Sulla libertà di parola

La frase attribuita a Voltaire, "sono contrario a quello che dici, ma mi batterò fino alla morte per il tuo diritto di dirlo" è diventata moneta comune da quando l'Europa ha scoperto di "essere Charlie Hebdo" - la rivista satirica francese la cui redazione è stato oggetto di un attacco terroristico omicida all'inizio di questo mese. Allo stesso tempo, ci sono quelli che hanno dato un messaggio opposto: "Certo, io sono assolutamente contro l'omicidio, ma dobbiamo rispettare ciò che è sacro per gli altri."

Papa Francesco, nel suo tipico stile intimo ed informale, come quello di un saggio nonno o dello zio preferito, ha dichiarato ai giornalisti sull’aereo diretto nelle Filippine: "Non si può uccidere [...] ma non si deve insultare la fede degli altri [...] se uno offenda mia mamma, lo aspetta un pugno! E’ normale!” Qui sorge spontanea una domanda. E se per me, mia "madre" fosse il presidente o il re del mio Paese, o il mio Paese stesso? Che cosa succede se sono le mucche ad essere sacre per me? O un partito politico? O un totem? Dove dobbiamo fermarci? E perché mai la satira dovrebbe rispettare questi limiti ma allo stesso tempo poter incitare all’odio - non alla risata, ma all'odio - come nelle centinaia, le migliaia di vignette contro gli ebrei e gli israeliani pubblicate dai media arabi nel corso degli anni? Un paio di esempi tratti da uno studio redatto da Tom Gross (http://www.tomgrossmedia.com/mideastdispatches/archives/001305.html) sono emblematici: il 24 luglio 2002 Al-Watan in Qatar pubblicò una vignetta recante l’allora primo ministro Ariel Sharon intento a bere da un calice con su l'etichetta "Sangue dei bambini palestinesi".

Scrive Gross: "Ebrei che bevono il sangue sono ritratti spesso nei media arabi", e ci mostra una vignetta tratta dal giornale egiziano Al Ahram dell'aprile 2001, che mostra “un arabo che viene schiacciato da un mulino azionato da due soldati israeliani. Il sangue arabo schizza fuori e due ebrei lo bevono ridendo". Che cosa dobbiamo dire dell’enorme mole di scritti e vignette antisemite che hanno circolato nel 20esimo secolo, in particolare in Europa prima e durante la seconda guerra mondiale, diffamando gli ebrei come persone e il giudaismo come religione? Queste vignette hanno contribuito notevolmente a creare il clima di odio in cui l’antisemitismo omicida del nazismo crebbe e fiorì.

Eppure, né allora né oggi gli ebrei in nessuna parte del mondo hanno fatto ricorso alla violenza e al massacro in risposta a disegni o parole. Gli ebrei hanno preferito intraprendere azioni legali contro l’incitamento alla violenza (rese possibili, ad esempio, dalla Legge Mancini in Italia) e contro i negazionisti nei paesi in cui esistono leggi contro la negazione dell'Olocausto. In altri casi, gli ebrei si sono limitati a protestare a gran voce le loro critiche, volte a sensibilizzare l'opinione pubblica. Oggi gli ebrei in Europa, ed i cristiani, gli yazidi, i musulmani moderati, i non credenti, gli atei, e gli omosessuali in Medio Oriente, Asia e Africa sono perseguitati e uccisi con ferocia semplicemente per la loro religione (o per la sua assenza) o la loro identità di genere - o perchè sono persone che osano rifiutarsi di credere nell'Islam fondamentalista. Preoccuparsi per gli eccessi di libertà di espressione che potrebbero offendere ciò che è sacro per gli altri può mascherare una insinuazione di colpa e di responsabilità della propria morte degli autori di Charlie Hebdo. Senza dirlo esplicitamente, l'insinuazione è, "sapevano a cosa andavano incontro e il loro cattivo gusto e l’arroganza sono stati la causa delle loro morti violente", così in qualche modo legittimando pericolosamente la violenza.

La stessa argomentazione potrebbe essere applicata allo stupro o al femminicidio: "Se la andava cercando, perché indossava la minigonna" oppure "è stata lei la causa delle molestie sessuali perché portava un maglione corto aderente" o ancora "suo marito l'ha uccisa perché lei lo provocava con il suo atteggiamento troppo amichevole con altri uomini". Le pseudo-giustificazioni per l’inciviltà barbarica sono infinite. Sta diventando di moda per la maggioranza di persone di mentalità tradizionale dichiarare "Io non sono Charlie", convinti che in questo modo stiano difendendo le virtù morali. Ma la questione principale in gioco oggi non sono gli eccessi di satira. La satira può essere molto offensiva e anche di pessimo gusto; ma il suo scopo è iconoclasta per definizione e deve rimanere totalmente priva di censura, anche quando è aspra e volgare. Dobbiamo tenere presente che gli autori satirici non hanno mai ucciso nessuno.

Al contrario, ogni dittatura della storia, dalla Chiesa medievale dell'Inquisizione sino al fascismo, al nazismo e al comunismo, ha ucciso i suoi autori satirici, i suoi umoristi, i suoi artisti, i suoi intellettuali, i suoi liberi pensatori. Abbiamo combattuto e vinto guerre contro questi sistemi totalitari - che sono anche sistemi di controllo mentale - a un prezzo molto caro di "lacrime e sangue" (come disse fatalmente Churchill). Ciò che è minacciato ed in pericolo oggi non è il nostro senso del sacro, ma sono proprio queste libertà per le quali abbiamo lottato fino alla morte. Oggi siamo liberi di continuare a coltivare le nostre credenze religiose o la libertà di non credere protetti dalla legge, grazie ad alcune pietre miliari come la Magna Carta del 1215, la Dichiarazione d'Indipendenza delle colonie americane e la Costituzione degli Stati Uniti del 1776, la Rivoluzione Francese del 1789 e, soprattutto, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948 e il trattato di Lisbona dell'Unione Europea del 2009.

Se qualcuno di noi si sente profondamente offeso da un disegno o da delle parole, è libero di inoltrare cause legali contro coloro che diffamano, forse mandandoli in prigione o condannandoli in maniera esemplare, o facendogli pagare multe esorbitanti. Ma non ci è permesso di ucciderli. Sostenere la libertà di parola senza limiti può a volte farci venire il voltastomaco, ma la libertà dei nostri avversari costituisce la nostra stessa libertà. Dobbiamo mantenere il nostro sistema democratico e laico intatto e proteggerlo dalle incursioni dei sistemi giuridici crudeli e obsoleti ma ancora in voga in altre parti del mondo. Le leggi dell'Europa nel contesto di una rigorosa separazione tra religione e Stato, non prevedono la pena di morte per diffamazione o calunnia di alcun tipo, nemmeno della religione, né mai dovrebbero prevederla. Al contrario, uno statista britannico contemporaneo, ha parlato proprio della “libertà di bestemmiare.

" Quello che ci dovrebbe far preoccupare ora sono gli obiettivi e l'ideologia dei terroristi di ISIS, Al Qaeda, Boko Haram ecc. che rappresentano l'antitesi della nostra civiltà. Come nella guerra civile spagnola, dovremmo cantare "No pasaran". Le conseguenze della legittimazione dell’empatia e della comprensione per chi si sente offeso dalla satira e risponde con la violenza invece che con i mezzi legali o verbali, si inquadrano nell’ottica della rapida crescita dell'antisemitismo e dell'emigrazione di cittadini ebrei europei, del pregiudizio indiscriminato contro tutti i musulmani, e del pericoloso rafforzamento dei partiti razzisti della destra politica europea.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:28