Il dolore fa audience

Il rapporto di ricerca presentato qualche giorno fa a Roma, commissionato dall’Ordine nazionale dei Giornalisti all’Osservatorio di Pavia, Media Research, sulla televisione del dolore non fa che confermare un’impressione forse da molti tristemente maturata nella solitudine del salotto di casa facendo zapping. In sintesi, il dolore in tv viene spettacolarizzato per far crescere l’audience. E’ triste, ma i dati confermano questo brutto presentimento.

L’Osservatorio di Pavia ha condotto un attento monitoraggio per ben tre mesi sui canali in chiaro della televisione generalista nazionale, dal 15 settembre al 15 dicembre scorso. I programmi oggetto di attenta analisi sono stati quelli di carattere informativo – ad esclusione dei telegionali. Essenzialmente sono rientrati nel “censimento” i programmi di approfondimento che hanno fatto della cronaca nera la propria bandiera, portando sul piccolo schermo, con passione voyeuristica il dolore, la solitudine e il disagio individuale e sociale. I dati presentati a Roma, alla presenza del Presidente del Consiglio dell’Ordine Enzo Iacopino e del Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Angelo Marcello Cardani hanno fotografato una situazione preoccupante.

Sono quasi 3 le ore al giorno che il telespettatore medio dedica alla cronaca nera. Emergono diverse criticità, dalle modalità di racconto alla violazione di principi e norme di legge e del codice deontologico che dovrebbe guidare chi pratica la professione giornalistica. L’informazione diventa così spettacolo in programmi che possono facilmente acquisire la natura di “infotainment”, crasi che ben rende la commistione tra informazione ed entertainment. Nel mirino dei ricercatori dell’Osservatorio di Pavia sono finiti principalmente i programmi di Canale5, Italia1 e dell’ammiraglia Rai. Nello specifico sotto accusa Mattina e Pomeriggio Cinque e Domenica Live. Quest’ultimo programma, come molti sanno, è affidato alla conduzione di Barbara d’Urso, divenuta nei mesi scorsi il simbolo di questa (brutta) stagione televisiva.

Ma purtroppo la D’Urso non rappresenta un caso isolato. L’Osservatorio ha infatti puntato il dito contro tutti quei programmi della tv di servizio pubblico e del Biscione di Cologno – in onda spesso anche in fascia protetta che – nel raccontare fatti di cronaca nera puntano sul dolore dell’opinione pubblica mediante processi di vero e proprio accanimento mediatico. Il presidente dell’Ordine Iacopino crede che la misura sia colma e che ogni limite sia stato travalicato. Oltraggiare i morti – e talvolta i sopravvissuti – solo in virtù di una spettacolarizzazione che faccia aumentare lo share di un programma è una pratica scorretta quanto incivile.

Iacopino si è riservato di appellarsi tanto al Garante per le Comunicazioni, quanto alle autorità chiamate a vigilare sulla privacy e sull’infanzia e l’adolescenza. Purtroppo non si ha molta fiducia nelle azioni che seguiranno in concreto questo accorato appello. Queste autorità non sembrano infatti aver manifestato particolare attivismo sinora, anche se di questioni scottanti – che andrebbero affrontate con serietà e rigore – sul piccolo italico schermo ce ne sono davvero molte.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:56