Con l’Italicum cambiare rotta

Ora Forza Italia è davvero nei guai. Dopo l’ultima direzione “dem” che ha sancito la rotta della minoranza dissidente di fronte al muro renziano, prepariamoci a una nuova stagione istituzionale che sarà caratterizzata dall’elemento saliente dell’Italicum: il voto alla lista e non più alla coalizione. Una volta approvata la legge il centrodestra sarà messo in liquidazione giacché non vi saranno più motivi di convenienza per lavorare a comporre schieramenti improbabili per vincere la corsa a Palazzo Chigi.

Immaginare, ad esempio, che il popolo leghista possa votare un candidato messo da Alfano è pura fantascienza. Ha ragione Arturo Diaconale nel sostenere che il futuro prossimo vedrà una radicalizzazione delle posizioni della destra. In quell’area c’è Salvini che sta facendo molto bene il suo mestiere. Il problema, invece, è tutto nel segmento che un tempo si definiva moderato. Qui le spaccature sono all’ordine del giorno. Tuttavia non sono le liti personali il male oscuro del centrodestra. Il vulnus è nell’aver consentito che presso l’elettorato moderato si sviluppasse la convinzione, errata, che l’erede politico di Berlusconi fosse Matteo Renzi.

Su questo fronte le blandizie del vecchio leone di Arcore rivolte al giovane fiorentino hanno avuto conseguenze devastanti. Come è stata immensa la responsabilità degli scissionisti del Nuovo Centro Destra. Sono rimasti aggrappati alle poltrone e così facendo hanno fornito la pistola fumante a chi sostiene che il centrodestra abbia concluso il suo ciclo vitale. Peggio hanno fatto, poi, coloro che in Forza Italia, nell’anno della cattività berlusconiana, si sono affinati nel salto della quaglia. I coniugi Bondi ne sono soltanto l’ultimo esempio in ordine di tempo e neanche quello meno edificante.

Arturo Diaconale prognostica per Foza Italia una palingenesi: distruggere per ricostruire dalle fondamenta. Sarebbe la strada giusta, ma solo in teoria. Ci permetterà il Direttore di essere un tantino scettici sulla fattività dell’idea. Si è smarrito il senso della politica dalle parti di palazzo Grazioli. Intanto si può pensare di ricostruire se si ha chiara la “mission”. Se si sa a quale parte dell’elettorato rivolgersi. E se si sa cosa dire. Forza Italia ha avuto buon gioco fin quando il blocco sociale di riferimento: il ceto medio, è rimasto unito. Gli anni della crisi ne hanno determinato l’implosione.

Oggi bisogna scegliere perché non si può stare con tutti. Bisogna dire con chiarezza se il volto dell’Italia che verrà sarà quello di Marchionne o quello della casalinga di Tor Sapienza. A voler tenere lo stesso piede in due staffe si finisce disarcionati. Renzi ha scelto: renderà i suoi servigi ai poteri forti, dovunque si trovino. In Italia e fuori. Salvini si è schierato dalla parte del popolo minuto. E Berlusconi? Dove intende collocarsi? Al momento non si comprende. Il futuro con la preferenza alla lista impone di guardare in faccia la realtà. Se Renzi ha tolto terreno al centrodestra recuperare sarà arduo. A Forza Italia non resta che aggredire tatticamente il Movimento 5 Stelle.

In quella periferia della politica stazionano milioni di consensi appartenuti, un tempo, al centrodestra. Se si vuole competere non è pensabile che il 20 per cento dell’elettorato sia ostaggio di un movimento di sola protesta. È necessario che la destra, non più centro, si sforzi di trovare una sintesi al solo scopo di mettere la propria prora davanti a quella dell’imbarcazione grillina per evitare che il probabile ballottaggio si risolva in una sfida tra un comico e un saltimbanco. Occorre avere la forza di recuperare almeno in parte le argomentazioni che hanno fatto breccia nell’elettorato grillino.

La nuova parola d’ordine d’ora in poi dovrà essere: dimenticare il centro e costruire la destra. Sarà dura ma impedirà che si muoia tutti renziani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33