Tasse: delitto e castigo

Quale schiavo amerebbe il suo padrone, quale suddito il suo sopraffattore, quale disperato il suo usuraio, ovviamente nessuno, eppure è proprio questa la sintesi italiana, a partire dalla politica fiscale. Abbiamo combattuto per la libertà e i diritti civili, per ritrovarci in catene e sotto controllo del più spietato e ipocrita dei secondini: lo stato fiscale, lo stato di polizia fiscale, che in Italia, hanno voluto e ottenuto, menti distorte e malate, le stesse menti della Tasi, per intenderci. In un sistema come il nostro anche i Santi scapperebbero, un sistema che allontana, divide, inquieta e inasprisce i rapporti fra amministrazione e contribuenti, fino a ridurli a odio consapevole e lucido.

Quale ragione, infatti, può giustificare di sentirsi braccati “a prescindere”, spiati comunque, osservati alle spalle e dal buco della chiave, quale nobile intento può ammettere una tale privazione della privacy? In Italia, hanno istituito una authority apposita per garantirla e assicurarla, ci fanno riempire tutti i giorni pacchi di fogli e firme per rispettarla e poi politica e politici consentono che la gente venga tenuta sotto una tac fiscale, che spia ogni intimità economica a prescindere. Eppure si ha la sfrontatezza di parlare di fisco amico, comprensivo, ragionevole, dove sta la ragionevolezza di raddoppiare o triplicare le cifre? Intimorire con lettere minacciose? Mettere in ansia persone e categorie? Impaurire anche i fantasmi? Ma mi faccia il piacere! Diceva il grande Totò.

Il risultato di questa politica assurda è la rottura di ogni rapporto di fiducia fra fisco e cittadini, l’eliminazione di ogni pur minimo stimolo al consumo, l’abolizione, dovunque e comunque, anche del pensiero di spendere e investire. Non c’è legge al mondo che possa giustificare il principio di braccare a prescindere, inquisire ex ante, una barbarie giuridica insopportabile e miope, specialmente in un quadro come quello italiano. Sì, perché il quadro e il contesto contano eccome, in un paese dove la politica, i politici e la classe dirigente, fossero in larga parte onesti, meritevoli e saggi gestori del denaro pubblico, anche regole indigeste potrebbero avere un senso, ma in Italia no. In Italia, il danaro pubblico è stato usato soprattutto per sperperare, dissipare, rubare, è stato ed è usato per dare vitalizi ai politici condannati in via definitiva, per elargire pensioni d’oro, per saldare liquidazioni enormi a manager che hanno distrutto e rovinato aziende pubbliche. In Italia, il sudore della gente è stato ed è usato, per sostenere gli enti inutili, per tappare i buchi di bilancio, per finanziare una politica che, quasi sempre, finisce indagata per sperperi e corruzioni.

In Italia, nel 1989, dunque ben prima di tangentopoli, con la piena e motivata adesione del Pci, vennero condonati e cancellati i finanziamenti illeciti dei partiti, che erano ciclopici. In Italia, con il governo Amato e con Ciampi governatore Bankitalia, per difendere un cambio indifendibile e non si sa perché, furono bruciati decine di migliaia di miliardi di lire pubbliche. In Italia, sono fallite tecnicamente centinaia di aziende, che per sistemarle c’è voluta un’enormità di soldi nostri, c’è stata Parmalat, Cirio, Lenzuola d’oro, Traghetti d’oro, Loockeed, Enimont, e per finire MPS. In Italia, votarono Pci compreso, baby pensioni, coperture finanziarie per IRI, ENI, EFIM, votarono di tutto pur di tappare mala gestione e malaffare e adesso ci dicono che la colpa è dell’evasione privata se lo Stato porta il debito che porta, una vergogna e una ipocrisia. L’evasione certo che va combattuta con costanza e buon senso, ma lo Stato lo hanno rovinato e continuano a rovinarlo, politica e politici e lobby contigue, altro che chiacchiere e poi ci vengono a terrorizzare a prescindere.

Chiunque sapesse di economia capirebbe che quando aumenta così incredibilmente la spesa pubblica, senza che il Pil si muova di un millimetro, c’è puzza di bruciato, c’è un bilancio che non tiene, una vasca bucata che non si riempirà mai. Chiunque direbbe che per produrla, la ricchezza, va stimolata, colpendola poi con le imposte indirette e progressive, modulate sui generi acquistati. Chiunque direbbe che a fare guardia e ladri, il fisco non funziona, non tiene, non regge e noi ci siamo a un passo. Non può resistere un sistema come il nostro, sta esplodendo e lo sanno bene, tassati, tartassati, perseguitati, costretti a chiudere, tutto pur di riempire quella vasca bucata che non vogliono, non possono e non sanno tappare. Continuando così ci sono due strade possibili: o il collasso fiscale dello Stato (leggasi O’Connor), o prima o poi la rivolta dei cittadini.

La maggior parte degli italiani, per non dire tutti, hanno problemi, liti, sospesi o contenziosi e cartelle, in questi anni poi non ne parliamo, tra mazzate, regole cervellotiche, adempimenti e inasprimenti, si è toccato il vertice, senza citare gli esiti più tristi, è un problema sociale! O la politica, che è la più grande responsabile di questo sfascio, capisce che è ora di pacificare, semplificare, abbattere, resettare, sostenere e ripartire sul pulito, sul giusto, sul chiaro, sul facile, restituendo così fiducia, sostenibilità, reciprocità all’azione fiscale e al rapporto fra Stato e contribuenti, o la macchina salterà per aria. Ed allora, bravi, Nicola Porro e Gianluigi Paragone ad insistere, nelle loro trasmissioni, Virus e la Gabbia, sulla questione fiscale, sulle paure della gente e sulla disperazione di chi, ammesso che abbia sbagliato, non sa più come uscirne.

Serve buon senso e non ipocrisia e visto che, in linea di principio, meritiamo tutti o quasi l’inferno, si trovi la soluzione, perché è possibile, ragionevole, utile economicamente e socialmente. Qui non si tratta di fare vincitori e vinti, buoni o cattivi cittadini, anche perché se facessimo uno storico dei parlamentari a tutti i livelli, inquisiti, indagati, condannati, indultati, amnistiati e accanto a loro ci mettessimo pure l’elenco dei manager di stato, che hanno combinato guai, non basterebbe quello telefonico, con la differenza che i loro scandali li paghiamo noi e dopo noi li pagheranno i nostri figli. Questa è l’Italia che ci hanno regalato e allora o si fa pace e tutti insieme si ricomincia bene, guardando al futuro, che ancora ci può essere, oppure credeteci, l’orizzonte si complicherà davvero.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:17