Rai Way, un tassello  per la banda larga

Rai, Mediaset, Telecom: un groviglio di ipotesi, progetti, scenari futuri, sogni, illusioni. Il mondo della comunicazione e delle telecomunicazioni è in fermento. Politico e tecnico. La Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, presieduta dal senatore Giuseppe Vegas dal 2010) ha ricevuto la richiesta lettera del presidente di Rai Way, Camillo Rossotto, sugli atteggiamenti che terrà in merito all’Opa della controllata Mediaset, Ei Towers, per il 66,7 per cento delle torri di trasmissione pubbliche. Dopo le dichiarazioni del premier Matteo Renzi (il 51 per cento pubblico non si tocca) e del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan (nessuna trattativa con Mediaset per l’Opa su Rai Way) il quadro della situazione non si è affatto schiarito. Lo precisa il segretario della Cgil Susanna Camusso, secondo la quale il problema da capire è se la gestione rimane, con quali caratteristiche e se è sufficiente il 51 per cento per garantire un servizio pubblico e la sicurezza dei dati che passano per le torri. Come a dire la strada è ancora aperta a varie soluzioni.

Il Governo ribadisce che non intende perdere il controllo di Rai Way anche se il controllo di un’impresa non richiede il 51 per cento. Una quota è stata messa sul mercato nel settembre 2014 quando è stata quotata in Borsa (per avere i 150 milioni dalla Rai richiesti dal Governo Renzi) e le operazioni rispettano le regole del mercato. Lo Stato per esempio è sceso al 25,5 per cento in Enel e al 30 per cento in Eni. Inoltre con Terna per l’energia e Snam per il gas sono stati varati due operatori unici. Mediaset va avanti con la sua proposta: il 16 marzo sarà inviato il prospetto informativo, il 27 si terrà l’assemblea di Ei Towers sull’aumento di 370 milioni legato all’operazione di contanti e azioni, il 10 aprile ci sarà il giudizio di Rai Way sull’Opa e dal 20 aprile al 12 giugno l’offerta.

È possibile ripetere un’operazione, magari con l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, per le reti dei segnali televisivi e radiofonici? Operazioni in cui s’intrecciano aspetti politici e tecnici, riesumando accordi segreti contenuti dentro il Patto del Nazareno, senza tener conto che accordi occulti nel campo di società quotate in Borsa configura un reato penale. In ballo c’è la modernizzazione del Paese prevista dall’agenda 2020 dell’Unione europea con il passaggio alla banda extra larga con l’eventuale rottamazione del doppino di rame, in possesso dell’ex monopolista Telecom, per giungere alla nuova infrastruttura in fibra ottica, portando i cavi dentro casa. Ma nessuno dei paesi con i quali l’Italia si confronta ha mai pensato di “spegnere il rame”. Il dossier banda larga è da tempo sui tavoli di Palazzo Chigi con alterne vicende, fin dai tempi di Romano Prodi. Un’altra delle tante vicende italiane con intrecci e sospetti.

Nel 2001 l’allora vertice di viale Mazzini, il presidente Roberto Zaccaria e il direttore generale Claudio Cappon (entrambi della sinistra Dc), decisero di vendere Rai Way agli americani di Crown Castle, incassando 800 miliardi di vecchie lire per la cessione del 49 per cento della proprietà delle torri di trasmissione del segnale televisivo e radiofonico. L’azienda pubblica dovette restituire i soldi dopo il veto del Governo Berlusconi e del Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri che misero il veto. Ora il Governo ha prima dato il via ad una semiprivatizzazione di Rai Way quotandola in Borsa e poi ha deciso di bloccare la partecipazione pubblica al di sopra del 51 per cento. E Silvio Berlusconi che 14 anni fa non voleva vendere ora propone di comperare con l’Opa lanciata da “Ei Towers”, mettendo sul piatto 1,22 miliardi. “Opa irricevibile, ostile” ha precisato Rossotto trincerandosi dietro il Decreto del presidente dei Ministri del 2 settembre 2014 che impone a viale Mazzini di conservare la proprietà di almeno il 51 per cento dell’azienda dei ripetitori. È un’operazione di mercato, aggiunge Renzi e le regole vanno rispettate. Per i sindacati l’ipotesi di privatizzazione ha già messo in discussione il servizio pubblico e l’assetto della Rai. Il decreto di Palazzo Chigi, secondo gli esperti, non è insormontabile. Certamente che la maggioranza resti pubblica è una scelta politica che tocca al Governo ma le concentrazioni e gli incroci societari rientrano nella sfera di competenza dell’Authority.

È ipotizzabile in Italia, come avviene in Europa e particolarmente in Francia, Germania e Spagna e per le televisioni locali, la creazione di un operatore unico? Delle 58.300 torri installate un quarto appartengono a Telecom e Vodafone, poi Abertis, H3g, Wind e infine la Rai che mette 2.300 strutture di Rai Way con 600 dipendenti, e Mediaset con Ei Towers che mette i 3.200 pali o tralicci per trasmissione o antenne di diffusione del segnale. Wind per esempio ha in proprietà 7.300 torri che dopo una gara a 4 le ha cedute al gruppo spagnolo Abertis e Telecom si appresta a quotare il 35 per cento circa della sua società delle 11 mila reti Inwit.

Il mercato è in ebollizione e lo scontro su Rai Way è soltanto un tassello della riforma delle infrastrutture per la trasmissione dei dati con il pericolo che entrino i colossi come Netflix, American Towers Corporation, Crown Castle, SBA Communication Corporation. Analisti e osservatori da tempo rilevano che sul mercato si assiste ad una corsa alla conquista delle torri, cioè alle reti fisiche di antenne e celle che consentono di ricevere i segnali tv del digitale terrestre (voluto dalla legge Gasparri), delle radio e dei telefoni mobili.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:26