Il metodo Crocetta è peggio di quello Boffo

sabato 25 luglio 2015


C’era una volta il “metodo Boffo”. Da oggi soppiantato dal “metodo Crocetta”. E il secondo è ben peggiore del primo. Se non altro perché le notizie su Boffo pubblicate dal “Giornale” erano vere anche se presentate in maniera del tutto errata. Spacciando la velina di un qualche servizio vaticano, che indicava circostanze vere, con un provvedimento giudiziario che l’interessato, Dino Boffo, non ha mai voluto rendere pubblico. L’approssimazione e la fretta con cui fu redatto l’articolo che doveva colpire Boffo per il suo preteso ipocrita moralismo su Berlusconi (dalle colonne dell’ “Avvenire” di cui era direttore ) fece la frittata. Però le notizie sulla condanna per molestie, oblata, era fondamentalmente vera.

Con il “metodo Crocetta”, inaugurato da “L’Espresso”, siamo andati molto #oltre: la notizia sembra del tutto falsa e né il giornalista che l’ha scritta (che lavorava prima all’ufficio stampa della regione Sicilia e che poi era stato mandato via insieme a tanti suoi colleghi per motivi di spending review) né il direttore che l’ha pubblicata sanno spiegare da dove sia stata presa.

Difficile credere che in questo clima avvelenato tutte le procure siciliane mentano quando giurano di avere messo sotto gli uomini dei centri ascolti a rileggersi tutti i brogliacci delle conversazioni registrate presenti nelle inchieste sulla regione Sicilia e sul medico Tutino per controllare se qualcosa esistesse. Giungendo alla conclusione che “invece no”. E non stupisca questo passaggio: quelli sono magistrati che intercettano qualunque cosa passi nelle loro vicinanze e non sanno neanche loro cosa si nasconda in faldoni che si ammucchiamo a centinaia sulle scrivanie dei vari uffici.

Arrivati però alla conclusione, sia pure ancora provvisoria, che ‘sta benedetta registrazione non esiste, adesso vengono i dolori: per la casta dei giornalisti “de’ sinistra”. Come quelli de “L’Espresso”. Fino a una settimana orsono non sospettabili di compiere azioni riprovevoli come quelle che si è soliti attribuire ai loro colleghi “de destra”.

Come la mettiamo che il più venduto settimanale d’Italia pubblica una cosa del genere senza avere in mano il file audio e la trascrizione con il numero di registro del procedimento e il cronologico della bobina?

Si son fidati sulla parola di una fonte che oramai non ha alcun senso coprire? Non è apparso neanche un po’ in conflitto di interessi affidare la cosa a un cronista che aveva potenziali motivi di risentimento verso Crocetta?

Crocetta può sicuramente non essere il massimo della simpatia. Ma negli scorsi giorni in tv, da ultimo giovedi sera a “In onda” da Paragone, ha zittito tutti gli interessati difensori d’ufficio dei giornalisti “de sinistra” de “L’Espresso”. A cominciare da Giovanni Floris. Che tentavano di cambiare argomento parlando dei buchi in bilancio, peraltro ereditati da Crocetta stesso da precedenti amministrazioni, della regione Sicilia e divagando per carità di patria corporativa dal tema principale. Cioè l’incidente di credibilità giornalistica de “L’Espresso”. Che potrebbe in prospettiva eguagliare la sòla presa da “Panorama” a fine anni ’80 con gli indimenticati “Diari di Hitler”. Peraltro comprati pure da “Stern”.

Su questa brutta storia del giornalismo nazionale e locale non si è sentita neanche una parolina da parte dell’Ordine dei giornalisti, troppo impegnato in questi giorni a far mandare dalle proprie diramazioni locali lettere di sollecito per il pagamento della quota 2015 anche a colleghi disoccupati e cassintegrati.

Dare l’idea alle persone di una categoria trasformata in casta, sia pure in sedicesimo, con gli organi disciplinari ancora più domestici e addomesticati di un Csm, che dà sempre ragione ai magistrati contro i comuni mortali, potrebbe essere la mazzata finale alla credibilità di un mestiere che ormai ne ha pochissima.

In Italia la libertà di stampa è infatti insidiata da due categorie di persone che non vogliono cambiare verso: gli editori che pretendono di fare i giornali senza metterci i soldi e senza assumere e/o pagare i giornalisti, e gli stessi interessati, i giornalisti, che pretendono di fare il proprio mestiere senza rispondere di eventuali errori anche macroscopici. In un paese normale da mo’ che il direttore del noto settimanale debenedettiano sarebbe stato costretto a dimettersi e il giornalista autore della toppa licenziato o similaria. Qui la si butta in caciara. Perché comunque, è il ragionamento capzioso, anche se questa frase non è mai stata detta e sentita, “Crocetta per avere fatto dimettere Lucia Borsellino qualcosa l’avrà fatta”.

Nella fattispecie pertanto, l’onestà intellettuale ci costringe e ci spinge verso l’hashtag #iostoconcrocetta.


di Dimitri Buffa