Democrazia liberale:  il suicidio politico

Non si dovrebbe dissentire dal direttore del giornale su cui si scrive. Ma, trattandosi dell’Opinione, si può. Dunque, dissento. Né la legge elettorale, che mi rifiuto di chiamare “italicum”, perché è semplicemente un “renzino”, prepara un “bipolarismo maturo”, né “la scelta del Cavaliere” risulta “lungimirante”. Vero è che nel Bel Paese bisogna accontentarsi in fatto di politica, ma il “renzino” è davvero troppo fantasioso e pericoloso: una miscela che solo la creatività partitocratica della politica nostrana poteva partorire. Il “premio di minoranza qualificata” fotografa la situazione esistente. E’ un premio che l’attuale maggioranza dà a se stessa.

I capilista bloccati in collegi plurimi (fino a 10!), una blindatura più solida di Fort Knox, sono il premio che gli attuali capi partito attribuiscono a se stessi, dandosi di gomito: un premio di autoconservazione. La soglia di sbarramento minima, al 3%, è il “premio di sopravvivenza” che i partiti grandi concedono ai partiti piccoli per ottenerne la tacita connivenza. Le quote rosa, checché ne dicano i costituzionalisti politicamente corretti, sono una palese violazione del principio di uguaglianza (“senza distinzione di sesso…”). Il voto di preferenza per eleggere i comprimari sta a cavallo tra la burla, perché gli eletti con le preferenze saranno meno dei nominati, e la frode, perché il capolista nominato potrà optare in modo da vanificarle in parte. Il secondo turno è una trovata conciliabile con il governo parlamentare stabilito dalla Costituzione? Ad un governo eletto dal popolo può applicarsi il ballottaggio, come in Francia.

Ma ad un governo nominato dal presidente della Repubblica, ad un governo legittimato dalla fiducia parlamentare anziché dal voto popolare, può attagliarsi un ballottaggio elettorale? Il sistema escogitato dal “renzino” mette il capo dello Stato alla mercé del governo o, comunque, introduce un elemento divaricatore tra i due, senza garantire in assoluto la stabilità di governo perseguita. Che logica c’è nel conservare il premio se gli eletti nella lista premiata passano all’opposizione? I proclamati in base al premio non dovrebbero decadere in caso di scissione? “La scelta del Cavaliere appare sicuramente lungimirante…” afferma il nostro direttore.

“Lungimirante, per chi”? mi domando. Prescindendo da futuribili scenari, nella situazione attuale il “renzino” spappola l’opposizione. E questo è male, un male esiziale per il pieno funzionamento della democrazia liberale. Non l’esistenza di un governo fa la democrazia, ma l’opposizione degna del nome, effettiva ed efficace.

E come può formarsi un’opposizione dove il governo muove in groppa all’elefante e l’opposizione è sfrangiata in gruppi di belanti caprette? Inoltre l’opposizione, per essere davvero degna del nome, dev’essere liberale. Ebbene, non si è vista all’opera contro il “renzino” e dovremmo credere che, a breve, si formerà dopo la sua applicazione? Non vogliamo morire democristiani; moriremo democristiani; potessimo morire democristiani: come cambia, l’Italia!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26