Fallisce l’Europa   della Merkel, non l’Ue

“Se fallisce l’euro fallisce l’Unione” ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel. Non è così. Se fallisce la Grecia, cioè il disastro che l’Europa tedesca ha fatto alla Grecia, fallisce Angela Merkel, cioè l’Europa tedesca, questa Europa. E con lei, quelli che l’hanno seguita. A cominciare da Mario Monti per l’Italia, messo di peso da Giorgio Napolitano, così come Enrico Letta e a Matteo Renzi, al governo non eletti. E’ bastato Giorgio Napolitano a distruggere l’Italia. Se si guarda bene, è questa stessa Europa a trazione tedesca che nel 2011 ha causato la cacciata del governo eletto dagli italiani, quello Berlusconi il quale oggi dovrebbe pressare per andare prontamente ad elezioni.

Il problema non è né l’Unione europea né l’euro nella loro idea originaria ma come sono stati gestiti, la brutta piega tedesca che gli è stata data.

Come Renzi in Italia, anche Tsipras non avrebbe dovuto governare. Renzi non è stato eletto ma imposto all’Italia contro la democrazia, Tsipras, un altro senza arte né parte, è stato eletto, in quanto comunista populista, dai greci che adesso hanno ciò che hanno scelto e meritano. Ambedue di sinistra, statalisti assistenzialisti e sostanzialmente dirigisti, sia Renzi mai eletto che Tsipras il populista costituiscono il problema numero uno dell’ Italia e della Grecia, problemi che vedranno soluzione dopo la loro cacciata. Il comunista Tsipras è infatti ancora convinto che le idee ispirate al comunismo possano essere valide e si trova con un Paese che vive sostanzialmente di assistenzialismo, inefficienza e turismo. Renzi continua ad immettere nello Stato a man bassa, incurante del fatto che presto non si saprà come pagare tutti quelli che ha immesso, compresi amici e parenti. Il debito della Grecia sarebbe stato gestibile fino a poco tempo fa, sarebbe bastato fermarsi al referendum Papandreu, e prevedere un piano di ristrutturazione del debito realistico e non punitivo tedesco, con la previsione della riduzione degli interessi e un piano di rientro scaglionato nei successivi trenta o quaranta anni, dato che è meglio incassare a lungo piuttosto che perdere tutto. La Germania europea ha forzato la mano non ammettendo deroghe e adesso, con la Grecia, questa Europa tedesca vede il baratro, per sé e per tutta l’Unione. Tra l’incapace Merkel, intransigente e profittona per i soli suoi tedeschi da una parte, e l’incapace, comunista dilettante Tsipras dall’altra, questa Europa è al capolinea (non si può dire di non averlo detto e scritto, nei miei “Made in Europe”, “The wrong Europe” e, in uscita, “Europa liberale. Dagli Stati membri al mercato globale”). Da quanto tempo si scrive che questa Europa va ricontrattata e l’euro, di riflesso, rimodulato? Da quanto si indica nella ricontrattazione da parte degli Stati membri interessati la strada da perseguire sotto la voce dell’Unione politica europea?

Oggi si è legati al filo sottile, meglio alla liquidità, erogata e concessa dalla Bce di Mario Draghi. Prima con l’operazione outright monetary transactions – omt – e da marzo 2015 con quella cosiddetta quantitative easing – qe – la Bce sta immettendo liquidità nell’Eurozona. Dal 2012 Mario Draghi ha sostenuto che “nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza” e che “non è possibile immaginare la possibilità che un Paese esca dall’Eurozona”. C’è sempre un problema di legittimazione politica democratica della Bce, organismo che nessuno dei cittadini europei elegge, ma tant’è. Forse proprio Draghi potrebbe oggi, in occasione del disastro tedesco greco, organizzare ed indire una riunioncina di ricontrattazione di questa Europa, provare a dare una sistemazione politica all’Unione europea. La Grecia è già oggetto di attenzioni fattive di Russia e Cina, si pensi alle parole di Li Kequiang, premier della Cina che ha nei giorni scorsi ricordato che “Pechino ha già fatto i propri sforzi per aiutare la Grecia a superare la crisi” e che la Russia di Valdimir Putin, ha già ad esempio stipulato accordi per fare passare il nuovo gasdotto che porterà il metano in Europa non più attraverso l’Ucraina, ma per la Grecia, accordo preludio di probabili altre intese di natura economica e strategico-militare. Gli equilibri economici e geopolitici si ridisegnano con il passare del tempo, le scelte e le leaderships sbagliate si pagano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:32