Marino è disperato e perciò va compreso

Per “Ignavo” Marino i fascisti dovrebbero tornare nelle fogne dalle quali sono venuti. Sarà, ma a Roma i tombini sono difficilmente reperibili visto che una parte se li vendono i ricettatori di ghisa (sotto i suoi occhi) ed una parte sono talmente coperti di foglie e detriti da essere buoni solo per alimentare i frequenti allagamenti della Capitale (sotto i suoi occhi). Comprendo e stimo coloro che si sono sentiti offesi dalle parole di Marino a tal punto da organizzare una querela collettiva nei suoi confronti.

Sbaglierò, sarò un inguaribile sognatore ma resto convinto che le dichiarazioni di un politico, anche se per assurdo dovessero essere le panzane degli imbecilli, non debbano mai finire in tribunale ma debbano essere smontate a colpi di buona politica. Bisogna che sia sempre ben marcata la differenza tra un’area politica che si candida a guidare il Paese ed un Travaglio qualsiasi che agita le manette ed i risarcimenti. Altrimenti si omologa tutto, si crea una pericolosa coazione verso il basso livello. Ma veniamo alle dichiarazioni di Marino e contestualizziamole: il vero “cecato” non è Massimo Carminati ma il sindaco di Roma in quanto, se questi fosse veramente estraneo a “Mafia Capitale”, ciò sarebbe la prova lampante della sua totale inadeguatezza a portare la moralità nei bassifondi amministrativi capitolini.

Comunque stiano le cose, Marino ne esce a pezzi: se non si è accorto di nulla è uno sprovveduto e se sapeva le deduzioni sono logiche. “Ignavo” sa benissimo di essere nell’angolo e allora tenta goffamente di reagire: ci ha provato facendo il tonto, ci ha provato facendo il cretinetto che ride inebetito in Consiglio comunale, ci ha provato facendo il pagliaccio con i contestatori, ci ha provato snocciolando i presunti successi della sua amministrazione (intervistato qualche giorno fa da Concita De Gregorio), ci ha provato atteggiandosi a moralizzatore che avrebbe verosimilmente defenestrato i corrotti (che poi erano tutti ancora lì), ci ha provato raccontando una telefonata con Alemanno in cui il suo predecessore chiedeva posti nei Cda (pare non sia mai avvenuta, ma non è questo il punto), ci ha provato aggrappandosi al Gay Pride, ai Rom, alle Unioni civili.

Ci ha provato in mille modi insomma, ma nulla è sembrato funzionare di fronte alla colossale catena di figuracce della sua amministrazione comunale: è un sindaco detestato dalla gente perché inconcludente, la sua Giunta è falcidiata dalle defezioni, il suo inner circle si è sporcato del fango sparso da Mafia Capitale, il suo partito di riferimento ha conosciuto le attenzioni della magistratura ed il comfort di Rebibbia, il mondo delle cooperative cui lui donò il suo primo stipendio non era un convento di francescani e per questo Matteo Renzi lo ha mollato. Perfino chi, su Facebook, atteggiandosi a pasionaria mariniana amante dei migranti e della legalità, tuonava contro Matteo Salvini chiedendosi perché nessuno arrestasse lo schifoso e xenofobo segretario della Lega, è finito nel tritacarne delle intercettazioni poco opportune.

Allora, di fronte ad una situazione così incancrenita, cosa può fare un presuntuoso come Marino che a delle onorevoli dimissioni con tanto di scuse non ci pensa nemmeno per un attimo? Non può che andare alla Festa dell’Unità, portarsi la claque e tuonare contro i fascisti con slogan di dubbio gusto nel tentativo disperato e ruffiano di compattare il fronte della sinistra. Non gli è andata bene nonostante tutti sappiamo che Marino quelle cose le ha dette, mentre buona parte della sua parte politica quelle cose le pensa davvero ma le tace. Ancora una volta è stato goffo e poco intelligente: si aspettava forse che il Partito democratico lo appoggiasse in questa sua uscita pericolosa, odiosa e violenta? Ma pensava veramente che uno slogan di parte potesse cancellare i cattivi risultati della sua amministrazione? Crede davvero di fare il sindaco dei romani incitando una parte significativa della città a tornare nelle fogne?

Adesso Marino chiede scusa ai fascisti topi di fogna ma è solo un’aggravante, un mix tra la sua incapacità di misurare le parole e la sua scarsa visione prospettica: un minuto prima ti fa la sparata, quando invece un minuto dopo ha la necessità che i topi escano dalle fogne e votino la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Crede di aver fatto la furbata visto che in Consiglio i voti li ha ottenuti ma i conti, dentro e fuori dalla sua maggioranza, sono solo rimandati. Soprattutto quelli con i romani. Marino è fatto così: inopportuno, instabile, eccessivo ed arrogante. È un disperato in cerca di una via d’uscita e perciò, in questo frangente, maggiormente inadeguato rispetto al suo già pessimo standard. Una mina vagante da archiviare. Presto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:34