Folle abolire il divieto di reformatio in peius

martedì 28 luglio 2015


Negli ultimi anni, accade sempre più spesso, nella più assoluta indifferenza. Nel 2013 è toccato ai colleghi turchi, rei di avere prestato assistenza a persone che avevano manifestato contro il Governo di Ankara. Furono arrestati in Tribunale, mentre esercitavano il loro ministero, davanti alle telecamere del mondo intero. Nei prossimi mesi, verranno giudicati. Quest’anno è la volta degli avvocati cinesi, macchiatisi della stessa colpa. Anche loro verranno processati. Ovviamente, fatta eccezione per i colleghi d’Oltralpe - l’Ordine di Parigi, in prima fila - e per noi (che abbiamo ricevuto e premiato il presidente degli Avvocati di Istanbul), nessun governo ha mosso un dito. La diplomazia ha ben altri problemi da risolvere; non ha tempo da dedicare agli avvocati.

D’altra parte, si va diffondendo sempre più l’opinione - sapientemente alimentata - che gli avvocati siano, nella migliore delle ipotesi, i protettori dei malfattori, i responsabili della scarcerazione di pericolosi criminali, buoni soltanto a sfruttare cavilli. La nobile professione al servizio della Giustizia, in difesa dei diritti delle persone e contro i soprusi appartiene, ormai, ad un passato dimenticato, superato da una modernità nella quale l’avvocato, quando non è complice dei delinquenti, è di certo una persona dalla discutibile moralità. Non molto tempo addietro, un collega di Trento - Nicola Canestrini - per il solo fatto di avere assunto la difesa di un clandestino nel procedimento amministrativo di esplulsione è stato oggetto di gravissime offese e di numerose minacce (la più simpatica era: dovrebbero stuprarti la figlia). Alcuni di noi, preso atto dell’aria che tira, sono addirittura passati al lato oscuro.

È il caso dell’onorevole Tancredi Turco, il quale sottolinea con orgoglio di appartenere alla classe forense e di essere un “penalista”, eletto nelle liste del Movimento Cinque Stelle. Questo deputato ha presentato una proposta di legge per l’abolizione del divieto di reformatio in peius. In poche parole: la legge dice che quando appellante è il solo imputato, il giudice di appello non può aggravare la pena. Secondo l’onorevole Tancredi Turco è necessario scoraggiare questa prassi che produce solo lungaggini processuali e favorisce prescrizioni altrimenti evitabili. Una sciocchezza, ma non solo una sciocchezza. La pena dovrebbe essere aumentata non perché ingiusta, ma per punire il temerario che cerca giustizia e infastidisce chi dovrebbe giudicarlo. Ci mancava solo lo Stato-vendicatore.

La cosa che preoccupa è la provenienza di questa stupidaggine: la firma è quella di un avvocato che rinuncia ai princìpi in cui dovrebbe credere. Non c’è da stupirsi, allora, se nessuno spende una sola parola in favore dei colleghi turchi o di quelli cinesi, che, tra l’altro, vivono molto lontano da qui. Non dirò nulla in difesa della categoria alla quale appartengo. Sarebbe inutile. Propongo, piuttosto, un piccolo esercizio: misurare la democraticità di un sistema attraverso la libertà di cui godono gli avvocati. E, ovviamente, i cittadini che gli avvocati difendono.


di Mauro Anetrini