solo per la difesa delle conventicole ma della tutela dei valori costituzionali della giurisdizione contro ogni logica individualistica e corruttibile? No, 'avanti c'è posto'... per le polemiche e per i distinguo tra politica e magistratura. Politica e giustizia certamente non sono la stessa cosa perché invece delle tentazioni comiziali e delle requisitorie mediatiche, certa magistratura dovrebbe richiamarsi al ruolo che gli compete con il corretto assolvimento delle proprie funzioni, con il proprio riserbo, con la corretta interpretazione delle leggi e non con l'esternazione pubblica delle proprie opinioni politiche che mettono in dubbio, agli occhi dei cittadini, indipendenza e imparzialità.

Questi, inoltre, hanno una causa-effetto devastante, in quanto classificabili come atti contrari allo spirito della Costituzione e al codice deontologico. Ancora più devastante è il collateralismo di una parte della magistratura con l'idea di casta unica custode del 'verbo' assoluto che soventemente sui problemi della giustizia assume atteggiamenti unilaterali che confliggono coi valori propri di una società liberale. Perché? Perché siamo convinti che la civiltà giuridica si sostanzia in un complesso articolato di valori, che possono talvolta apparire in conflitto fra loro; la giurisdizione è il luogo dove magistrati imparziali e riservati danno concreta attuazione al comportamento e alle integrazioni di valori e interessi diversi, accertando i fatti in conformità alle norme processuali e valutandoli secondo legge e giurisprudenza.

Invece? Invece le dichiarazioni di certa magistratura hanno innescato il solito valzer di quello che ormai è diventato un 'processo di estremizzazione' politica che non allontanano ma alimentano il 'legittimo sospetto' della politicizzazione di una frangia della magistratura che tenta di affermare una visione della giustizia stessa in salsa giocobina e forcaiola. La strada dei polveroni, come quello sollevato all'inizio dell'anno giudiziario, rischia di portare tutti sul pericoloso sentiero di un clima di pericolosa sfiducia delle istituzioni, che ha già arrecato tanti danni al Paese. Infine, ritengo che le critiche siano sempre legittime ma le forzature sono istituzionalmente fuori luogo.

Il dubbio rimane ma anche la convinzione che certa magistratura non voglia accettare qualsiasi riforma che modifichi una visione che poggia sul concetto castale della corporazione, corporazione al quale sarebbe sempre e comunque utile ricordare che sì è un ordine indipendente e soggetto solo alla legge. Le leggi li fa il Parlamento. Se certi magistrati non condividono il percorso di riforme, si facciano eleggere in Parlamento. Le parole in libertà spesso possono scadere in 'atti di sedizione' il ché non fa bene né alla Giustizia né al Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:19