Idiosincrasie Cgil, dalla Fiat alle Tlc

Nell’impresa leader digitale italiana è in atto uno scontro simile a quello vissuto negli anni scorsi in Fiat. Ancora una volta uno scontro interno al primo sindacato italiano, la Cgil; ancora una volta uno scontro più partitico che sindacale legato al rapporto che questo sindacato ha con il suo partito di riferimento. Come si ricorderà, in Fiat avvampò un vero e proprio incendio sul nuovo modello contrattuale triennale che Uil e Cisl firmarono da sole dal momento che la Cgil si rifiutava di firmare qualcosa con il governo di destra. Quando con i governi delle larghe intese si ricostituì l’unità della triplice sindacale e pian piano vennero meno le critiche al modello contrattuale il cerino della battaglia di principio, tipicamente partitica, rimase in mano solo ai metalmeccanici della Fiom, che spaccarono l’unità sindacale e lo stesso congresso generale della Cgil.

Quella lotta, sindacalmente di poco senso, s’intrecciò con la crisi del mercato automobilistico e diede ampie giustificazioni alla Fiat, impegnata in vasti piani d’internazionalizzazione, per sganciarsi dai conflitti, da Confindustria ed infine dall’Italia. Giustamente, Maurizio Landini, leader Fiom, afferma oggi che la Fiat non c’è più. Ed è colpa sua. La sterile conflittualità contro gli altri sindacati gli ha dato il peso da leader di sinistra, anche grazie ad un prezioso sostegno mediatico, indifferente al fatto che Fiom fosse divenuta minoritaria nel voto dei lavoratori. Lo scontro interno, e tutto politico, al Partito Democratico ed alla Cgil sull’opportunità o meno di colloquiare con le destre, è stato più importante dei posti e delle sedi di lavoro. Oggi si ripete lo stesso schema nelle telecomunicazioni (Tlc), più precisamente nelle trattative sindacali del settore delle relazioni con il cliente, chiamato con diversi acronimi, Crm, call center, Caring. Il settore in oggetto consta di 9mila lavoratori, un quinto della società. Si discute da marzo l’ipotesi di scorporo in una società indipendente, di chiusura sedi, di un più stretto controllo sul lavoratore e di una messa in comune delle competenze per l’indirizzamento immediato al più competente. Lo si può fare per l’importanza del gruppo di appartenenza e per la massa delle persone coinvolte. Una simile discussione, però, è impossibile per gli altri 50mila lavoratori dei call center inclusi nella contrattazione Tlc e per il doppio distribuito in una miriade di piccole imprese, divisi dai più diversi contratti.

Tutti i lavoratori delle relazioni con il cliente, dalla grande alla piccolissima impresa affrontano l’incrocio di impegni sempre più grandi e professionali con il rapido calo del valore delle attività. Il valore è fissato in larga parte dalla domanda concentrata dell’acquirente pubblico che non solo chiede sempre maggiori ribassi, ma che attraverso il mercato elettronico ha creato uno standard implementativo dello sconto. All’acquirente privato non resta che seguire l’occasione dei servizi a buon mercato in qualche modo fissati dallo Stato. Nondimeno il confronto, che dura da un anno, ha sconfessato il dogma dell’utilità economica di dividere le attività di lavoro in tanti compiti parcellizzati delegati a imprese terze. L’outsourcing, che doveva far guadagnare, si è rivelato una perdita milionaria per l’azienda stessa. È evidente che l’unica strada di sviluppo e di competizione positiva nel mondo per il settore è quella di un’offerta di qualità dal costo congruo. Un’offerta ampia, differenziata, distribuita per piattaforme e contenuti è interesse delle imprese del settore e dei lavoratori. Al contrario, il peso di questa situazione cade inevitabilmente sull’offerta, quindi sull’impresa ed i lavoratori.

Dopo un anno di confronto il percorso unitario del sindacato si è spaccato tra Uil e Cisl da un lato e Cgil dall’altro, parallelamente alle divisioni sorte nel Pd tra maggioranza governativa e contestazione interna e contemporaneamente a passaggi indigesti quali l’acquisizione della rete Wind da parte del gruppo Mediaset e la privatizzazione di un terzo della rete trasmissiva Rai. La categoria della comunicazione del sindacato della Camusso, la Slc-Cgil, però, non è la Fiom e dopo aver fatto fuoco e fiamme ha aderito all’accordo. I semi del disaccordo però erano stati piantati e 20 rappresentanti di base della Cgil si sono rivoltati assieme a quelli dell’Ugl lasciando che si costituisse l’insolita maggioranza di 36 rappresentanti di base Uil e Cisl con 8 Cgil. Renziani contro antirenziani.

La digitalizzazione e virtualizzazione dell’80 per cento dell’economia, nei più diversi settori economici, dal pubblico al commercio e turismo, dal bancario all’industriale, dal professionale alla ricerca ha una delle sue colonne nelle relazioni con i tanti tipi di clienti esistenti. È il groviglio di standard, di obblighi privatistici, di norme, di regolamenti, d’informazioni necessarie che rende indispensabile un supporto immediato al mondo di consumatori, fornitori, applicatori, specialistici o meno. Questo settore sta divenendo sempre più un mix di supporto umano e automatismo applicativo; e si sta sbriciolando, in una diaspora di medie e piccole unità di servizio.

In realtà, la questione del contendere, quella del Cloud delle competenze, riguarda due rivendicazioni tutte esterne alle relazioni industriali dell’impresa leader digitale. La prima è la reductio ad unum dei tanti database, promossi in Europa, che catalogano attività, qualifiche e skill senza mai collegarli ai livelli stipendiali. La seconda è la necessità di ricontrattare diversi valori commerciali minimi orari con la domanda dei servizi. L’acquirente pubblico infatti non può confondere il suo ruolo d’amministrazione con quello di governo politico per fissare unilateralmente valori sempre più bassi di pagamento della fornitura dei servizi. Purtroppo è proprio un segretario del Pd ad aver vinto una grandissima gara con la Pubblica amministrazione con un ribasso del 90 per cento.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:25