Unione monetaria solo con l’unione politica

L’attuale Governo italiano di Matteo Renzi, non eletto dunque illegittimo, non sta facendo alcunché per stimolare la crescita dell’Italia, né attraverso investimenti pubblici né con detassazioni. È un Governo - illegittimo - alla frutta che lascia solo conti da pagare; un Governo di tassatori incapaci e dilettanti che vende ciò che non ha, promette cose che non esistono, si muove sostanzialmente nell’illegalità. Dopo la mazzata da diciotto miliardi di euro delle pensioni da risarcire arrivata dalla Corte Costituzionale, c’è ancora un’altra doccia gelata che arriva questa volta dall’Europa, quella della cosiddetta reverse charge; in sostanza un diverso modo di incassare l’Iva da parte dello Stato, che non è applicabile al settore della grande distribuzione così come aveva previsto e raccontato il Governo nell’ultimo documento finanziario. Si ha cioè l’ennesimo buco nei conti pubblici per il 2015 vicino al miliardo di euro, che gli inadatti ed illegittimi al Governo vorrebbero tappare ancora una volta con l’aumento delle tasse a nostro carico.

Tutto questo, insieme alle balle, ai molteplici trucchi e maneggi contabili emersi da tempo, è la riprova che siamo alle prese con un Governo di tassatori di sinistra, illegittimi, incapaci e dilettanti. Vendono agli italiani ciò che non hanno, promettono cose che non esistono, si muovono sostanzialmente nell’illegalità, lasciando gli strafalcioni ed i conti delle loro malefatte a noi. Da pagare.

L’Italia si regge oggi unicamente sull’export trainato dalla svalutazione dell’euro dovuta allo stimolo monetario operato dalla Banca centrale europea di Mario Draghi. Lo stesso Draghi ha affermato da ultimo che, in assenza di riforme fiscali da parte dei Paesi dell’Eurozona, lo stimolo sarà destinato ad esaurirsi a breve non avendo prodotto alcun tipo di crescita né sufficiente e tantomeno duratura. In Italia non si è visto alcun taglio di spesa e noi tutti manteniamo quasi 230mila pensionati da oltre 35 anni, ciò in base ai dati emersi dagli osservatori statistici dell’Inps che hanno monitorato circa 9,4 milioni di trattamenti pensionistici di vecchiaia e anzianità in essere a fine 2014. Nel complesso, le pensioni vigenti dell’Inps sono 18,04 milioni, delle quali 5,047 milioni di vecchiaia, 4,058 milioni di anzianità, e 284mila prepensionamenti. Le pensioni precedenti al 1980 versate ancora oggi agli aventi diritto sono infatti 229mila, 43mila delle quali di anzianità grazie alle regole folli di allora molto più generose sull’uscita anticipata rispetto alla vecchiaia.

Il taglio della spesa pubblica, più investimenti e meno tasse, produrrebbe un forte effetto crescita e non è un caso che Draghi stia oggi “predicando” quell’effetto positivo che si avrebbe dalla flessibilizzazione comune dei modelli nazionali con guida europea. Tsipras ha lisciato il pelo al popolo greco raccontandogli un’assistenzialismo totale che non può dare. La Grecia ha adesso messo le mani avanti facendo sapere di “non pagare le nuove rate”, ha messo cioè in chiaro che non ci sono soldi per le rate di giugno 2015 dovute al Fondo monetario internazionale. Dalla Grecia non arriverà cioè nessuna delle quattro rate in scadenza per la restituzione del prestito, per l’importo complessivo di un miliardo e 600 milioni dovuti.

Anche in Italia si sono raccontate e si raccontano tuttora balle su modelli inefficienti di protezionismo sociale del tipo l’assegno minimo per tutti. La Bce stessa ha avvertito da Sintra che le divergenze strutturali tra i Paesi dell’Eurozona potranno divenire esplosive e mettere a rischio il futuro della moneta unica. Draghi ha detto testualmente che “in un’Unione monetaria non ci si può permettere di avere profonde e crescenti divergenze strutturali tra Paesi, perché queste tendono a diventare esplosive. Possono arrivare a minacciare l’esistenza dell’Unione stessa, l’Unione monetaria. E la Banca centrale europea è il guardiano della valuta”. E mentre Draghi parlava, è emersa l’operazione inglese denominata Bookend con cui la Gran Bretagna sta mettendo allo studio le conseguenze per l’Inghilterra della sua uscita dall’Unione, qualora i britannici decidano di uscirne in seguito al referendum promesso entro il 2017 da David Cameron. Ciò, sembra, per prevenire contraccolpi all’economia interna in caso di Brexit, per la Gran Bretagna e per l’Unione europea.

Il problema di questa Europa è la moneta unica senza un’Unione politica e il governo unico europei. Non esistono cioè gli Stati Uniti d’Europa. Rispondendo ad alcune critiche alla luce delle quali a Draghi è stato ricordato che la Bce non ha la legittimità democratica per avventurarsi su terreni riservati ai governi dei Paesi membri, il presidente della Banca centrale europea ha detto che “una banca centrale dovrebbe essere chiara su questioni che le rendono difficile o impossibile raggiungere il suo mandato”, cioè la stabilità dei prezzi.

Le rigidità delle economie dei Paesi europei costituiscono un ostacolo alla realizzazione della politica monetaria, richiamando il fatto che nei decenni scorsi i banchieri centrali sono intervenuti più volte su questioni non di loro stretta competenza - negli Anni Settanta sui salari indicizzati all’inflazione, nei due decenni successivi sugli eccessi di spesa - e che secondo lui avrebbero fatto bene a intervenire anche all’inizio degli anni duemila laddove non c’è stata stabilità finanziaria nei mercati. Draghi dunque ha ritenuto legittimo intervenire anche oggi. “Di fronte a problemi che possono dipendere sia da cattive politiche di bilancio sia da mancanza di riforme, chi fa la politica monetaria deve potere esprimere un’opinione. Concetto che richiede qualche specificazione. Se si parla di politiche di bilancio, non si può non notare che molti Paesi europei negli anni scorsi hanno alzato le tasse, aumentato la spesa pubblica, tagliato gli investimenti: esattamente quello che non deve essere fatto”, ha testualmente detto Draghi. La Bce si limita a effettuare “un invito politico a intervenire”, non entrando nello specifico delle misure da prendere, ma ha affermato anche che ci sono infiniti studi che stabiliscono quali sono le più efficaci e come realizzarle.

La banca centrale ha chiesto, così come da tempo chiede, di essere messa nelle condizioni di condurre al meglio una politica monetaria che favorisca la crescita e la riduzione della disoccupazione, “che è la prima ragione della disuguaglianza sociale”. In pratica, Draghi ha detto che se, così come succede nell’Eurozona, le rigidità impediscono il funzionamento corretto della politica monetaria, la banca centrale ritiene di doversi occupare della questione, similmente a quanto fa la Federal Reserve negli Usa. Draghi in qualità di presidente della Bce sta cioè puntando, chiedendone i poteri relativi, a una governance comune dell’Eurozona anche per ciò che riguarda la politica delle riforme, dalla loro ideazione alla realizzazione, identificandone i passi futuri necessari per arrivare “a un’autentica Unione economica e monetaria”. Con ciò ribadendo che “occorre consolidare la governance comune delle riforme strutturali, da un lato va esteso ove possibile il ricorso a standard condivisi basati sulle migliori prassi, dall’altro va rafforzato l’approccio nazionale nelle altre aree di intervento”. Il problema attuale dell’Europa è politico. Senza un ordine e “capo” politico, non si può avere e dare un “corpo” economico e monetario.

L’organizzazione politica non prescinde dal funzionamento delle regole democratiche, dalla democrazia. Soprattutto ed anche per conferire, ampliare, ridurre o rivedere qualsivoglia potere in capo ai propri organi e istituzioni, quale è, tra gli altri, la Banca centrale europea. 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31