Balcani, prostituzione e tratta di esseri umani

martedì 2 giugno 2015


Il crollo delle Repubbliche della ex-Jugoslavia ha generato una quantità di problematiche socio-economiche e politiche che ancora oggi sono oggetto di analisi da parte degli organismi internazionali governativi e non governativi. Il nuovo volume della Antonio Stango Editore “Balcani. Dal conflitto alle prospettive di integrazione europea”, curato da Daniele Cellamare, analizza dettagliatamente tutte le problematiche e le aspettative della regione balcanica. Di particolare interesse, anche per la delicata vicenda umanitaria, è il traffico di esseri umani finalizzato alla prostituzione della zona balcanica, che il volume analizza nel dettaglio.

L’ex-Jugoslavia, con la grande crescita delle organizzazioni criminali, rappresenta un luogo di transito sia per i traffici che hanno come base di partenza l’area balcanica stessa, sia per i traffici che canalizzano clandestini provenienti dall’estremo oriente. Ogni anno milioni di persone sono vittime della tratta. Secondo il Dipartimento di Stato degli Usa sono quasi tre milioni di individui all’anno, di cui il 35 per cento di età inferiore ai 18 anni. Il traffico di donne ha una redditività molto alta. A giugno del 2010, un rapporto rilasciato dall’Ufficio delle Nazioni Unite sulla droga e il crimine ha messo in luce che la tratta di persone è uno dei business più redditizi in Europa, capace di fatturare due miliardi e mezzo di euro ogni anno.

Nei Balcani una giovane donna può essere acquistata per una cifra oscillante tra i 500 e i 5mila euro, e una volta avviata alla prostituzione deve farne guadagnare al suo “proprietario” almeno 15mila. I funzionari albanesi e le organizzazioni per la tutela dei diritti umani hanno stimato che le loro connazionali sfruttate al fine della prostituzione, negli Anni Novanta in Europa occidentale e orientale, sono state almeno 30mila. Migliaia di loro erano minorenni e la maggioranza di tali donne oscillava di età tra i 13 e i 25 anni. Studi condotti tra il 2005 e il 2006 hanno indicato che il 32 per cento delle vittime della tratta in Europa occidentale e centrale era di origine balcanica.

Uno degli elementi che ha favorito lo sviluppo del fenomeno della tratta è stata la crescita dei locali di intrattenimento, dove la pratica della prostituzione è contemplata ed elevata fonte di guadagno. Gli Stati balcanici, in particolare la Slovenia, con la collaborazione delle organizzazioni non governative, si sono impegnati negli ultimi anni per affrontare questa grave situazione: miglioramenti dell’apparato legislativo sul fenomeno, attuazione e rispetto dei regolamenti legislativi, formazione e addestramento delle forze di polizia, raccolta di dati e informazioni e creazione di reti regionali per il monitoraggio del fenomeno della tratta e della prostituzione. Alcuni Stati come l’Albania, il Kosovo e la Serbia non sono pienamente conformi agli standard minimi per l’eliminazione del traffico, ma stanno compiendo sforzi significativi per adeguarvisi. Il governo albanese ha recentemente approvato una nuova strategia nazionale anti-tratta nel triennio 2011-2013 e ha continuato ad organizzare campagne di informazione ed educazione per la prevenzione del traffico. Anche la Serbia, similmente, ha stretto rapporti di cooperazione con enti internazionali per la prevenzione del traffico illecito, finanziando una produzione cinematografica che, attraverso la rappresentazione delle esperienze reali delle vittime serbe, tenta di sensibilizzare la popolazione giovane.

Bisogna sostenere e rafforzare le istituzioni, che in attesa di una prospettiva come membri dell’Unione Europea cercano di affrontare il fenomeno della tratta di esseri umani e della prostituzione. I sondaggi di opinione pubblica più recenti hanno evidenziato da parte delle cittadinanze balcaniche una comune tendenza alla democrazia ed ai processi di pacificazione ad essa collegati. Tali fattori rappresentano passi significativi per la tutela della dignità degli esseri umani nella regione balcanica.


di Domenico Letizia