Quello che manca

Ci sono cose dei grillini che si sono capite bene e altrettante che mantengono una fumosità tale, da impedire un giudizio davvero compiuto sugli indirizzi di politica, specialmente economica e sociale. È chiaro l’impegno e il nuovo stile pedagogico parlamentare, è chiara la onestà e la distanza dalle pastette e dai teatrini, è chiara la volontà allo studio puntuale degli atti, è chiara insomma la voglia di restituire alla politica l’autentico spirito di servizio al Paese per il Paese. Alcuni dei grillini inoltre, posseggono una talentuosità fuori dal comune, che li portano a distinguersi nel panorama di un parlamento che, da sempre in Italia, non è il massimo di preparazione e di cultura.

Per tutti, uno, Luigi Di Maio, che sicuramente non solo secondo noi è il più bravo (evitiamo di dire “il migliore” che non sarebbe di buon auspicio), ma che ulteriormente strutturato potrebbe veramente spiccare il volo nel mondo degli statisti di stoffa. Detto ciò, che comunque basta e avanza per meritare tutta l’attenzione possibile, soprattutto oggi, con l’Italia allo sbando e nelle mani più mediocri della storia repubblicana, ci sono elementi di dubbio sulle posizioni dei grillini che, a nostro avviso, gli tarpano le ali. Tra questi, il più importante, è quello di avere una tendenza un po’ troppo colcosiana, frutto del “Casaleggio pensiero” di natura postcomunista. Questo vulnus a nostro avviso, tutto porta tranne che vantaggi ai grillini, specialmente in un’ ottica futura.

L’Italia, a partire da quella che ha smesso di votare, è stufa e arci stufa del comunismo e del postcomunismo, lo è da più di venti anni, da quando cioè l’ex Pci fu costretto a cambiare nome per non crollare insieme al muro. Infatti, partì da lì la rincorsa molto goffa degli eredi di Gramsci, a cambiare vestiti, bandiere e simboli, per cercare di camuffarsi in un panorama politico che andava velocemente mutando. In quegli anni, il crollo del comunismo dell’est fu così catastrofico da far apparire non solo tutte le nefandezze ancora ignote, ma anche tutta la sua impraticabilità sul piano economico e sociale.

I comunisti italiani iniziarono così ad usare il termine socialista, che fino a prima ritenevano una sorta di tradimento, ma non contenti andarono oltre definendosi socialdemocratici, nonostante il fatto che, negli anni settanta-ottanta, la socialdemocrazia fosse da loro ritenuta peggio di una abiura politico-ideale. Insomma, nasce così quel percorso (originato e nascosto tra le pieghe della costituzione), che ha condotto alla fusione di gran parte della Democrazia Cristiana, con gli ex comunisti, per dare vita all’attuale Pd. Alcuni e noi siamo tra questi, lo chiamano “Cattocomunismo”, una specie di socialismo reale, altri oggi lo definiscono “Benecomunismo”, che con il suo statalismo, il mito del tutto pubblico, dello Stato padrone dei padroni, ha condotto allo sfascio l’Italia.

Il peso gravoso della macchina di Stato (aziende, dipendenti, uffici, enti, organismi) tutta cattocomunista, sta schiantando il nostro Paese e la disonestà della nostra classe dirigente, che ha sperperato e dissipato indegnamente un impero di denaro pubblico, ne aumenta inesorabilmente il carico, fino a renderlo insostenibile. Dunque, tornando ai grillini, in Italia il pensiero postcomunista o cattocomunista che sia, è stato ed è così negativamente presente, da spingere la larga parte degli italiani a non poterne più. In realtà, la vera opzione che in Italia è stata fatta venir meno di proposito, con operazioni ostili e talvolta opache, è quella liberaldemocratica.

I grillini dovrebbero cavalcare questa dottrina politica, ma è proprio su questo tema che permane la vaghezza dei 5 stelle, concretizzata dalla suggestione di Casaleggio, tanto da portare molti italiani a pensare che siano in maggioranza solo dei nuovi postcomunisti. Insomma, un ulteriore nuovo vestito, certo più bello, più onesto, più giovane, che sicuramente non è poco, ma non è nemmeno quello che da noi è mancato del tutto. Infatti, ricordiamo ai grillini, che nel tempo anche altri partiti in Italia si sono distinti per battaglie di onestà, trasparenza, dignità, diritti, come ad esempio quello dei radicali di Marco Pannella. Nel nostro Paese, ciò che non si è riusciti a fare attecchire è il pensiero liberaldemocratico, lo stesso grande Luigi Einaudi fallì nell’impresa così come Silvio Berlusconi, che certo non è lontanamente paragonabile al prestigioso economista, ex Presidente dello Stato italiano.

Siamo convinti che se il Movimento 5 Stelle ci riflettesse intorno, uscendo dalla vaghezza del pensiero centro sinistrorso e offrendo alla gente quello che veramente è mancato e manca da sempre, potrebbero davvero e da soli abbattere il muro del take over elettorale, visto che già oggi veleggiano sul venticinque percento. Del resto, qualcuno che sconfigga l’ipocrisia dell’attuale partito di maggioranza, creando un’alternativa autenticamente liberale per il Paese, dovrà pur esserci e per noi basta che sia. La metà degli italiani che non vota credeteci, in fondo, non aspetta altro che questo.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:52