La fortuna di Renzi

Certo il “pifferaio fiorentino” è fortunato. Solo che la sua fortuna coincide con la più grande tragedia aerea di questi ultimi anni. Un essere umano che con consapevole determinazione decide di suicidarsi e di condurre nel nefasto destino 150 persone, vittime innocenti non della follia ma della volontà di chi odia non solo se stesso ma il suo prossimo, non merita compassione né tanto meno le parole che Papa Bergoglio certamente pronuncerà quando deciderà di commentare l’evento tragico.

Ma ciò che veramente lascia perplessi sono i commenti dei quotidiani vicini all’ex Cavaliere; addirittura “Libero” lancia un sondaggio del seguente tenore: “Dopo il caso Lubitz vi fidate ancora dei piloti della Lufthansa?”. La risposta, vista la fragilità delle persone di fronte a simile tragedia, è sì. Ma il difetto sta nel quesito; posto che i tedeschi, per tanti versi criticabili, sono quanto mai attenti, certamente più attenti degli italiani, nel selezionare il personale di viaggio, con particolare riferimento ai piloti, così come sono sempre attenti e scrupolosi in ogni iniziativa commerciale, tanto che da sempre eccellono nella precisione ed attenzione. Alla luce di tali ovvie considerazioni non condivido i titoli delle testate di questi giornali che alimentano l’odio verso la Germania, certamente non responsabile per le gesta insane di un vero criminale.

Ma torniamo a noi ed alle fortune di Matteo Renzi che si giova di tutto ciò che accade per nascondere le proprie grosse magagne. L’attenzione del popolo italiano si è concentrata sul tragico evento e nel frattempo si tenta di approvare provvedimenti con la complicità di Angelino Alfano e compagnia varia che a parole protesta contro quello riguardante le intercettazioni e contro quello veramente devastante sulla prescrizione del reato di corruzione. La protesta è solamente formale e non appena Renzi dichiara che quei provvedimenti non si toccano lo “zerbino” fa marcia indietro e con lui anche Nunzia De Girolamo che Alfano tratta a sua volta come un tappetino, minacciandola di mandarla via dal partito. Una qualsivoglia persona, uomo o donna che sia e che dovesse ricevere tali minacce da un chierichetto, capo di un partito che farà la fine di Scelta Civica o meglio del partito di Gianfranco Fini, non attenderebbe neanche un minuto prima di passare al gruppo misto. Ma come ho verificato qualche giorno fa, ragioni di talamo nuziale lo impediscono.

Nel frattempo sia Forza Italia che la Lega fanno di tutto per aiutare il pifferaio fiorentino nel suo progetto dittatoriale, consentendogli attraverso le liti interne fomentate, non da Raffaele Fitto o da Maurizio Bianconi ma da Silvio Berlusconi che con Giovanni Toti ha raggiunto il massimo del disinteresse della gente verso quel progetto liberale tramontato proprio per il contributo devastante di Gianni Letta e Denis Verdini che non si arrendono per ragioni personali all’evidenza dei fatti. Se Forza Italia non cambia registro accorgendosi che il popolo dei moderati non è più tale, essendo fortemente “incazzato”, e non cede il passo ad una classe dirigente giovane ed orgogliosa di essere italiana, lontana dai sempre forti magheggi democristiani, perderà non solo le elezioni, risultato allo stato scontato, ma anche la dignità di quel partito che per vent’anni ha fatto sognare gli italiani ma che, allo stato tra litigi e personalismi interni, è diventato solo un partito di nostalgici al servizio di un imprenditore che non può tralasciare la cura dei propri interessi. Peccato perché in presenza di un partito, il Pd, devastato proprio dall’attuale suo segretario, si dovrebbe trovare il modo, non di avvantaggiare l’avversario ma di porlo in difficoltà tale da poterlo sconfiggere quando ci sarà consentito di votare.

Nel frattempo non ci resta che piangere i morti innocenti, mentre Renzi ci toglie la vita, quella democratica, calpestata quotidianamente dai comportamenti di un Governo che, nato senza suffragio popolare, promette vantaggi e benefici fiscali senza curarsi minimamente di dare corpo alle promesse. Vi interessa, per caso, sapere quanto un’impresa ha dovuto pagare al fisco “vorace” a titolo di contributo unificato per iscrivere nel ruolo della Cassazione un ricorso? Duemilacinquecento euro. “Et de hoc satis” avrebbero detto gli antichi romani.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:45