Il nuovo progetto politico europeo

La macchina europea è lenta. È stata messa su un carrozzone pesante quanto ingombrante, che si muove a fatica. Si prendano ad esempio gli investimenti su cui è stato varato il Piano Juncker. Lo stesso G20, cioè i diciannove Paesi più il rappresentante dell’Unione che ne fanno parte e che rappresentano i due terzi della popolazione del mondo, aspettano di vederlo nei fatti, riunendosi essi stessi senza grande operatività. La riunione del prossimo 15 novembre, programmata in Turchia, prevede la discussione del cosiddetto Business 20 o B20, cioè ancora una volta gruppi di lavoro che si riuniscono per parlare, stimarne la necessità e “promuovere” una crescita sostenibile, di cui gli investimenti in infrastrutture costituiscono uno dei sette punti in discussione. Ovviamente si propone la messa a disposizione di ulteriori risorse finanziarie da parte degli Stati, che sono tuttavia già troppo indebitati. O più condivisibilmente, si mira a flussi privati convogliati per lo sviluppo reale. C’è poi l’iniziativa risalente al 2003 del Development 20 o D20, che riunisce le banche principali del G20 ed il cui scopo è stato sempre la promozione di investimenti al fine di “favorire le convergenze di sviluppo tra le economie”.

Nella riunione di luglio dello scorso anno, a Roma, il gruppo si è detto rafforzato e maggiormente coeso, ma di investimenti effettivi... nisba. Ci si muove cioè sempre per grandi iniziative e vasti raggruppamenti che si prefiggono più o meno lo sviluppo del mondo ma, a guardarne i risultati, non arriva poi granché. Rimarrà da vedere come lo stesso Piano Juncker, che fondamentalmente si avvale dell’ennesimo Fondo strategico, l’European fund for strategic investments operativo da ottobre 2015, riuscirà a contribuire alla ripresa europea che si propone, così come a quella italiana.

Certamente le misure imposte alla Grecia rappresentano oggi l’esempio spaventoso della catastrofe di questa Europa, anche del suo clima devastante. La “vittoria” sull’Europa del no ha già in questo momento il prezzo della frammentazione, della disgregazione dell’Unione stessa. Non si creda che un gruppo di Paesi capeggiati dal più forte e cieco possa impunemente distribuire punizioni e bacchettate agli altri. L’umiliazione della Grecia è la rappresentazione plastica della stolta navigazione a vista dell’Europa tedesca. Si è lontani anni luce dall’Europa voluta dai costituenti, così come da quella che verrà, l’Europa del futuro. L’Europa tedesca o Germania europea della Merkel, dei conti rigorosi e delle regole rigide, dell’austerità, imposti con la forza e con provvedimenti illegittimi (non Trattati) verrà spazzata via. L’Europa deve ritrovare necessariamente le proprie origini, la sua logica storica, la propria coerenza economica e forza di unità. Le sue regole e la vita comune, un progetto politico unitario cioè che li legittimi. L’Europa futura deve individuare e costruire il proprio modello politico con cui esistere e guardare lontano. Un modello politico da affermare e proporre autenticamente nel mondo globale.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:27