Icsa, sui soccorsi in mare allineare il diritto Ue all’Onu

Inserire la salvaguardia della vita in mare tra i diritti fondamentali alla base della Convenzione dei Diritti dell’uomo e allineare la normativa della Cedu con quella adottata dalla Dichiarazione dell’Onu nel 1948. È questa la proposta lanciata dalla Fondazione Icsa per imprimere una decisa correzione al lacunoso ed inefficace approccio con cui l’Europa ha finora fronteggiato l’emergenza umanitaria che nel 2014 ha registrato 3.419 migranti deceduti nelle acque del Mediterraneo.

Che il criterio dell’esclusiva difesa e controllo delle frontiere si sia rivelato fallimentare è sotto gli occhi di tutti ed è tanto più grave se si considera che i singoli Paesi europei concordano da sempre sull’obbligo di salvare le persone in mare avendo firmato le varie convenzioni e accordi internazionali che lo sanciscono ma che esso non è mai stato sottoscritto dall’Unione Europea né sancito dal Consiglio d’Europa nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu). Alla prova dei fatti è altrettanto nota la realtà che, a fronte di una totale carenza di espliciti riferimenti giurisdizionali europei, vede nell’Italia l’unico Paese che si grava dell’onere dei soccorsi. L’allineamento delle due normative, secondo la proposta della fondazione, non creerebbe alcun nuovo obbligo ma semplicemente porterebbe la questione della salvaguardia della vita in mare sotto la giurisdizione della Cedu e consentirebbe di sanzionare comportamenti che non siano ad essa conforme in materia di salvataggio di migranti in mare aperto.

Un principio, questo, tra l’altro, paradossalmente da decenni sancito da numerosi accordi internazionali e firmato da tutti i Paesi membri, ma appunto ignorato in Europa. Il progetto, presentato ieri alla Camera dal presidente della fondazione Icsa, generale Leonardo Tricarico, dal capogruppo di alleanza progressista dei Socialisti e dei democratici al Parlamento europeo Gianni Pittella e dal presidente del Consiglio italiano per i rifugiati, Roberto Zaccaria, è ambizioso. Specialmente in considerazione delle dinamiche e dei rapporti di forza politici in sede europea, dove la Germania non ha mai dimostrato sensibilità nei confronti della necessità che la presa in carico dell’emergenza migratoria non resti un problema esclusivamente italiano.

Ma il riconoscimento dell’elementare principio umanitario del riconoscimento potrebbe essere un nuovo fondamento su cui innovare il modello normativo europeo in materia di soccorsi ai migranti.

“Di fronte alla dimenticanza europea di un diritto fondamentale che ha provocato 3.419 morti in un anno - ha spiegato Tricarico - è urgente strutturare le rimostranze dell’Italia nei confronti dell’Europa. Da anni cerchiamo di far passare inutilmente il principio che l’emergenza migranti non è un problema soltanto italiano, ma è necessario dare un contenuto non soltanto etico ma anche giuruidico-normativo alla questione per avere una risposta più concreta da parte dell’Europa. La promozione di un protocollo aggiuntivo che individui l’obbligo di salvaguardare la vita anche in mare è la via da seguire”. Successivamente si dovrebbe prevedere un’agenzia europea di ricerca e soccorso “sul modello di quella che attualmente disciplina il traffico aereo, a tutela della vita in mare, per evitare l’affidamento di funzioni di soccorso ad organizzazioni continentali finalizzati esclusivamente al pattugliamento delle frontiere esterne degli stati della Ue”.

Si tratta dunque, per Zaccaria, di “garantire l’effettività di quei principi universali affinché il salvataggio diventi un a pratica”. Del progetto ha dichiarato di volersi far carico in sede europea Roberto Pittella, “presso il massimo organismo parlamentare della Ue per concretizzare di questa proposta in un’iniziativa legislativa”.

Fissare il diritto e poi la sanzionabilità, questo in breve, l’artficio o l’approccio con cui si potrebbe aggirare il bluff di una Unione europea composta da Paesi firmatari della convenzione dell’Onu sui diritti umani ma totalmente esenti da responsabilità nella presa in carico dell’emergenza umanitaria nel Mediterraneo. Come si regolerà l’Ue di fronte ad una sollecitazione che attinge proprio ai suoi valori fondanti in materia di diritti umani e di libertà individuali e che, soprattutto, prospetta una via giuridico-normativo percorribile? Si defilerà o si impegnerà a dare risposte che costringano tutti i suoi Paesi membri ad affrontare l'emergenza di vite umane, nella maggior parte dei casi in fuga da guerre e persecuzioni? E come reagirà l’Onu?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:37