Il ritorno de “L’Unità” e la crisi di Atene

È tornato in edicola il quotidiano fondato da Gramsci, dopo il fallimento e diverse traversie per non sotterrarlo definitivamente, traversie che hanno avuto quali protagonisti non tanto gli storici editori ed i giornalisti schierati politicamente nel nome della falce e martello, simbolo dell’odio di classe ispirato alla lontana da Carlo Marx ed attuato da Lenin prima e Stalin dopo con la complicità tutta italiana di Togliatti, che nel dopoguerra era l’esecutore degli ordini del regime sovietico, quanto le cordate politiche sovvenzionate dagli aiuti di Stato e dai poteri forti richiamati dal neo segretario del Pd Matteo Renzi, per dare un contentino alla minoranza.

Prova di ciò è il coinvolgimento mediatico della Boschi che non disdegna di pubblicizzare il quotidiano che tale non è, con la sua immagine ritratta mentre lo sfoglia, e la chiamata alle armi del neo-direttore giornalista impegnato per tanto tempo quale cronista estero de “Il Manifesto, e successivamente impegnato in Rai, in forza di un contratto frutto della spartizione politica della generosa azienda di Stato. L’occasione è ovviamente data dai talk-show televisivi e dalle numerose edizioni dei telegiornali tutti. La rinascita de “L’Unità”, o meglio la resurrezione, è salutata da tutti con entusiasmo, ma non da me e da tanti altri che per anni l’hanno vista protagonista nel seminare odio, e spesso anche sangue quando gli avversari politici erano stati destinatari di eccidi che ancora oggi gridano vendetta.

Comunque l’evento è coinciso con la strage di Tunisi e con quella francese, e gradiremmo un po’ di silenzio da parte di coloro che festeggiavano brindando quando l’Ungheria veniva invasa dai carri armati sovietici. Viceversa traendo spunto dalla tragedia del popolo greco perché di tragedia si tratta, rappresentato dal comunista di turno che tifa per il no all’accordo con la Troika, ben consapevole dei falsi commessi per truccare il bilancio, magari a favore dei soliti noti ed a scapito dei lavoratori e pensionati, per poter dire che il popolo greco è orgoglioso della sua millenaria tradizione democratica, come se il comunismo avesse mai avuto un sia pur minimo contatto con la Democrazia. Mi auguro che il popolo greco si comporti con l’orgoglio e la dignità che lo ha reso famoso nel mondo intero e che si liberi da tali personaggi, così come dovrebbe fare l’Italia alla mercé del pifferaio fiorentino che con le sue quotidiane ciance non raggira più nessuno. Tutti siamo favorevoli all’Unione europea che deve essere l’Europa di tutti non l’Europa della Merkel o di Cameron che hanno un unico obiettivo: dominarla.

Quando la signora tedesca dice che l’Europa senza l’Euro non esiste, dice una grossa bugia e lo dice solo pro domo sua perché nell’Euro rivede lo splendore del Marco, moneta forte e solida, a differenza delle altre monete europee, che dopo l’entrata in vigore dell’Euro sono praticamente scomparse, tranne quella inglese e svizzera. Ma perché in presenza di tali diseguaglianze la Grecia non deve riappropriarsi della dracma e l’Italia della gloriosa lira. Gli economisti paventano tragedie immani, ma non è forse il caso di riappropriarsi della propria sovranità, in presenza di una povertà che aumenta aggravata da una pressione fiscale insostenibile che aiuta i soliti ricchi che non sono quelli odiati da fondatore de “L’Unità”, ma i nuovi ricchi, quelli che traggono vantaggio dalla politica tutta anche quella gestita dai burocrati europei che impongono sacrifici e rispetto delle regole poste in essere pro “DOMO PROPRIA”. Bentornata “L’Unità”, se si ha l’onestà intellettuale di riconoscere i tanti errori commessi e di rappresentare la realtà nel quale vive il popolo italiano, nell’ambito dell’Europa di tutti e non di pochi.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:38