Tragedia greca o commedia dell’arte?

La Grecia va a referendum per dire sì o no alle ricette economiche di Bruxelles. Perché farne una tragedia? Non crediamo si tratti di una fuga di Tsipras e compagni dalle proprie responsabilità di governo. Al più è l’ennesimo capitolo della telenovela che sta inchiodando l’attenzione delle opinioni pubbliche dell’Unione europea distolte da altri più drammatici accadimenti. Ribadiamo una nostra granitica convinzione: la Grecia non salterà. Si continua a guardare la crisi ellenica attraverso la lente sfocata dei numeri del rigore finanziario trascurando l’enorme valore aggiunto rappresentato dal suo potenziale strategico nel contesto geopolitico globale. Se gli ottimati di Bruxelles non lo comprendono non altrettanto lo ignorano i grandi player dello scacchiere internazionale. In primis la Cina che punta a fare del porto del Pireo un gigantesco hub per i propri interessi commerciali in Europa e in Africa. Poi c’è la Russia di Putin, che vede nella partnership greca l’opportunità di proseguire la costruzione del metanodotto che dai suoi siti petroliferi arriverebbe nel cuore del Mediterraneo, by-passando l’Ucraina. Inoltre, farebbe gola al Cremlino l’opportunità, che neanche il sanguinario dittatore jugoslavo Tito gli concesse ai tempi della Guerra Fredda, di creare una testa di ponte per la propria flotta da guerra in una delle isole ioniche poste all’imboccatura del budello del Mar Adriatico.

Sul fronte opposto, l’America di Barack Obama non dorme sonni tranquilli nel timore che Atene possa essere spinta tra le braccia di colui che Washington giudica il nemico numero uno: Vladimir Putin. Una Grecia, Paese membro della Nato, “comprata” da russi e cinesi costituirebbe un problema non da poco per la sicurezza interna del Patto Atlantico. Volete che in uno scenario del genere ci si possa consentire il lusso di lasciare precipitare un paese nel caos di una crisi economica al buio? Ma siamo seri. Questa surreale vicenda del tira-e-molla sui conti pubblici greci ci consegna alcuni elementi negativi che dovrebbero far riflettere. L’Unione europea a trazione germanica ancora una volta dimostra tutta la sua inconsistenza prospettica. In un momento nel quale tutti gli occhi dovrebbero essere puntati verso ciò che accade sul fronte mediorientale e nordafricano dove si sta espandendo lo Stato Islamico che ha dichiarato guerra aperta alla nostra civiltà, gli inetti di Bruxelles ci costringono a fare a braccio di ferro con la Federazione Russa sulla questione ucraina e ora ci impongono di fare la faccia feroce contro i greci col rischio che se qualcosa dovesse andare storto e Atene uscisse forzatamente dalla zona euro noi italiani più degli altri ci rimetteremmo l’osso del collo. Questa è la sostanza ma poi c’è il metodo che pure conta.

L’atteggiamento di Bruxelles e di Berlino verso il governo Tsipras è inaccettabile. Un analogo comportamento lo avevano già adottato nel 2011 con il governo Berlusconi. In quel caso trovarono la sponda di un presidente della Repubblica italiana ben lieto di offrire i suoi servigi e lo squallido entusiasmo di una sinistra vigliacca che pur di vedere umiliato l’odiato nemico sarebbe passata, come fece, sul cadavere della dignità nazionale. Oggi ci riprovano con il leader greco. L’idea è sempre uguale: impartire una dura lezione a chi osa mettere la testa fuori dal sacco. Ora, noi per primi diciamo che in questa partita la Grecia non ha tutte le ragioni. Anzi, ha moltissimi torti. Tuttavia per come il suo governo si sta difendendo è ammirevole. Nient’affatto simile a quello fantoccio di Palazzo Chigi il cui capo, in queste ore, è a Berlino a rapporto dalla signora Merkel. Sarà per questo senso vissuto di profonda frustrazione che oggi, anche a scapito degli interessi delle nostre finanze pubbliche, ci sentiamo un po’ greci anche noi.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:08