La forza e la ragione

Che l’America e la Francia soprattutto abbiano responsabilità enormi sull’incendio politico e religioso del Mediterraneo non solo è chiaro, ma vero. Dall’Iraq alla Libia, fino alla Siria, un domino di sbagli sono stati compiuti e come sempre sono legati alla avidità, agli affari, alla prepotenza di chi ha tanti muscoli ma certo poco cervello. A partire dall’incomprensibile cacciata di Gheddafi, della quale è stato detto e ridetto, ad una serie di interventi o indifferenze complici del dramma e del pericolo che pesa sul Mediterraneo.

Del resto non è la prima volta che grandi ed importanti Paesi prima fanno guai immensi e poi se ne lavano le mani e in questo America e Francia sono maestre, seppure in buona compagnia. Infatti, l’Italia non manca mai di metterci del suo, l’operazione “Mare Nostrum” ne è la testimonianza; era chiaro che avrebbe aperto un varco inarrestabile, che sarebbe diventata incontrollabile, costata un’eresia, non risolutiva e pericolosissima per noi. Una operazione che ha generato aspettative impossibili e soluzioni impraticabili, una sorta di follia dei vasi comunicanti incipriata di buonismo e di incapacità ipocrite e fasulle. Peggio che mai quando non si conta niente e ci si adopera per obbedienza, senza che l’Europa ci riconosca e assegni supporto, sostegno ed affiancamento come se fossimo un vuoto a perdere.

Era chiaro, infatti, che la soluzione non poteva essere un colossale travaso di sfollati, di fuggiaschi dalle guerre, di disperati in cerca di rifugio e poi d’asilo, quando il terrore muove milioni di persone non può bastare aprire le frontiere, diventa un flusso ciclopico, cruento e incontrollato. Siamo di fronte ad un problema enorme che non si placa come dice scioccamente Matteo Renzi, aspettando che in Libia le tribù facciano pace; sono gruppi che si combattono da sempre nel modo più barbaro e sanguinoso e per fermarle non basta una riunione internazionale di diplomatici che bevono spremute, scrivono relazioni e fanno sorridenti foto di gruppo. In quelle zone si sommano gli istinti peggiori, dal terrorismo religioso al predominio territoriale, agli affari più loschi, alla voglia di dittature sanguinose, un disposto da guerra totale ed esplosiva.

È chiaro che l’uso della forza militare sia l’ultima spiaggia, l’opzione estrema, ma essere in grado di farlo è un’alternativa che a mali estremi offre estremi rimedi. Non fare niente è la peggiore cosa. Qui non si tratta di esportare la democrazia, di imporre il nostro modo di credere e pensare, ma si tratta di spegnere un incendio che può devastare popolazioni, continenti e anni di storia e mediazioni. È l’Italia che deve farsi parte in causa per prima, mettersi alla testa di un consesso operativo ed imporre la propria prevalenza. Piaccia o preoccupi, serve di farsi sentire con le buone o le cattive, ogni ritardo sarebbe colpevole ed esiziale, serve un blocco navale, serve la deterrenza della forza militare, se non adesso quando?

Da sempre ci riempiono la testa sugli armamenti necessari, sull’importanza della difesa dai pericoli esterni, su quanto una nazione per questo si debba attrezzare e oggi che bisognerebbe dire basta, alzare la voce e intervenire contro un pericolo drammatico e crescente, di tipo bellico, militare e terrorista, al contrario siamo indecisi, titubanti, confusi, fragili e ipocriti di fronte alla tragedia. In quelle zone del mondo non faranno pace da soli, non si stabilizzeranno autonomamente, non troveranno la via della democrazia.

Non serve piangere sui fatti assurdi e tristi, stabilire il giorno della commemorazione, che pure è bello e nobile, non serve di sparare a zero su chi invoca decisioni forti e determinate, serve di fare e subito, per impedire che accada ancora e ancora peggio. Basta con il buonismo inutile e dannoso, basta di tappare le voragini con la colla cervione, serve che il Paese con voce chiara e forte sia pronto a fare quel che è necessario, altrimenti tutto continuerà ad essere un calvario.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:15