Pacificazione fiscale oppure sarà rivolta

sabato 4 luglio 2015


Da un’indagine, diciamo artigianale, che abbiamo condotto per curiosità personale in vari studi di commercialisti in Italia, è uscita fuori la devastazione che Agenzia delle entrate e soprattutto Equitalia hanno generato fra la gente e le imprese. Partendo dal fondamentale presupposto che le tasse servano, in un Paese civile, per ridistribuire ricchezza a favore dei più deboli e bisognosi, oltreché ad offrire servizi utili alla comunità ed al sostegno della intrapresa, si può subito affermare che da noi non è così. In Italia tutti gli anni vengono sottratti ai cittadini (persone e imprese) circa 800 miliardi di euro (frutto dei loro sacrifici) per pagare un apparato pubblico politico tra i più costosi, corrotti ed inefficienti al mondo.

Si va dal numero di impiegati pubblici, degno di una popolazione dalle dimensioni cinesi, alla quantità di aziende municipalizzate o statali da paese comunista, alla quantità di enti e organismi o uffici nazionalizzati simile a quelle della Corea del Nord. Da noi tasse e contributi servono a pagare pensioni d’oro, vitalizi di politici per caso, super stipendi di alti burocrati raccomandati, manager incapaci e uomini inutili, che occupano poltrone inutili. Da noi le tasse servono a mantenere in piedi un’architettura istituzionale e burocratica borbonica, mediocre e spesso sottocolta, oltreché arrogante e supponente. Da noi il fisco serve a restituire alla gente prestazioni da Terzo Mondo.

Come se non bastasse, nel nostro Paese la gran parte del denaro pubblico finisce in corruttele, imbrogli, sperperi e scandali da vergogna. Da noi, oltretutto, il fisco è disponibile con le grandi star, i grandi ricchi; quando scopre che evadono a botte di milioni di euro patteggia e consente loro di cavarsela pagando un terzo dei soldi e della pena che avrebbero dovuto. Mentre con i poveri cristi che hanno problemi di qualche decina di migliaia di euro, il fisco fa l’aguzzino e l’estorsore. Con i soldi dei contribuenti si pagano stipendi a parlamentari in galera per truffe o furti di Stato, pensioni ai mafiosi che sono al 41-bis, liquidazioni d’oro a manager delinquenti che hanno rovinato fior di aziende. Da noi, insomma, il principio fiscale possiede in natura un fumus di estorsione, ingiustizia, iniquità, tanto vergognose da tradire qualsiasi filosofia del diritto tributario e delle scienza delle finanze.

Detto questo, che da solo basterebbe a portare avanti qualsiasi rivolta, aggiungiamo che in Italia si mettono patrimoniali nascoste che la Costituzione vieta (casa), non si applica la reciprocità del diritto fra Stato e contribuenti (escluse le star e i paperoni), si usa e abusa della forza dello Stato per perseguire e terrorizzare la grande massa dei contribuenti, senza che questi ultimi possano in alcun modo rivalersi di tali abusi e soprusi. Solo da noi il fisco può infischiarsene delle autotutele, dei ravvedimenti, dei ricorsi presentati o delle mutate condizioni economiche; da noi il fisco manda la cartella e basta, tutto il resto è a carico del contribuente considerato ex-ante, un evasore per definizione.

Nel nostro Paese, Equitalia nomina illegalmente centinaia di dirigenti, che poi firmano di tutto pur di fare fatturato da mettere al positivo nei bilanci dello Stato e sul quale prendere premi di produzione. Dulcis in fundo, solo da noi fra multe e sanzioni lo Stato raddoppia, triplica la sorte iniziale a suo piacimento e se ne frega di tutto il resto, alla faccia del cittadino da spremere. Per questo da noi siamo vicini alla rivolta, il contenzioso è ciclopico e il dramma fiscale rischia di trasformarsi in tragedia, oltretutto con l’indifferenza di una politica disonesta che fa finta di non vedere con la scusa dell’evasione.

Bugiardi, fasulli e in malafede, in Italia milioni di persone non sono evasori, ma gente che non ce la fa più ad essere dissanguata e che se fosse aiutata a chiudere le pendenze in modo civile le chiuderebbe, se gli fosse proposta una mediazione onesta per azzerare tutto lo farebbe di corsa. Bene (anzi, male!), da questa indagine artigianale fra tanti studi di commercialisti esce la certezza che prima o poi si arriverà alla ribellione, alla protesta definitiva. Continuare a scherzare con il fuoco delle tasse significa non aver capito quanto sia pericoloso ormai il livello di rabbia della gente.

Fino ad oggi le conseguenze sono state l’aumento dei suicidi o più semplicemente l’aumento dei contenziosi e dei rateizzi. Andando avanti così senza provvedere siamo certi che le conseguenze non potranno che essere peggiori. Questo è un drammatico problema sociale, che chiunque sia al governo del Paese deve risolvere prima che sia il popolo a farlo, come è successo già altre volte nella Storia.

 


di Elide Rossi e Alfredo Mosca