Bocciature multiple sulla riforma Rai-Renzi

Giudizio complessivamente negativo sulla riforma Rai presentata dal Governo Renzi. I sindacati dei lavoratori dell’azienda pubblica sono stati molto espliciti nell’audizione in Commissione Comunicazioni al Senato, presieduta dal capogruppo del Pd Luigi Zanda. Quello che pochi si aspettavano è stata la bocciatura netta di quasi tutto l’impianto complessivo della riforma da parte della presidente di viale Mazzini, Anna Maria Tarantola. Altro duro attacco da parte dell’Usigrai (il sindacato dei giornalisti Rai) al direttore generale, Luigi Gubitosi, accusato di aver messo in campo in questi anni del suo mandato soltanto “slogan senza contenuti, mentre per vincere le sfide servono idee editoriali, strategie innovative, investimenti e risorse sul prodotto”.

Cosa sta succedendo alla riforma della Rai voluta fin dal febbraio del 2014 da Matteo Renzi ed il cui percorso è appena iniziato al Senato? La questione è che l’inquilino di Palazzo Chigi vorrebbe far presto per avere, possibilmente entro luglio, un nuovo gruppo dirigente e soprattutto un amministratore delegato al posto del direttore generale con ampi poteri. Un capo-azienda nominato dal titolare del ministero dell’Economia e del Tesoro, azionista di maggioranza dell’azienda del servizio pubblico che si avvia a rinnovare la convenzione con lo Stato.

L’attuale vertice di viale Mazzini è in scadenza. La presidente Tarantola ha fatto sapere di aver concluso la sua esperienza, i due consiglieri indicati dal Pd come espressione della società civile, Benedetta Tobagi e l’ex magistrato di “Mani pulite” Gherardo Colombo, non rispondono più agli orientamenti renziani; i tre consiglieri espressione del centrodestra e cioè Antonio Verro, Guglielmo Rositani e Rodolfo De Laurentiis sono out per aver esaurito due mandati, l’imprenditrice Luisa Todini è già da tempo fuori perché presidente di Poste Italiane.

La tentazione di Renzi di fare l’“en plein” è forte. L’ostacolo sono i tempi parlamentari. Sarà estremamente difficile che Senato e Camera possano approvare la riforma nel giro di due/tre mesi. In questo caso, il leader del Pd e premier dovrebbe decidere una proroga dei vertici attuali. Impensabile un decreto-legge, tenuto conto che il neo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è quell’uomo politico che si dimise da ministro del Governo Andreotti proprio sui problemi della Rai, difendendo le posizioni della sinistra Dc. Un commissario sarebbe incostituzionale, essendo ancora in vigore la legge Gasparri, contro il cui nome si è scagliato proprio Renzi. E allora? La sfida Rai è più complessa della riforma della scuola e di quella della giustizia per le implicazioni che il cambiamento delle regole del gioco, anzi di gestione dell’azienda del servizio pubblico, comporta.

I punti contestati dalla presidente Tarantola sono di grande rilievo: natura ibrida dell’azienda, procedure di nomina non trasparenti, incertezza sul ruolo del Consiglio di amministrazione (7 membri invece di 9), assenza di riferimenti alla “mission” mentre parla di una delega al Governo sul canone (no al pagamento legato al possesso della tivù, no al canone sulla bolletta dell’elettricità) e alle incompatibilità ed ai conflitti d’interessi. Il provvedimento, ha osservato Tarantola, è poco chiaro.

Per la moltitudine dei sindacati di categoria interni alla Rai, “il disegno di legge presenta molte zone d’ombra, manca una visione organica di tutto il sistema dell’informazione. Sulla composizione e le nomine del Cda, la proposta invece di un rinnovamento totale rispetto al passato ci fa passare dalla padella alla brace. Quattro o cinque dei 7 membri del Cda ricadrebbero sotto il controllo diretto del Governo, con una situazione più stringente del passato”. C’è poi un problema di trasparenza sugli appalti e le consulenze e, soprattutto, dicono i sindacati dei lavoratori, “non c’è un’uscita dei partiti dalla Rai ma uno spostamento di potere dal Parlamento al Governo”.

Il sindacato dei giornalisti attacca invece le decisioni del direttore generale Gubitosi, accusato di evitare il tavolo sindacale sulla riorganizzazione aziendale, “avendo come unico obiettivo l’assegnazione di poltrone e non la realizzazione di un progetto che rinnovi e valorizzi l’informazione”. Sul versante politico, il dibattito in Commissione Senato (relatori del provvedimento i due esponenti del Pd, Enrico Buemi e Raffaele Ranucci) resta molto acceso con Maurizio Gasparri e Paolo Romani di Forza Italia molto critici sullo strapotere del Governo che nominerebbe un amministratore delegato con poteri rafforzati (anche sul piano economico) e il pentastellato Andrea Ciuffi, che ha ribadito il punto del Movimento 5 Stelle sulla necessità di prevedere regole precise per il conflitto d’interessi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:23