La strada per vincere

Visto che l’esercizio di parlare, giudicare, consigliare Salvini, è diventato uno sport nazionale, vogliamo farlo anche noi ma senza quegli infingimenti ipocriti e strumentali che, da sempre, attraversano gran parte dell’intellettualismo nostrano e radical chic. Per questo ci rivolgiamo direttamente a lui, con una sorta di monologo o lettera aperta che sia.

Caro Salvini, che in Italia sia partita la grancassa cattocomunista per isolarla, additandola quale pericoloso fascista da una parte ed inutile perdente dall’altra, lei lo avrà capito bene, così come avrà capito che non basta il 15 o il 20 per cento per puntare a governare. Del resto, l’esperienza dello stesso Grillo testimonia che senza un progetto chiaro ed una alleanza coesa e definita non è sufficiente nemmeno il 25 per cento per contare qualcosa, al massimo si può essere blanditi per qualche convenienza. Come se non bastasse, l’Italia è un Paese che ha paura di tutto, del vecchio come del nuovo, un Paese insomma che per certi versi predica bene e razzola male, si affida cioè a chi gli equilibri non li cambia più di tanto.

E’ questa una delle ragioni per le quali il cattocomunismo alla fine ha sempre vinto, altrimenti non ci spiegheremmo perché, in un Paese a maggioranza moderata e piuttosto conservatrice, la sinistra abbia avuto tanta importanza. In Italia senza la Chiesa, senza i salotti del pensiero progressista, senza il favore dell’industria illuminata e senza il consenso dell’informazione (che noi definiamo kennedyana) non si vince e soprattutto non si governa. Lo stesso Berlusconi né è rimasto vittima, parecchio per colpa sua, ma altrettanto per troppa esuberanza e voglia di cambiare in modo forte e alternativo. Il Cavaliere alla fine, infatti, non solo è stato costretto a mediare a suon di attacchi e bombardamenti, ma addirittura a cedere passando la mano con una destituzione consensuale, almeno in apparenza.

Lei capirà, caro Salvini, che se non ci è riuscito Berlusconi, con la forza economica e i numeri che aveva, sarà difficile che ci riesca lei se pure ottenesse il 20 per cento. Dunque, se il suo vero traguardo è di rifondare il centrodestra, assumerne la guida e puntare alla vittoria con un polo alternativo a Renzi, caro Salvini, deve correggersi e cambiare strategia. Sia chiaro, il problema vero non è CasaPound, che pure qualche dubbio lo suscita, ma proprio il progetto antagonista e le alleanze per concretizzarlo. Che il problema immigrazione esista e sia grave è vero, come quello della sicurezza e dello strapotere dell’Europa, ma da noi risolverlo con il decisionismo e l’interventismo, non passa, non lo fanno né lo farebbero passare mai. C’è infatti un armamentario mediatico culturale così potente e pervasivo da impedirne perfino il pensiero e lei, Salvini, se ne sarà accorto. Questo armamentario che le spara contro è il frutto di quella cultura cattocomunista che non solo ha scritto come ha voluto la storia della liberazione, ma che in decenni di vita repubblicana si è infiltrata ovunque e ai massimi livelli di potere, di comando, di governo.

Pensare dunque di spazzarla via bloccando i barconi, incrementando la legittima difesa e perfino proponendo la flat tax, non basta, non passa, non vince, serve molto ma molto di più e di diverso. Ne parli con Berlusconi, che seppure colpevolmente ne sa qualcosa. Solo il Cavaliere può darle qualche dritta per tirare avanti e, sebbene ondivago e, diciamolo, un po’ ambiguo, solo con Silvio può arrivare a vincere. Per questo, caro Salvini, a partire dal progetto e dalle alleanze, deve modificare alcune cose e soprattutto molte strategie. Innanzitutto serve un manifesto programmatico che spieghi bene il motivo del contendere. Capirà, caro Salvini che non possono bastare i Rom, i centri di accoglienza e l’euro, per quanto siano problemi. Sulla fiscalità poi non ne parliamo; la flat tax va benissimo, ma il groviglio italiano è così grande e devastante che merita una proposta più chiara e articolata, tasse locali, addizionali, accise, Iva, Tasi e capital gain, vanno cambiate, rimodulate, alcune eliminate e va spiegato come. Così come va spiegato che senza una pacificazione fiscale preventiva, che riporti fiducia fra Stato e contribuenti, non c’è flat tax che tenga.

Sulle pensioni lo stesso, è vero la legge Fornero è stata una follia, è chiaro che mandando a 80 anni in pensione le persone si risparmierebbe ancora di più, ma bisogna proporre come emendarla e come sostenerne il cambiamento, cosa che noi ci auguriamo vivamente. E poi ci sono le riforme, la giustizia, il presidenzialismo, la burocrazia, le Regioni e tanto altro sul quale serve che, lei, Salvini, ci spieghi bene cosa propone e cosa intende fare. Da ultimo, la squadra per puntare in alto caro Matteo serve una equipe, politici, economisti, giuristi, esperti, serve gente preparata da mandare in campo per parlare e per spiegare cosa e come fare per cambiare l’Italia, non può farlo solo lei, ci scusi ma è troppo poco. Da questa lettera, caro Salvini, avrà capito che la nostra attenzione è per simpatia ed amicizia, ma anche per la voglia di capire e di partecipare.

Caro Salvini, simpatie a parte, è proprio l’Italia che ha bisogno di un’alternativa, di un bipolarismo vero, quello che porta a vincere sia l’uno che l’altro schieramento. Senza opzioni non c’è democrazia, almeno quella compiuta. E’ la ragione per la quale Renzi spadroneggia e se ne infischia di tutti, all’orizzonte non vede alternative o non le vede immanenti e dunque procede da padrone del Paese e delle regole; e siccome l’Italia si allinea sempre col potere, la grancassa suona per lui.

Quindi, caro Salvini, si metta intorno ad un tavolo per fare un’alleanza, un manifesto ed una squadra, preveda di parlare a tutti e non solo agli agitati, non cada nell’egocentrismo di maniera ed utilizzi invece la semplicità e la schiettezza di cui dispone. Sappia che dal nostro piccolo noi la seguiremo con curiosità e attenzione. Siamo infatti convinti che senza un’opzione, insieme alla democrazia, ci ammaleremo tutti.

 

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:03