Alfio Marchini, leader postmoderno

Sono ormai più di vent’anni che questo Paese vive una crisi istituzionale che ha prodotto una grave crisi economica. Certamente la crisi ha origini anche internazionali, ma sicuramente l’indeterminatezza della politica e delle sue mezze scelte ha aggravato la crisi economica che stiamo attraversando.

Sono vent’anni che il popolo italiano viene chiamato a scegliere tra centrodestra e centrosinistra non come una scelta programmatica, ma come tifoseria, o stai di qua o stai di là come se non fossimo un popolo che è alla ricerca del benessere individuale e collettivo. Nei fatti, con il declino dell’epoca Berlusconiana e Prodiana, dobbiamo prendere atto che entrambi hanno fallito e abbiamo sprecato vent’anni bruciando risorse e dilaniato il Paese con false battaglie identitarie. Nella sostanza, entrambe le coalizioni non avevano né una visione comune né unità d’intenti e hanno distrutto un tessuto istituzionale con la modifica del Titolo V della Costituzione che ha complicato la vita dei cittadini.

Possiamo affermare che in questi anni centrodestra e centrosinistra, nei fatti, hanno applicato le stesse politiche economiche che, guarda caso, erano decise in Europa, subendole, essendo la classe politica stessa dilaniata, incapace e senza un minimo senso dello Stato e di orgoglio nazionale.

Oggi il premier Matteo Renzi, dopo questo sconquasso, ha gioco facile nel governare un Paese allo sbando dove l’unica vera opposizione è quella demagogica di Vendola e Landini; la stessa minoranza di ex comunisti del Partito democratico è un insieme composito di anime perse alla ricerca di un appiglio per affermare di esistere, ma come sempre la loro coazione a ripetere li rende inadeguati e patetici nell’affrontare i problemi del Paese.

In questa crisi di rappresentanza si affaccia sulla scena politica un nuovo leader che propone il superamento dei vecchi steccati di destra e sinistra, ormai così vecchi ed obsoleti nel comprendere le dinamiche dell’attuale società. Potremmo definirlo, parafrasando il professor De Masi, un leader postmoderno che ha il coraggio di superare i tabù della società classista e i vecchi schemi economicistici sulle banalità dell’incompatibilità tra lavoro e capitale. Alfio Marchini, che si è candidato a Roma come sindaco contro Alemanno e Marino, ha riscosso un non facile 10 per cento in una città complessa e problematica, ha rifiutato la richiesta di apparentamento al secondo turno con Marino subendo non poche pressioni interne ed esterne, mantenendo la barra al centro del suo essere e del suo movimento “altro” rispetto all’omologazione destra/sinistra.

La strada ovviamente è tutta in salita ed i media, sia per scoop sia per interesse, cercano di omologarlo da un lato o dall’altro in questa danza evanescente dell’identità del nulla. Certamente la sua storia personale lo caratterizza come un uomo che appartiene alla categoria politica della sinistra, ma le sue scelte e parole d’ordine del movimento fanno emergere il profilo di un movimento antidogmatico, che si ispira ai valori della democrazia come opportunità di diritti e doveri eguali per tutti, che della legalità non ne fa un moloch ma ne chiede l’applicazione integrale eguale per tutti, perché solo la sua piena applicazione ci rende eguali nei diritti e doveri. Un uomo del fare che non propone ricette miracolose, perché non esistono, ma scelte concrete di buon senso che intervengono sulla vita quotidiana dei cittadini, e che a volte ci meravigliano per la loro semplicità spingendoci a chiedere: ma come mai nessuno ci ha pensato prima?

Potremmo farne un elenco, dalla denuncia di Affittopoli all’ennesima polemica sull’occupazione del suolo pubblico da parte dei commercianti contro il sindaco Marino, dal degrado delle periferie ai campi Rom, fino alla gestione della manutenzione immobiliare della città e delle strade di Roma che ormai sono un colabrodo. Certamente Marchini non è l’uomo dei miracoli e neanche l’unto del Signore, ma il suo porsi con una visione della città ancorata a valori condivisi della nostra tradizione solidaristica, sia del cattolicesimo che della destra e sinistra sociale, ne fanno un outsider rispetto ai vecchi modelli della politica fatta di false identità e annunci propagandistici. La strada è in salita sia per il suo movimento ma anche per la società italiana. Le sirene dell’omologazione sono in agguato, il cambiamento è temuto e si cercherà di leggere e di imporre la lettura della realtà con i vecchi schemi. Questo nuovo modo di porsi in politica dovrà schivare oltre il rischio di omologazione anche quello dell’autosufficienza o dell’autarchia; come a dire: noi corriamo da soli e basta, non ci mischiamo con gli altri. Diciamo una visione manichea della realtà sul modello dei grillini.

In politica la contaminazione è il sale della dialettica, se il movimento avrà la capacità di contaminare la società e i suoi rappresentanti, potrà essere un modello non solo per la rinascita di Roma ma del Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:24