L’Istat, il premier e il mistero buffo

Che con Matteo Renzi l’Istat sia diventato ciclotimico è palese. L’istituto di statistica, infatti, con il Premier attuale sembra vivere in una sorta di ossessione fra doveri istituzionali e timore di non irritare la particolare sensibilità del Presidente del Consiglio.

Renzi non ammette che lo si contraddica, è molto capriccioso, testardo e permaloso, figuriamoci con un ente pubblico che per statuto è obbligato a fare da termometro all’Italia. Eppure in questi mesi dai dati forniti si è potuto interpretare tutto ed il suo contrario. Basterebbe per questo leggere le note di accompagnamento agli indicatori annunciati per capire in quale suggestione operi l’Istat. “Va male ma non troppo”, “c’è deflazione ma neanche tanta”, “sale la disoccupazione ma le aziende assumono”, “il Pil inverte la tendenza ma il quadro resta cupo”, “il fatturato cresce ma gli ordini flettono”. Insomma, uno zibaldone macroeconomico pirandelliano del tipo uno, nessuno, centomila.

Ad essere sinceri, agli italiani l’Istat non serve, basta guardarsi in tasca, osservare le saracinesche chiuse, fare il calcolo delle tasse, pagare le bollette e accumulare le cartelle di Equitalia per capire che le cose vanno male. Non per sminuire il ruolo di un ente che è più utile all’econometria che alla gente, ma per testimoniare quanto l’informazione incida sul presente. Renzi di questo ne ha fatto il simbolo, è convinto che a spararla grossa si vinca sempre, che gli italiani siano creduloni, che gli si debba dare i numeri come nel gioco del lotto. Per questo il premier marca stretto l’Istituto nazionale di statistica, per evitare ed addolcire le notizie amare, per garantire un colpo alla botte ed uno al cerchio, per far sì che tutto sia chiaro ma anche un po’ confuso.

Se il lavoro del governo in un anno fosse stato buono, in una circostanza come questa di vantaggio e di favore di ogni variabile economica - euro basso, spread ai minimi, costo del denaro quasi zero, petrolio e carburante in ribasso permanente - i dati Istat dovrebbero volare. Invece no, neanche per sogno, per quanto si cerchi di mediare, di annunciare il bene e un po’ il male, di rendere più dolce la pillola, il Paese annaspa e la gente lo capisce tutti i giorni. Occupazione, benessere e ricchezza restano un’astrattezza. C’è poco da inventare, caro Presidente del Consiglio, lei può paragonarsi a Tony Blair, a Einstein, a Napoleone, ma l’economia resta una brutta bestia e chi la conosce non le dà ragione. Se cresce la spesa di tanto e il Pil di poco o niente, se il debito sale e l’imposizione pure (quella fiscale), se l’inflazione resta sotto zero, vuol dire che il futuro non è azzurro ma rimane nero. Il peggio però deve ancora arrivare, perché passato un anno da ora, quando tutte queste condizioni di favore scemeranno piano piano e come sempre tenderanno ad invertire il ciclo, per noi saranno guai.

Il problema vero non è quello di riformare (che pure è necessario), ma è tutto il resto: una politica fiscale idiota e terrorista, l’inutile enormità dell’apparato pubblico, la mediocrità e la disonestà di troppa classe dirigente, la voracità degli enti locali, un welfare antico e insostenibile. Se si volesse e sapesse cambiare, anche con questa Costituzione si potrebbe - i decreti servono a questo e non per farsi forte caro Presidente - se si volesse sradicare malcostume e malaffare, anche con il bicameralismo si riuscirebbe. Basterebbero due leggi di due righe.

Tony Blair è il suo contrario, caro Renzi, lo statista inglese è sobrio e misurato e, senza offesa, rispetto a lei è un’aquila, quindi un rapace, quella specie che lei sbeffeggia e detesta. A noi Blair è sempre piaciuto, se piace anche a lei caro Renzi, si prenda una bella aspettativa, che magari fosse per l’Italia! Vada da lui con un taccuino, stia zitto e prenda appunti, ascolti tutto senza battere ciglio e se capirà vedrà che farà meglio. Sarà utile per lei e per noi tutti, imparerà l’inglese finalmente, un po’ di british understatement, tante cose sullo stato di diritto che in Inghilterra non solo è nato, ma mai è stato sconfitto.

Al posto del cattocomunismo studierà la socialdemocrazia, anziché il pensiero radical chic della sinistra imparerà a capire il laburismo e sulle tasse e sulla corruzione studierà come si forma la classe politica e quella dirigente. Insomma, caro Renzi, ci pensi bene e faccia un master da Blair, però non si dimentichi di chiedergli perché non hanno l’euro… Tornato in Italia sarà migliorato e magari con l’Istat sarà clemente. Buon viaggio caro presidente.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23