A proposito di corruzione…

Vi siete mai divertiti a contare quanti ex parlamentari, ex ministri o sottosegretari o addirittura ex presidenti del Consiglio, siedano o si siano seduti sulle poltrone più importanti di aziende, authority, enti, gruppi e società pubbliche o controllate dello Stato? Bene, divertitevi (si fa per dire!) anche adesso e scoprirete l’incredibile stile italiano di mettere ai posti di comando, riconducibili allo Stato, ex politici spesso fuori corso, “trombati” oppure premiati alla carriera. Dopo il “divertente” conteggio chiedetevi il perché di tali scelte e quali criteri di valutazione sono stati applicati nella selezione dei potenziali pretendenti.

Da quando è nata la Repubblica è sempre stato così, a partire dal regno delle partecipazioni statali, da quello delle banche pubbliche, delle aziende più importanti e delle municipalizzate; ex politici sempre ai posti di comando, nei comitati di controllo e talvolta, addirittura, come commissari. Tutto questo alla faccia della separazione fra politica ed affari, alla faccia del principio costituzionale di divisione fra politica ed amministrazione, alla faccia della meritocrazia e, soprattutto, alla faccia del pudore e del rispetto della gente. Un’italica vergogna che non trova eguali in nessun posto al mondo, forse neppure nelle dittature. Avete mai visto in America un ex capo della Fed diventare presidente del Paese o viceversa? Lo avete mai visto in Inghilterra oppure altrove? Ovviamente parliamo di cose rilevanti e significative e non di minuzie o cariche onorifiche. Bene, nel nostro Paese è sempre stato il contrario. Una continua connessone fra politica e affari, fra politica e aziende, fra politica e gestione dei soldi e degli investimenti. A meno che non si pensi che chi è stato in Parlamento, o ministro, o sottosegretario, o presidente di qualche commissione alle camere, o abbia avuto trascorsi nelle assemblee regionali o comunali, non sia più un politico o non coltivi più rapporti con i palazzi che contano.

Basterebbero queste semplici domande per capire almeno una delle ragioni del malaffare, della cattiva gestione della cosa pubblica. Basterebbero per capire, se non tutto, almeno un punto dove intervenire per limitare intrecci fra affari e politica. Basterebbe, infatti, che una simile indecorosa pratica fosse vietata per legge, che fosse impedita; chi ha fatto politica a qualunque livello in parlamento, in regione o in comune non dovrebbe avere incarichi in nessuna azienda pubblica o controllata o partecipata. Gli intrecci si creano così. Il lupo perde il pelo ma non il vizio e la politica, si sa, di vizi ne ha da vendere ecco perché l’Italia è ridotta al lumicino, ecco perché comandano i gruppi di potere, ecco perché i nomi sono sempre quelli ed ecco perché quasi sempre si sente puzza di bruciato. Per questo noi suggeriamo al presidente dell’anticorruzione di proporre una legge, una roba di due righe, poca cosa, che stabilisca il divieto a chiunque avesse svolto attività parlamentare o di governo di avere incarichi di rilievo in aziende pubbliche o assimilate, a qualsiasi livello e in qualsiasi settore, punto e basta.

Perché un ex ministro dovrebbe andare a fare il capo di una banca pubblica o di un’autorità di controllo sugli affari o di un ente che movimenta cifre enormi e distribuisce appalti a destra e a manca? Perché un ex politico è, per diritto divino, migliore di un manager o di un professionista trovato sul mercato? Secondo quali regole e quali selezioni? La verità è che non c’è ragione se non quella di gestire in proprio tutto e sempre, di permeare ogni tessuto dove c’è denaro, di decidere dove e come indirizzare le cose e di avere in mano le leve del Paese. E se dopo questa chiacchierata aveste ancora qualche dubbio, rileggetevi gli scandali degli ultimi trent’anni, con i nomi di chi facesse cosa, di chi fosse in certi posti, di chi gestiva le nostre aziende. Allora, a proposito di corruzione il problema non è la prescrizione, possiamo per assurdo renderla eterna e possiamo ristabilire la tortura ma basterebbe molto meno se si volesse risolvere alla fonte tutto e per davvero.

È la politica che ci ha rovinati, ci ha ridotti sul lastrico e dissanguati, ci ha spremuto e ci spreme di tasse alla follia, si appropria di tutto e se ne infischia dei nostri sacrifici e dei dolori. Serve di cambiare tutto a partire dalla selezione della classe dirigente, politica ed aziendale; serve l’esempio, l’onestà e la maniera; serve di chiederci scusa per quel che si è fatto e non di trattarci da evasori e torturarci con Equitalia e con le tasse da aguzzini. Gli italiani sono buoni, creduloni e accomodanti ma adesso sono stanchi e furibondi, esasperati da scandali e ruberie, cartelle e pignoramenti, bugie e falsità. Altrove ci sarebbe la rivolta, la rivoluzione e la disobbedienza; e da noi? Da noi chissà!

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:08