Grecia, alea iacta est

Saremo pure catastrofici, ma noi diciamo evviva sulla vittoria di Tsipras, noi che con lui politicamente non condividiamo niente. Gli ipocriti dell’euro dovranno rassegnarsi. Finalmente avremo la prova che si può cambiare, che la moneta unica non è un totem e che il patto di stabilità è demenziale.

Cade così lo spauracchio della tragedia metropolitana di una revisione o addirittura di una uscita dall’euro. Il ridicolo messaggio di terrore di fronte al fallimento delle politiche di austerità e della fine della moneta unica non ha retto. Da oggi gli intransigenti diventeranno disponibili, i rigoristi saranno pronti a trattare e i fanatici dell’euro inizieranno ad avere paura. Questo è il primo grande successo della Grecia: costringere la paura a cambiare casa. D’ora in avanti il terrore trasloca e finalmente si piazza in Bundesbank ed in tutte quelle stanze di potere che hanno lucrato su di noi.

Ci viene in mente quella bellissima frase di Papa Wojtyla: “Non abbiate paura”; il popolo greco l’ha fatta sua, e adesso tocca a tutti gli europei che non ne possono più e vogliono riprendersi il futuro. È possibile cambiare i trattati, è possibile uscire dall’euro, è possibile smentire gli ipocriti, è possibile addirittura convincere i mercati che, nel medio periodo, conviene anche a loro che l’euro finisca. Anche la più spregiudicata delle speculazioni, infatti, guarda avanti, sapendo bene che il suo obiettivo è di pescare e se il mare si prosciuga non conviene più. Serve dunque un nuovo mare e questo non potrà che essere quello di un’Europa diversa, la cui unità non dovrà basarsi sulla moneta, ma sulla lotta alla povertà, alle disuguaglianze, alle ingiustizie sociali ed economiche.

Qui non si tratta di essere keynesiani o monetaristi, si tratta di capire che gli anni di sviluppo di benessere sono stati quelli senza l’euro. Dall’ingresso della moneta unica – tranne la Germania (guarda caso!) e pochi altri in Europa – per Francia, Italia, Spagna, Portogallo ed ovviamente la Grecia è iniziata una vera e propria via crucis.

Sappiamo che uscire ed abbandonare l’euro non sarà come succhiare una caramella; ci saranno sacrifici iniziali; ci sarà da fare i conti con gli investitori e la fiducia dei mercati, ma battere moneta in proprio e tirare su le maniche garantirebbe la speranza del futuro. Sta tutta qui la differenza, nell’avidità di chi vuole troppo, di chi vive sulle spalle degli altri, di chi pensa di avere inventato il moto perpetuo dell’arricchimento e dello sfruttamento.

Ha ragione Matteo Salvini ed anche Marine Le Pen ed a maggio toccherà agli inglesi, che pure per loro fortuna la moneta unica non ce l’hanno. Persino l’apprezzabile tentativo disperato di Draghi non basterà stando così le cose. Si smetta di paragonare il Quantitative easing della Banca centrale europea con quello della Fed in America.

Ringrazieremo la Grecia e non i fondatori dell’euro, la ringrazieremo ancora di più capendone il coraggio e la determinazione con la quale ha deciso di cambiare. E per farlo non serve la rivoluzione, basta il voto democratico. La settimana si è aperta con un colpo di scena importante, speriamo che non si chiuda male con la corsa al Quirinale, perché da quel che si legge noi la vediamo nera.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:18